Realtà virtuale o fisica? La distinzione va superata, anzi «per gli adolescenti digitale e analogico sono di fatto un continuo: la loro modalità di esperienza ha già eliminato le barriere». Luciano Floridi è Professor and Founding Director of the Digital Ethics Center all’Università di Yale e ordinario di Sociologia della cultura e della comunicazione all’Università di Bologna, dopo essere stato a lungo docente di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford. Studioso della rivoluzione digitale, ha teorizzato la Filosofia dell’informazione e l’etica dell’informatica. Tra i numerosi articoli e libri scientifici, in Italia ha pubblicato La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo (2017) ed Etica dell’intelligenza artificiale (2022) entrambi per l’editore Cortina.

Professore, la realtà in cui si è compiuta la presunta violenza sessuale su una minorenne è quella virtuale – per quanto 3D e immersiva – del metaverso. Eppure, le conseguenze dell’atto sembrano avere un impatto reale, a partire dal lato psicologico (ne parliamo con il prof. Riva qui). Com’è possibile? La tentazione di molti potrebbe essere minimizzare l’episodio, sostenendo che in fondo non è successo nulla.
Dovremmo superare l’idea che reale e virtuale sono separati. È quello che chiamo con un termine sintetico l’esperienza onlife, che significa esperienza unificata. Tanto la dimensione analogica offline quanto quella digitale online fanno parte della stessa, unica esperienza. Ovviamente, è articolata ma non separata in due parti.

Ci faccia un esempio.
Quanto possono essere vividi i sogni? Se sono aggredito in un incubo, magari mi sveglio e mi ritrovo sudato o mi sento male, tanto le immagini che ho visionato durante il sonno mi hanno colpito. È uno degli esempi di come quello che conta veramente è l’esperienza del mondo per come esso ci appare. Un altro caso: sono per la strada e mi spavento per un’ombra che mi assale, anche se poi è solo un ramo che si muove. In entrambi i casi, non è accaduto nulla, almeno nulla ha direttamente toccato il mio corpo. Ma non si può negare che questa aggressività abbia effetto. La paura è reale. In questo modo si può capire meglio quello che è successo alla ragazza aggredita sul metaverso.

Realtà fisica e realtà virtuale: cosa le distingue?
Dal punto di vista della percezione, ormai sempre meno. Dato che il caso di cronaca che stiamo commentando coinvolge giovanissimi, faccio notare che per gli adolescenti digitale e analogico sono di fatto un continuo: la loro modalità di esperienza ha già eliminato le barriere. Possiamo e dobbiamo introdurre una distinzione se stiamo non sul piano della percezione ma su quello dell’interazione con le cose. Com’è fatta la mia casa ideale, lo posso fantasticare o vederla in sogno, ma poi nella realtà quotidiana non la trovo così. La realtà virtuale è interamente costruita dallo sviluppatore dell’ambiente 3D, quella fisica o analogica è indipendenti da noi.

Ricorda un po’ il Genio maligno del «Discorso sul Metodo» di Cartesio, quello che inganna i nostri sensi (anche se magari maligno non è). Veniamo alle conseguenze sia morali che giuridiche potenzialmente presenti nel mondo digitale immersivo.
Dobbiamo innanzitutto capire cos’è la violenza. È vero che noi siamo i nostri corpi e il corpo sente il dolore e quindi la violenza fisica. Ma siamo anche se non soprattutto la nostra vita mentale. Quindi il dominio della violenza si può esercitare anche virtualmente o simbolicamente e non per questo è meno grave.

Se fosse accaduto nella realtà fisica, possiamo immaginare come sarebbe andata. In queste circostanze, cos’è lecito aspettarsi, se verrà aperta un’inchiesta?
Non sono ancora chiare le conseguenze sotto il profilo legale. Al momento, l’effetto più importante è attrarre attenzione sui rischi possibili nel metaverso e nella realtà virtuale in senso ampio. Un campanello d’allarme che non può essere ignorato.

Le regole servono? I legislatori cosa fanno?
Bisogna dotarsi di una legislazione che imponga la minimizzazione del rischio e la punizione dei reati, aggiornando le nostre categorie normative e adottando anche soluzioni tecniche quando possibile. Esiste già, per esempio, la distanza di sicurezza e la possibilità di bandire utenti che non rispettano le regole di partecipazione. Per altri aspetti, ci sarà bisogno di uno sforzo concettuale. Basta immaginare che nel metaverso o, più in generale, nel mondo virtuale non ci sono rapporti diretti con lo spazio fisico e quindi con quella che si chiama la territorialità della legge. Quale legislazione si applica, ad esempio, a questo caso di violenza, quella britannica, quella europea o altre? Non essendoci una collocazione nei confini di uno Stato, si tratta di trovare soluzioni alternative, come per esempio abbiamo fatto con i mari aperti. Altro problema è quello dell’anonimato. In questo caso c’è bisogno di un equilibro tra protezione della privacy e identificabilità di chi commette reati nel metaverso.

Nel mondo reale, la vittima sarebbe stata soccorsa, si sarebbe ritrovata in un flusso di compassione o empatia da parte della comunità. Nella situazione metaverso, cosa è lecito aspettarsi?
Temo sia una visione ottimistica di come vanno le cose. Ma anche considerando il migliore dei casi possibili, nel virtuale in fondo le cose non vanno diversamente. Per esempio, la ragazza che ha denunciato la violenza potrà decidere di non frequentare più quegli spazi virtuali o altri che sembrano ugualmente pericolosi. E se guardiamo la vicenda superando la dicotomia virtuale/reale, sarà opportuno fornire supporto emotivo in entrambi gli ambienti. Un elemento, quest’ultimo, su cui dobbiamo ancora lavorare.

La interpello anche come «futurologo», se permette. Pensa che casi e situazioni di questo tipo saranno sempre più frequenti nei prossimi anni? Che spazio avrà, e quale rilevanza, il virtuale nella vita delle persone?
I rischi cresceranno con il crescere degli utenti e delle ore passate nel virtuale, come accade nella realtà fisica. Se però per virtuale intendiamo servizi specifici, per esempio dedicati alla medicina o alla formazione, direi che la preoccupazione va ridimensionata perché si tratta di aree applicative molto più monitorate e vincolati. Questa è una buona notizia se, come credo, il metaverso si svilupperà in modo settoriale, in spazi specifici. Avrà successo solo dove riuscirà a sostituire l’esperienza fisica per darci qualcosa che non possiamo ottenere altrimenti.