Il Messico (e l’America latina) cercano di arginare l’assalto delle multinazionali minerarie
La recente decisione del Parlamento messicano di nazionalizzare le miniere di litio ha rilanciato il dibattito sulla sovranità nazionale e sulla necessità di attuare un sistema di controllo nella gestione delle risorse nei paesi dell’America latina. Nel testo approvato dal Parlamento si legge che «l’esplorazione e lo sfruttamento del litio sono attività di pubblica utilità e lo Stato deve avere l’uso esclusivo».
IL PRESIDENTE MESSICANO LOPEZ LABRADOR ha parlato della «necessità di riconoscere il litio come patrimonio nazionale e riservare la sua estrazione a beneficio del popolo del Messico». Viene messo in discussione anche l’accordo stipulato con la compagnia cinese Ganfeng Lithium che prevedeva l’estrazione di litio nello Stato di Sonora. Le riserve nazionalizzate si trovano negli Stati di Puebla, Jalisco e Sonora e sarebbero superiori a 2 milioni di tonnellate. Secondo il Centro geologico degli Stati Uniti, il Messico si collocherebbe tra i primi dieci paesi per la disponibilità di litio.
SI PREVEDE DI AFFIDARE LE MINIERE DI LITIO a una impresa pubblica per impedire che finiscano nelle mani delle multinazionali. Si è ancora nella fase di esplorazione, mentre per l’estrazione bisognerà attendere ancora 4-5 anni, dopo aver creato le strutture e gli impianti necessari a portare il minerale in superficie e lavorarlo. La nazionalizzazione non toccherà gli altri minerali come oro, argento e rame. E’ il litio, per il ruolo strategico che ha assunto a livello mondiale, che viene posto sotto tutela statale.
I NUOVI GOVERNI CHE SI SONO RECENTEMENTE insediati nei paesi latino-americani sembrano orientati a promuovere iniziative concertate per gestire le grandi risorse di litio di cui dispongono e arginare l’assalto delle multinazionali. Una settimana prima della decisione del Parlamento messicano era stato organizzato, su iniziativa del Ministero dell’energia della Bolivia e della Commissione economica per l’America latina, il primo Forum internazionale sul litio a cui avevano partecipato i rappresentanti dei paesi del «triangolo del litio» (Cile, Bolivia, Argentina) e del Messico. Si erano analizzate le prospettive del litio in America latina e cercato di individuare percorsi comuni per fronteggiare i complessi problemi legati al suo sfruttamento.
SI CONFRONTANO DUE VISIONI DIFFICILMENTE conciliabili: da una parte chi punta allo sfruttamento minerario attraverso privatizzazioni e concessioni, dall’altra chi vuole assegnare allo Stato un ruolo centrale nelle gestione delle risorse naturali, rispettando popolazioni e territori. L’ingresso del Messico tra i paesi con riserve sposta ancora di più il baricentro del litio verso i paesi latino-americani.
SECONDO L’US GEOLOGICAL SURVEY più del 60% delle riserve mondiali di litio sarebbero concentrati nei salares (saline) di Cile, Bolivia e Argentina. Nell’area che si trova al confine dei tre Stati si sono create condizioni geologiche favorevoli alla formazione di laghi salati ricchi di litio. In particolare, in Bolivia le riserve ammonterebbero a 21 milioni di tonnellate, mentre in Argentina e Cile sarebbero, rispettivamente, di 19 milioni e 9,8 milioni. L’assalto al litio di questi paesi è iniziato da tempo e ha fortemente condizionato l’economia e la politica.
IN BOLIVIA IL GOLPE DEL 2019 CONTRO il presidente Evo Morales fu strettamente collegato al controllo delle riserve di litio del Salar de Uyuni, una regione andina del sud ovest del paese dove si trova il più grande giacimento di litio del pianeta. Anche in Cile intorno al litio si è consumato un forte scontro tra il nuovo presidente Gabriel Boric, insediatosi nel marzo di quest’anno, e il suo predecessore che, alla scadenza del mandato, aveva concesso ad una impresa privata l’autorizzazione a estrarre 160 mila tonnellate del metallo. In Cile le riserve di litio sono concentrate nell’area del Salar de Atacama e il presidente Boric ha inserito nel suo programma la proposta di creare una impresa pubblica per gestire le grandi riserve e favorire lo sviluppo produttivo del paese.
IL CILE FINO AL 2017 E’ STATO IL PRIMO PAESE produttore di litio, superato negli ultimi anni dall’Australia. Ma questa elevata capacità produttiva è stata pagata a caro prezzo dalle popolazioni cilene che vivono nelle aree di estrazione. Le comunità indigene di Atacama lottano da decenni contro le società chimiche e minerarie che operano nella zona (la Sqm Salar, a capitale cileno, e la Albemarle, formata da investitori internazionali). L’estrazione del litio per evaporazione è una delle forme più impattanti e invasive del territorio perché prosciuga tutte le risorse idriche delle aree confinanti, impedendo la vita delle popolazioni.
LA STESSA SITUAZIONE SI VERIFICA IN ARGENTINA nella Provincia di Catamarca, nel nord ovest del paese, dove il litio la fa da padrone con gravi danni agli ecosistemi. La logica estrattivista non si è mai posta in questi anni in America latina il problema della sostenibilità ambientale e sociale. I nuovi governi che si sono insediati puntano molto sul litio per risollevare le loro economie, ma hanno preso l’impegno di procedere di concerto con le popolazioni locali e nel rispetto dell’ambiente. Si tratta di vedere in che misura si potranno realizzare questi impegni e quali interessi prevarranno nella gestione di quello che è diventato il minerale più ambito.
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