«Non posso restare a casa, dal terremoto del 1985 c’è qualcosa che non mi fa allontanare e, anche se ho paura come tutti qui, è più forte di me», dice Eddie Arrellano, alias Il Gabbiano, un pensionato che fa parte dei Topos, il mitico gruppo di soccorritori nato dopo il disastroso sisma dell’85 a Città del Messico. Si trova nel quartiere Roma, tra le vie Medellin e San Luis, fuori da un palazzo circondato dall’esercito che è crollato mezz’ora dopo il terremoto.

Quaranta persone sono riuscite a uscire, tre sono state estratte vive e una resta sotto pavimenti e pareti sbriciolate. Altre ventisette, dopo un giorno tra la vita e la morte, sono state salvate da quel che restava di un condominio in Avenida Obregón. Finora in città sono 53 le persone estratte vive dalle macerie, ma ce ne sono decine ancora intrappolate. A due giorni dalla tragedia la cifra ufficiale delle vittime è salita a 250 di cui 115 nella capitale, 73 nel Morelos, 43 nel Puebla, 13 nell’Estado de México, 5 nel Guerrero e una nell’Oaxaca.

MIGLIAIA DI PERSONE dormono in macchina o in uno dei sessanta spazi d’accoglienza allestiti a Città del Messico per chi non ha più una dimora o abita in edifici pericolanti. «C’è ancora tanta gente in giro che cerca di aiutare, la bici è uno strumento prezioso, ma d’altro canto molti non sanno bene cosa fare e dove andare per mancanza di coordinamento delle autorità», commenta al manifesto Clara Ferri, libraia a Città del Messico.

«Le zone che nel 1985 sono state rase al suolo, vicino a Plaza Tlatelolco, sono state poi messe in sicurezza e questa volta hanno subito meno danni», spiega al portale AristeguiNoticias Manuel Perló, autore di un libro su quella tragedia.

In tante altre zone però la situazione non è cambiata, come denuncia Josefina MacGregor dell’associazione Suma Urbana: «Ci sono oltre 4.000 edifici abusivi, costruiti con sussidi statali e permessi falsi, che hanno generato 200 miliardi di pesos – 10 miliardi di euro, ndr – ai costruttori nelle zone più danneggiate dal sisma». «Dall’85 vediamo impunità, corruzione e leggi ad hoc», continua MacGregor. Il quotidiano Reforma ha evidenziato il sospetto crollo di un condominio nell’elegante zona Portales della capitale. Era stata inaugurato solo un anno fa.

IN VISITA A JOJUTLA, la località più devastata del Morelos, il presidente Enrique Peña Nieto ha annunciato, come per Chiapas e Oaxaca, colpiti dal sisma dell’8 settembre, un Piano d’emergenza che prevede un sostegno immediato ai terremotati, e un piano di ricostruzione, insieme a un censimento per canalizzare questi aiuti. Peña, accompagnato dal governatore Graco Ramírez, è stato interrotto più volte dalla gente che gli gridava : «Non vediamo colori, né partiti, solo vediamo i nostri compagni caduti».

CON IL BATTICUORE il Messico sta seguendo le operazioni di salvataggio tra le macerie della scuola primaria «Enrique Rébsamen» di Città del Messico che è crollata uccidendo 21 bambini e 4 adulti. Undici alunni sono stati estratti vivi, ma sono ancora vari quelli non localizzati.

Un’analisi con uno scanner che misura la temperatura corporea sotto le macerie ha mostrato che cinque di loro potrebbero essere vivi e due invece sarebbero morti. Malgrado la pioggia e il rischio di ulteriori crolli i Topos stanno aprendo un varco per liberare una ragazzina di nome Frida Sofia che ha mandato segnali di vita chiedendo dell’acqua.

La gente s’aspetta un miracolo, ma la realtà è poco chiara. Manuel Carbajal, uno dei Topos, ha affermato il 21 settembre che «i soccorritori hanno ormai fatto tutto il possibile» e all’alba c’è stato un altro crollo nella parte in cui si stava cercando la bimba.

ALTRO FATTO STRANO è che non si sono presentati sul luogo i familiari della bimba e s’è scoperto che nessuna Frida Sofia risulta iscritta alla scuola e che il nome era stato inventato da un soccorritore. «Di fronte al vuoto informativo delle autorità regna solo l’incertezza», sentenzia Ivan Macías di Univisión, ricordando come in passato le televisioni messicane e il governo siano stati coinvolti in grossi casi di manipolazione mediatica. S’inizia a dubitare dell’esistenza della studentessa che sarebbe al terzo giorno di resistenza sotto le macerie.

Non si capisce neanche come mai i media e le autorità continuino a chiedere attrezzi per i soccorritori della scuola Rébsamen e prodotti per le vittime malgrado la massiccia presenza dell’esercito, della polizia e della protezione civile in loco.

IL GOVERNO ha lanciato un appello a presentarsi ai genitori dei bambini intrappolati mentre i giornalisti parlano di «cortocircuito informativo». Ciò che è sicuro è che Frida è diventata più che altro un simbolo di queste giornate, tra desolazione, incertezza e speranza.