Merkel solidale ma a porte chiuse
Germania A Berlino va di scena la realpolitik democristiana: fine della politica di benvenuto tedesca, festeggia il ministro Seehofer. La cancelliera divisa tra un’accoglienza a parole e la solidarietà con i paesi in prima linea sugli arrivi
Germania A Berlino va di scena la realpolitik democristiana: fine della politica di benvenuto tedesca, festeggia il ministro Seehofer. La cancelliera divisa tra un’accoglienza a parole e la solidarietà con i paesi in prima linea sugli arrivi
La «coalizione di volenterosi» per non far affondare il summit di Bruxelles e placare i bavaresi. Ma anche «il principio europeo che vale più del diritto tedesco», la solidarietà con i Paesi in prima linea sul fronte degli arrivi, e il fondo per il Nord Africa da rifinanziare proprio come chiede l’Italia.
Il cerchiobottismo pre-vertice di Angela Merkel è una lezione di Realpolitik democristiana impartita al Bundestag riunito ieri per le «comunicazioni in vista del Consiglio Ue». Una seduta al limite del surreale, con scambi politici andati ben oltre il recinto della consueta dialettica parlamentare.
C’è la capogruppo Linke che chiede alla Csu se «si rende conto che esiste un mondo fuori dalla Baviera», le risatine dei deputati di Alternative für Deutschland in faccia a Merkel e il nuovo ultimatum della segretaria Spd, Andrea Nahles: «Basta baruffe, ora vogliamo azioni». Senza contare i Verdi che rubricano la spaccatura tra Cdu e Csu come «una disputa per guidare un fantasma».
Impattano molto più dei numeri ufficiali dell’accoglienza nella Repubblica federale, ormai stabilmente fuori dall’emergenza scoppiata nel 2015. Secondo l’Ufficio federale migranti (Bamf) degli 890mila profughi accolti tre anni fa, a fine 2017 risultavano 230mila persone colpite da provvedimenti di espulsione, tra cui 115mila con richiesta di asilo respinta in via definitiva.
In totale fino allo scorso dicembre hanno lasciato la Germania oltre 52mila profughi. Quasi la metà di questi è stata «deportata» nel Paese di origine.
Dati certificati che sanciscono, una volta per tutte, la fine della «politica di benvenuto» della cancelliera, che lei continua a difendere ma ormai solo a parole. «Resto dell’idea che la decisione di aprire i confini nel 2015 fosse giusta», ha ribadito ieri in Parlamento.
Prima di illustrare ai 709 deputati la sua nuova linea sui migranti: «Non possiamo lasciare soli i Paesi in cui si verifica la maggior parte degli arrivi; è il nodo centrale del regolamento di Dublino. Fino a quando su ciò non ci sarà il consenso dei 28 Stati della Ue, procederemo con una coalizione dei volonterosi».
Musica per le orecchie del ministro dell’Interno Csu, Horst Seehofer, pronto a sigillare i confini tedeschi anche per chi gode di permessi di asilo rilasciati nell’area Ue. È il punto di mediazione per evitare l’implosione dell’Unione democristiana prima ancora del crollo di quella europea. Fa il paio con le altre assicurazioni che ieri la cancelliera ha dovuto garantire pubblicamente. «La sicurezza in Europa va rafforzata» e i rifugiati «non possono scegliere dove presentare la domanda di asilo».
Troppo poco per i fascio-populisti di Afd che hanno interrotto il suo discorso a più riprese. Una risata più forte delle altre ha fatto perdere la pazienza a Merkel, sbottata con: «Mio Dio! Ma davvero?”.
Fuori dal teatrino, tuttavia, la cancelliera ha dovuto ammettere i buchi nella legislazione tedesca ed europea. «Germania e Ue non sono ancora al punto dove vogliamo arrivare quando si tratta di immigrazione. L’Europa ha davanti molte sfide, ma questa potrebbe segnare sul serio il destino dell’Unione». In gioco, ricorda “Mutti”, c’è anzitutto la credibilità dell’Unione europea «in Africa e altrove»: una «sfida» da vincere a ogni costo altrimenti «nessuno crederà più nel sistema di valori che ci ha resi così forti».
Prima, però, vanno smussati i due spigoli che impediscono la «soluzione paneuropea». Su sette punti della bozza della politica Ue sui migranti rimane il disaccordo sullo «standard di solidarietà» (cioè la distribuzione dei profughi tra gli Stati membri) e la gestione comune dei permessi di asilo. Di fatto, la concordia europea si riduce alla lotta agli immigrati irregolari e allo scambio di trattati legali, come ha confessato la cancelliera.
Il suo modello di riferimento resta l’accordo con la Turchia che «ha permesso di gestire il flusso di profughi siriani» ha spiegato Merkel, prima di cancellare dalla sua bozza con le conclusioni il passaggio con cui dava il «benvenuto alla seconda tranche di tre miliardi» di euro destinati ad Ankara: il prezzo del patto con il sultano Erdogan che ha prosciugato la rotta balcanica.
Grazie a lui nel 2016 in Germania risultavano 280mila arrivi, scesi a 187mila nel 2017. Fra gennaio e aprile 2018, 55mila persone hanno fatto richiesta di asilo (meno 10% rispetto all’anno prima) e delle 110mila domande «lavorate» dal Bamf ne sono state accolte solo una su tre. Il risultato è che oggi nella Bundesrepublik risiedono “appena” 600 mila rifugiati.
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