Economia

Meloni taglia di più Roma: sulla manovra non c’è fiducia

Roberto GualtieriRoberto Gualtieri – LaPresse

I tagli agli italiani Saltano altri 22 milioni alla Capitale. Un altro colpo dopo lo slittamento dei fondi per la Metro C. Agli enti locali mancheranno 5,6 miliardi. Altri 5,3 saranno tolti al Sud, sostiene lo Svimez. 1.200 modifiche proposte solo dai partiti della maggioranza che non si fidano del loro governo. Le opposizioni presentano un emendamento comune sulla Sanità

Pubblicato un giorno faEdizione del 12 novembre 2024

La legge di bilancio del governo Meloni è come la tasca di Eta Beta: rovistando, escono sempre sorprese. Un’altra l’ha trovata ieri il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. «A causa di questa simpatica manovra che ha nascosto sorprese significative – ha detto – avremo tagli alla spesa corrente di 22 milioni che si aggiungono ai 23 tagliati l’anno scorso. Una delle cose più geniali che ha fatto passare il ministro Giorgetti sono i tagli. Ma io facevo il suo stesso mestiere. Questo taglio alla spesa corrente grida vendetta, cercheremo di assolvere ai nostri impegni. Ora vediamo gli emendamenti come usciranno. Noi non possiamo reggere se ogni anno ci tagliano più di 20 milioni. Roma è il Comune più colpito dai tagli del governo». Che sono oltre 5,6 miliardi in più anni divisi tra comuni, province e regioni. Una vera macelleria sociale che colpirà anche i servizi pubblici essenziali.

I TONI INDIGNATI di Gualtieri si spiegano con un altro colossale pasticcio. Nella manovra infatti l’esecutivo è riuscito a boicottare una «grande opera» di cui dovrebbe reclamare il copyright: la terza tratta della «metro C» di Roma che collegherà piazza Mazzini al ministero degli Esteri. 425 milioni di euro sono slittati di due anni. Senza, il quartiere Prati e tutto ciò che gli sta attorno, resteranno nel caos per anni. Sempre meno del delirio che è oggi a piazza Venezia. Il danno elettorale è dietro l’angolo. Così anche il vicepremier ministro degli esteri Tajani ha pensato di rimediare facendo presentare un emendamento a Forza Italia per ripristinare il fondo.

SONO COSE che succedono ad ogni manovra. Giusto, ma erano anni che non si vedevano 12 miliardi di euro di tagli (7,7 sono ai ministeri). Tagliano la scuola e l’università, e mettono la parola «fine» sulla transizione «green» dell’automotive tagliando 4,6 miliardi. Lo Svimez ha denunciato un altro pasticcio sulla «Decontribuzione Sud» e altri fondi destinati al Mezzogiorno. Nei prossimi tre anni saranno persi 5,3 miliardi di euro. Non è chiaro se finiranno pure questi ai costruttori di bazooka e cannoni, come invece accadrà ai 4,6 miliardi tagliati alla transizione «green» dell’automotive. In prospettiva, saranno definanziati trasporto pubblico e Sanità. A quest’ultima, nel 2030, mancheranno 19 miliardi, ha sostenuto il Gimbe. Con le banche è stata concordata una partita di giro: oggi anticipano un contributo biennale di 1,7 miliardi che sarà restituito tra due anni.

A CAUSA DELL’AUSTERITÀ imposta dal patto di stabilità quest’anno è più forte l’ansia di raschiare il fondo del barile. Sarà rinnovato, in tempi record, il condono preventivo biennale che era stato chiuso il 31 ottobre scorso. Oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe prorogarlo fino al 12 dicembre. L’obiettivo sarebbe ridurre l’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35% al 33% e ampliare la fascia dei beneficiari di questa riduzione. Un intervento costoso, stimato tra i 2,5 e i 4 miliardi. Cifre ben lontane dal gettito che la scorsa settimana il viceministro Maurizio Leo aveva ipotizzato: 1,3 miliardi. Ancora ieri, nell’incontro con i sindacati, Meloni ha detto di volere usare questi soldi per rimpinguare la platea raggiunta dal taglio del cuneo fiscale. Bisognerà vedere se ci riuscirà. Quello che è certo è che complicherà ancora di più il sistema fiscale come ha ammonito l’Ufficio parlamentare di bilancio. Ancora un intervento parziale invece di un disegno razionale di riforma dell’Irpef. Si resta in attesa della revisione annunciata dalla legge delega sulla riforma fiscale.

FARE LA CRONACA, ingrata, della legge di bilancio – un esercizio ragionieristico eterodiretto dalla Commissione Ue – significa parlare di emendamenti. Più che leggerli, si pesano. Ieri scadeva il termine di presentazione ed è evidente che qualcosa è accaduto nella maggioranza. Si vede che è scontenta del suo governo perché ha presentato 1200 proposte di modifica. È stato sciolto il voto di castità ed è finita la stagione degli emendamenti zero tentata lo scorso anno. Tremila ne sono stati presentati dalle opposizioni. Ieri i suoi «leader» ne hanno firmato uno insieme sul rifinanziamento della Sanità. Decine di milioni potrebbero essere presi dai sussidi ambientalmente dannosi fino al 2030. Sarà bocciato e ciò alimenterà le polemiche sul modo in cui Meloni usa la calcolatrice. Un tema di questi giorni.

NEL GUAZZABUGLIO che ci intratterrà per giorni ieri è spuntato un emendamento della Lega con un altro condono: si chiede una nuova «rottamazione» delle cartelle 2000-23. Sempre la Lega chiede di rimediare all’incredibile aumento delle tasse sui profitti sulle criptovalute: dal 26% al 42%. Forza Italia chide di esentare dalla web tax Rai, radio, Tv e online. C’è la contesa sul taglio del canone Rai chiesto dalla Lega alla quale si oppone Forza Italia perché danneggia Mediaset. Tanta polvere sollevata per restare con un pugno di mosche in mano

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