Meloni nega lo scontro, ma poi attacca le toghe
Giorgia Meloni – Ansa
Politica

Meloni nega lo scontro, ma poi attacca le toghe

Da Dubai La premier lancia stoccate contro "una piccola parte" della magistratura, cioè le toghe rosse
Pubblicato 11 mesi faEdizione del 3 dicembre 2023

Il sentiero è lo stesso tracciato da Guido Crosetto venerdì mattina alla Camera: negare, prima di tutto. E poi dare tutta la colpa agli altri. Da Dubai, dove sta partecipando alla Cop 28, la premier Giorgia Meloni scrolla le spalle, spalanca gli occhi e nega che sia in atto una battaglia contro i magistrati, ma sottolinea come questi ultimi, talvolta, ostacolino l’azione del governo.

«NON CREDO ci sia uno scontro tra politica e magistratura – dice la premier -, ma questo non significa che una piccola parte della magistratura ritiene che i provvedimenti di alcuni governi che non sono in linea con una certa visione del mondo debbano essere contrastati, come ad esempio sull’immigrazione». Il riferimento è alla giudice di Catania Iolanda Apostolico, che con alcuni suoi pronunciamenti ha smontato il decreto Cutro. Sul punto dovrà esprimersi la Cassazione, ma Meloni non sembra aver bisogno di aspettare che la giustizia faccia il suo corso. Preferisce sparare a zero: è più facile, funziona meglio e si inserisce alla perfezione nella narrazione della destra, che governa e che se non riesce a farlo bene è solo perché qualcuno le mette i bastoni tra le ruote. Nel nostro caso: i magistrati, e nello specifico le toghe rosse.

La premier affonda il colpo contro magistratura anche sul premierato prossimo venturo, oggetto di diverse critiche da parte delle correnti di sinistra dell’Anm: «Non è che io penso che non si possa criticare la riforma costituzionale, lo considero perfettamente legittimo. Ho trovato francamente fuori un po’ fuori misura dire che la riforma costituzionale aveva una deriva antidemocratica, cioè a me sembra che queste dichiarazioni vanno bene per la politica» e non per i giudici, che evidentemente per lei non devono avere opinioni sulla Costituzione e sulle sue paventate modifiche. Magistratura Democratica ribatte sul punto in maniera netta, mettendo insieme le uscite di Meloni da Dubai con le teorie del complotto di cui Crosetto ha parlato sul Corriere della Sera. «L’aggressione politico-mediatica che ci ha investito non ha alcuna giustificazione – si legge in una nota – ma vorrebbe costringerci a rendere conto di una libertà, quella di associarsi e di riunirsi, prevista dalla Costituzione».

SUL CASO DELMASTRO, rinviato a giudizio per aver diffuso carte riservate sul caso Cospito e indagato dalla procura di Biella per diffamazione, la premier non rispolvera il vecchio garantismo interessato d’epoca berlusconiana, ma evoca quelle che per lei sono condizioni oggettive tali da determinare una sospensione di ogni decisione sul futuro del sottosegretario: «I magistrati ritengono che debba essere rinviato a giudizio ma il pubblico ministero riteneva che la vicenda dovesse essere archiviata, quindi direi che è il caso di aspettare una sentenza di condanna passata in giudicato, eventualmente, per definirlo colpevole». Il che, in teoria, dovrebbe valere per tutti e infatti le opposizioni non chiedono le dimissioni di Delmastro per il processo che si aprirà a maggio, ma perché a loro dire si è dimostrato incapace di ricoprire il proprio ruolo.

LA STESSA PROCURA di Roma, del resto, nel chiederne prima l’archiviazione e poi il proscioglimento, ha notato come Delmastro, nella sua attività di diffusione delle carte del Dap su Cospito, abbia dimostrato di non sapere di star violando un segreto amministrativo. Solo per questo, in mancanza cioè dell’elemento soggettivo del reato, i pm di Roma non pensavano fosse necessario mandarlo a processo. Resta lo svarione. E non è un affare di poco conto per un sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri.

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