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Meloni minaccia gli abruzzesi: «Devastante se Marsilio va via»

Meloni minaccia gli abruzzesi: «Devastante se Marsilio va via»

Regionali da brivido La premier parla (da sola) agli imprenditori, poi sul palco a Pescara con Salvini e Tajani. Il candidato delle destre si inventa un rivale che non c’è: l’ex presidente D’Alfonso

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 6 marzo 2024
Andrea CarugatiINVIATO A PESCARA

La foto di gruppo con i tre leader della destra in piazza Salotto a Pescara è quasi identica a quella di due settimane fa a Cagliari, cambia solo il candidato governatore, da Truzzu a Marsilio. Identica è anche la determinazione della premier nel lodare il fedelissimo di turno, prima che la pioggia scrosciante interrompa il comizio.
Ma visto che stavolta il candidato si presenta per il secondo mandato, Meloni fa una cosa in più: parlando nel pomeriggio a Teramo a una platea di imprenditori invitati dalla camera di commercio del Gran Sasso spiega che «fermare il lavoro di Marsilio sarebbe devastante per questa regione». Senza di noi il diluvio, avverte la premier, che più tardi a Pescara ribadirà di aver «messo la faccia» in questa sfida. Lo fa, come suo stile, attaccando a testa bassa gli avversari: «Lui non si vergogna di fare il comizio con noi, mentre gli altri sono tutti alleati ma non hanno il coraggio di dirlo, da Renzi a Conte». In piazza compare un enorme cartellone con i volti dell’ex governatore Pd Luciano d’Alfonso (in grande) e del candidato, l’ex rettore Luciano D’Amico (molto più piccolo). La scritta recita: «Luciano chi? Sicuro di sapere chi stai votando?».

IL CONCETTO VIENE approfondito dallo stesso Marsilio, che dal palco dedica una fetta del suo intervento al suo rivale, che poche ore prima a Teramo aveva definito «pagliaccio», per via di una querelle su fondi affidati all’ateneo quando D’Amico era rettore. «Il governo è tutto qui, ma non in campagna elettorale, c’è da quando si è insediato», dice il governatore uscente. «Siamo una filiera, prima di noi c’erano Renzi a palazzo Chigi e D’Alfonso alla regione, ma nessuno ha nostalgia di loro. Lui mica andava a Roma a prendere 1,2 miliardi». Il riferimento è all’accodo sui fondi di coesione, che Meloni ha firmato pochi giorni fa a L’Aquila. Ma il punto è un altro: e cioè che Marsilio fa campagna contro uno che non era suo sfidante neppure nel 2019, quando il Pd candidò Giovanni Legnini. E ancora: «Questa terra ha già conosciuto un “Luciamo d’A”, che è scappato in Senato per avere l’immunità parlamentare». Qualche bordata anche sullo sfidante di oggi: «Si definisce civico ma 5 anni fa si candidò in regione e fu trombato: è civico solo quando gli fa comodo». Poi Marsilio si lancia sulla storia del medico che ha curato D’Amico per una cardiopatia: «Prima a Chieti c’era un primario che ora è sotto processo e che si era candidato nel 2019 con la sinistra, il medico che ha curato D’Amico era un cervello in fuga e noi lo abbiamo riportato qui da Londra».

MA NON BASTA: Marsilio esordisce parlando della sconfitta della destra in Sardegna, il vero spauracchio di queste ore: «Altro che spifferi sardi, fate sentire l’urlo dei lupi abruzzesi», grida alle migliaia in piazza. «Pensano di farci paura perché una presidente sarda, eletta per un soffio, viene a fare campagna elettorale contro di me. Ma la notte del 10 marzo ci sarà solo una donna sarda che festeggerà con me tutta la notte, mia moglie, a cui non dico abbastanza ti amo». E ancora: «Loro portano qui una presidente, io ne porto 4: Lazio, Umbria. Marche e Molise. Mica c’è solo la Sardegna».

La “sindrome Todde” è in tutti i discorsi, così come la paura per un risultato incertissimo. Poi c’è il fatto che Marsilio è nato e cresciuto a Roma, con Conte che lo sfotte definendolo «un governatore in smartworking». E lui si incavola: «Insultano me per non essere nato qui e poi dicono di voler accogliere i migranti. E lo fa Conte che ha messo tutta l’Italia in smarworking!». E ancora: «I miei genitori sono dovuti andare via per trovare lavoro, è un reato se il figlio vuole tornare nella loro terra?».

PER DIMOSTRARE la sua fedeltà alle radici abruzzesi, il candidato delle destre propone una versione in teramano di Supereroi di Mr. Rain, grande successo del Sanremo 2023. Le note si diffondono nella piazza, lui si rivolge ai militanti: «Ve lo ricordate? Era quello col coro dei bambini? Dolcissimi». La difficoltà a tradurre Supereori in abruzzese è stata risolta con «Nu seme nu» (Noi siamo noi). «La nostra notte dei Serpenti non ha nulla da invidiare a quelle della Taranta», insiste. Tajani, per non essere da meno: «Io scommetto sagne e fagioli e arrosticini a pranzo e una frittura di pesce a cena che questa regione sarà ancora governata dal centrodestra». «Sarebbe un’impresa, mai qui un presidente è stato riconfermato», gli dà corda Meloni: mentre parla lei l’evocata rain arriva davvero: «Ogni volta che vengo a Pescara piove: ma l’ultima volta era prima delle politiche e sono diventata presidente». Manda baci alla folla, «mi dispiace che vi faccio bagnare», «siete voi la benzina per fare la vita faticosa che faccio», insiste, poi torna sul terreno scivoloso dei manganelli: «Non ci si può ricordare delle forze dell’ordine solo quando le cose non vanno alle perfezione, noi aumenteremo i loro stipendi. Una esponente dei 5s ha detto che meritano gli sputi, vergogna».

LA PREMIER SI LANCIA in previsioni in vista delle europee: «Temono che la nostra maggioranza esca confermata dalle urne, succederà di tutto, io ho già messo l’elmetto, ma finché gli italiani ci sostengono nulla ci fa paura». Insomma, torna a evocare complotti, come già in passato. Con gli imprenditori aveva usato toni assai più compassati, ribadendo che il suo governo «non vuole disturbare chi fa». Parlando del Pnrr torna a fare un accenno della vocina di Cagliari, «dicevano con Meloni perderemo i fondi europeiiii», ma l’auditorio non ha voglia di scherzare. Semmai è costretta a spiegare perché ha dirottato i fondi per la ferrovia Av Roma Pescara previsti dal Pnrr: «Non avremmo potuto spenderli». Così pochi giorni fa ha finanziato last minute due lotti, per circa 720 milioni, per una infrastruttura che costerà circa 8 miliardi. Ancor più indietro i lavori per la terza corsia dell’A14 nel tratto abruzzese, che lei e Marsilio promettono accusando l’ex ministra Pd Paola De Micheli di «aver tradito l’impegno preso». In realtà non c’è neppure il progetto. Per andare da Teramo a Pescara se ne accorge anche la premier: le attuali due corsie sono un immenso cantiere, tutti bloccati nel traffico. Anche ai balneari che la incalzano rifila solo mezze promesse: «Dossier molto complesso, faremo il possibile…».

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