Internazionale

Meloni incontra McCarthy Silenzio su Cina e Africa

Meloni incontra McCarthy Silenzio su Cina e AfricaGiorgia Meloni e Kevin McCarthy al Campidoglio – foto di Francis Chung/Ap

Usa/Italia L’«intesa» fra lo speaker Gop della Camera e la premier, che poco dopo incontrerà Biden. La Casa bianca ci tiene a segnalare che l’italiana è adesso gradita e vezzeggiata ospite

Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 luglio 2023

La conferenza stampa congiunta Meloni-Biden salta per scelta della premier italiana e i giornalisti americani, che a queste modalità non sono abituati, s’imbufaliscono: la premier privilegia l’ambasciata italiana e la stampa nazionale. Gli altri devono accontentarsi della comparsata senza domande della premier e dello speaker della Camera Kevin McCarthy. Cina? Africa? E perché se ne dovrebbe parlare? Nel punto stampa (si fa per dire) che spezza la giornata a Washington Giorgia Meloni e lo speaker della Camera Kevin McCarthy nemmeno citano i punti chiave in discussione, quelli che di lì a un paio d’ore saranno al centro del colloquio con Biden. Duettano, tubano, cinguettano. Lui annuncia che nonna era italiana e si chiamava Palladino. Lei conferma di parlare un ottimo inglese. Per il resto gareggiano in iperboli quanto a meraviglie dei rapporti tra l’Italia e gli Usa: nessun attributo basta a render conto di un’armonia perfetta fondata sulla guerra. L’unico accenno alla politica internazionale è per confermare che sulla guerra in Ucraina l’identità di vedute è totale, perché, parola di Meloni, «un mondo non regolato da leggi internazionali sarebbe il caos».

NESSUNA DOMANDA è ammessa. A effusioni esaurite i due lasciano la sala e piantano i giornalisti a becco asciutto. Ma sarebbe un grosso errore pensare che la messa in scena sia vuota di significato. Nel gergo della diplomazia americana l’accoglienza non è un particolare e quelle ore di anticamera a cui l’allora segretaria di Stato Madeleine Albright costrinse l’ex comunista D’Alema, fresco di nomina a presidente del consiglio, valevano più di molte dichiarazioni. La situazione oggi è opposta. La Casa bianca ci tiene a segnalare che l’italiana, già sospetta di inaccettabili pulsioni sovraniste, addirittura putiniane, è adesso graditissima e vezzeggiata ospite. La beniamina di White House.

PERÒ SOLO OGGI, o forse nei prossimi giorni, si capirà se all’ottima accoglienza si saranno accompagnate anche concessioni sonanti. Sul capitolo Cina, di gran lunga quello più importante per Biden, la strada è in ripida discesa. Il presidente vuole certezza sull’affossamento del memorandum firmato da Conte e Di Maio nel 2019, la via della Seta. Deve finire come North Stream 2 nelle alate parole di Victoria Nuland, la sottosegretaria di Stato: «Ferraglia in fondo all’oceano». Finirà proprio lì anche se l’italiana chiede di modulare i tempi e calibrare i toni perché una rottura completa con la Cina sarebbe per Roma sgradevolissima. Dovrebbe ottenere il semaforo verde, tanto sempre di poche settimane si tratta.

L’IPOTESI che l’anno prossimo a guidare il G7 sia un Paese colluso con la Belt and Road Initiative, destinata peraltro a cambiar presto nome, non la si prende neppure in considerazione né a Washington né a Roma. Servono anche rassicurazioni sull’eventuale sostegno del mondo occidentale, Usa e Ue, nell’improbabile caso che la Cina decida ritorsioni commerciali ma si può scommettere a colpo sicuro che l’amico americano le ha già garantite nel colloquio notturno.

Quando si passa all’Africa, le cose diventano meno facili. Per la premier italiana il capitolo importante è quello. Di abbandonare una via della Seta che non ha mai apprezzato le importa pochissimo ma spera fortemente di ottenere in cambio supporti politici ma anche materiali per la vera partita importantissima che intende giocare, quella che va sotto il nome di “Piano Mattei”. In linea di principio Washington non ha nulla da obiettare, anzi. Ma nel concreto il passo principale sarebbe sbloccare in qualche modo gli aiuti del Fmi alla Tunisia e da quel punto di vista i colloqui preliminari, orchestrati soprattutto dal ministro Urso, autorizzano pochissime speranze.

L’escursione ha il suo risvolto farsesco a Roma. Gasparri chiede di «andare a fondo e sapere la verità su perché i grillini hanno svenduto gli interessi del Paese». Incorreggibile.

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