Meloni arriva in Libano mentre infuriano i raid
Vertice Ue Elefante nella stanza è la Siria, da cui sono fuggite due milioni di persone. Immigrati al centro del viaggio della premier
Vertice Ue Elefante nella stanza è la Siria, da cui sono fuggite due milioni di persone. Immigrati al centro del viaggio della premier
La presidente Meloni sarà oggi in Libano per incontrare il suo omologo Miqati, nella sua seconda visita ufficiale nel Paese dei Cedri dopo quella di marzo. L’incontro è previsto alle ore 16.30. Prima, Meloni sarà ad Aqaba per «un bilaterale con Re Abdullah II e si confronterà con lui sulla crisi in Medio Oriente. Al centro dei colloqui ci sarà, in particolare, «la situazione umanitaria a Gaza» si legge nella nota di palazzo Chigi. In Libano «Meloni ribadirà la volontà italiana di contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese e chiederà l’impegno di tutte le forze libanesi a garantire in ogni momento la sicurezza del personale di Unifil».
QUESTO VIAGGIO si inserisce in una più ampia missione politica di Meloni, che ha al centro il tema dell’immigrazione. Approfitterà infatti dell’incontro con Miqati per parlare della crisi siriana: «La posizione italiana, ma anche di altri stati europei, è che occorre rivedere la strategia dell’Ue per la Siria e lavorare con tutti gli attori per creare le condizioni affinché i rifugiati siriani possano fare ritorno in Patria in modo volontario, sicuro e sostenibile» continua la nota.
Durante il summit di Bruxelles di ieri si è in effetti discusso dell’«elefante nella stanza»: la Siria di Bashar al Assad. Dall’inizio della guerra civile in Siria, si sono riversati in Libano quasi due milioni di siriani. L’Europa ha già stanziato fondi alle autorità cipriote e libanesi per il loro rimpatrio in Siria. Come spiegava al Manifesto lo scorso settembre Nadia Hardman di Human Right Watch: «ci preme far sapere che la Comunità europea sta sottostimando le violazioni dei diritti umani e le sta in qualche modo finanziando. Non in maniera diretta, ma con la documentazione esistente è impossibile non sapere delle deportazioni sommarie, dell’uso improprio della violenza, degli abusi commessi dalle autorità libanesi e cipriote, finanziate proprio per occuparsi del fenomeno della migrazione siriana in Libano e nel Mediterraneo. Salta agli occhi come non sia esistita e non esista alcuna condizionalità sui molti fondi arrivati dal 2020 a oggi e che, apprendiamo, saranno raddoppiati nel 2025. Nessuna conseguenza quindi per le violazioni ma, verrebbe da dire, una ricompensa».
LA FRANCIA ha già spiccato a giugno un mandato d’arresto per il presidente siriano Bashar al-Assad per crimini di guerra, mentre sono diversi i report – Onu, Human Rights Watch, Amnesty International e molti altri – che documentano i crimini, i massacri, l’uso di armi chimiche, le torture, le violenze sessuali, fisiche e psicologiche sui civili da parte del regime siriano in questi anni di guerra civile.
Nel frattempo la situazione in Libano è drammatica e non ci sono segnali di distensione. L’esercito israeliano ieri ha bombardato senza sosta il sud del Libano e la valle della Beka’a, nell’ est del Paese. In modo particolarmente intenso in questi giorni è stata presa di mira la città di Nabatiyeh, nel sud, luogo simbolo e roccaforte del Partito di dio. Nuovi ordini di evacuazione sono stati emessi per Burj Shemali, già pesantemente colpita in precedenza, dove si trova uno dei 12 campi palestinesi del Paese, circa due chilometri a sud-est di Tiro.
SI TEME anche per l’immenso patrimonio artistico di Baalbek, la città del sole, complesso architettonico nella valle della Beka’a – capolavoro dell’epoca imperiale romana dichiarato dal 1984 patrimonio dell’umanità dall’Unesco -, intorno al quale cadono incessantemente bombe da settimane. In questa zona una nuova serie di raid si è abbattuta nel tardo pomeriggio di ieri. Ordini di evacuazione e bombardamenti anche nella regione dello Chouf, a Marjayoun e a Sidone.
NONOSTANTE le rassicurazioni di Miqati su un allentamento della morsa su Beirut, mercoledì l’aviazione israeliana ha di nuovo affondato su Haret Hreik, nella Dahieh, la periferia a sud di Beirut, sganciando una serie di bombe su presunti depositi di armi nella capitale. I caccia di Tel Aviv continuano a sorvolare la capitale rompendo il muro del suono e causando delle «bombe di suono» che terrorizzano la popolazione. È costante il ronzio dei droni israeliani in ogni angolo di Beirut, come in molte altre località. Intanto Netanyahu ha ribadito che «la guerra non è finita né a Gaza, né a Beirut, né nella regione».
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