I medici tirocinanti inglesi (non britannici) – i cosiddetti Junior doctors – hanno cominciato ieri alle sette del mattino quello che potrebbe diventare lo sciopero più lungo della storia nazionale da quando è stato fondata la sanità pubblica, l’Nhs, nel 1948. A meno che le trattative sugli aumenti di stipendio alla base del contenzioso non riprendano per volontà del governo, finora inamovibile nel proprio rifiuto. È la nona astensione dal lavoro dallo scorso marzo, per un totale finora di ventotto giorni in cui hanno incrociato le braccia. Se mantenuto, lo sciopero durerà in tutto sei giorni, pari a 144 ore di lavoro perse.

Nessuna trattativa finché l’agitazione è in atto, è la posizione del ministero. Il viceministro alla Sanità Victoria Atkins, nominata da Sunak nell’ultimo rimpasto di novembre, ha insistito sul fatto che c’è spazio per negoziare, ma ha dichiarato la propria volontà di risedersi al tavolo della contrattazione solo laddove lo sciopero venga revocato.

La British Medical Association (Bma), che rappresenta anche i medici tirocinanti e specializzandi che lavorano in ospedale, non intende retrocedere circa le proprie rivendicazioni, avanzate già l’anno scorso durante un’impressionante ed inusitata ondata di scioperi che ha interessato quasi ogni settore pubblico e molti privati. Non riguardano infatti aumenti veri e propri: mirano piuttosto a un riequilibrio di salari colpiti da una violenta contrazione inflattiva già dal biennio 2008-09. Secondo la Bma, tale contrazione ammonterebbe al 35% in più rispetto al salario corrente: un importo tutt’altro che compensato dall’aumento del 6% più la somma forfettaria di 1250 sterline rilanciati dal governo di Rishi Sunak la scorsa estate.

Nonostante gli sforzi dello stesso Sunak e dei suoi numerosi predecessori per deviare l’attenzione e il pubblico malcontento sull’immigrazione, il loro vero problema è l’avvitamento verso il basso della performance di una sanità pubblica già duramente provata dalla pandemia. Che puntuale si riacutizza in uno dei periodi più impegnativi dell’anno, in cui deve affrontare una maggiore pressione dovuta ai virus invernali e un’onda anomala di richieste di assistenza dopo il posticipo delle festività.

Con liste d’attesa per gli interventi di routine che si aggirano attorno agli otto milioni, e l’attesa già spasmodica per un’ambulanza, l’azione dei giovani medici può comportare disagi davvero esorbitanti. Né il problema è circoscritto a questa categoria: anche gli specializzati e i generici stanno ponderando le controproposte del governo alle loro rimostranze dello scorso anno e potrebbero votare ulteriori agitazioni. Senza l’apertura di qualche spiraglio, lo sciopero iniziato ieri finirà alle sette del mattino del prossimo nove gennaio.