È più facile o più difficile vincere da favoriti? Quando il tracciato sembra disegnato da chi ti vuole tanto, tanto bene, e hai addosso gli occhi, e le ruote, di tutto il resto della compagnia? L’australiano Matthews prova a sciogliere il quesito, mettendo, con tutti i favori del pronostico, le ruote davanti al rivale di giornata designato Pedersen, sfruttandone semmai il lavorio precedente lo sprint, e trionfando sul traguardo a braccia alzate

Da Vasto a Melfi, ci aspettava una volata tra superstiti. Non perché il plotone dovesse guardarsi dalle imboscate dei sanniti, che qui dettero a lungo a Roma il suo daffare, ma perché gli sprinter erano chiamati a passare indenni le colline prospicienti la sede d’arrivo, oltre ad un rettilineo finale che tirava ostinatamente per l’insù. Stojinic e Konychev, i fuggitivi, vengono tenuti a tiro per tutto il percorso, e riassorbiti agevolmente appena si comincia a far sul serio, per permettere all’australiano di cogliere l’alloro di giornata. Oggi primo arrivo in salita a Lago Laceno: una tappa che molti dicono entrare nei piani di Evenepoel, per un fine paradossale: perdere la maglia rosa, darla in affitto a qualche volenteroso, per poi riprendersela più in là. Sarà, intanto oggi ha sprintato con Roglic per un abbuono di due secondi. Vedremo.

Suscita intanto brusio il presunto scarso agonismo di queste prime tappe, con i «rischi» per l’audience. Un dibattito per tutte le discipline, quello del rapporto tra sport e media. Il fatto è che lo sport è un’invenzione che ha già un secolo e mezzo; quando sono arrivate la radio prima e la televisione poi, la loro funzione è stata quella di raccontare e propagare ulteriormente gesta e imprese già consuete. Ultimamente, però, dall’avvento dei new media, è cambiata la funzione: non più diffondere lo sport, ma dettarne modi e tempi di attuazione. Fino a distorcerne il senso.

Il Giro ha un problema specifico: le squadre che non lottano per la rosa finale vengono a correre in Italia spesso per onor di firma, non contribuendo certo alla bagarre in tappe di trasferimento. Le piccole squadre italiane cui si riservano gli inviti, d’altro canto, non sono molto competitive, giacché la media borghesia del gruppo è ingaggiata dai grandi team che hanno da disseminare corridori tutto l’anno nelle varie corse. Non si capisce però chi obblighi le Tv a mandare in onda lunghe dirette integrali. Si parla di ricette demenziali tipo minitappe a uso e consumo degli youtuber, senza ricordare le lunghe cavalcate di un Chiappucci, cui tutto si può rimproverare, ma non di non aver saputo tenere la gente incollata alla TV.