Marc Botenga (Left): «La Commissione Ue punta sulla guerra e non sui lavoratori»
Intervista L'eurodeputato belga del Parti du travail, nel gruppo Left: "Quale ordine mondiale vuole costruire questa Ue? Come può accettare che a Gaza siano massacrati i civili? Si mettono in campo sanzioni verso molti paesi, ma per Israele si fa eccezione"
Intervista L'eurodeputato belga del Parti du travail, nel gruppo Left: "Quale ordine mondiale vuole costruire questa Ue? Come può accettare che a Gaza siano massacrati i civili? Si mettono in campo sanzioni verso molti paesi, ma per Israele si fa eccezione"
Marc Botenga, classe 1980, è deputato europeo al secondo mandato. È uno degli esponenti principali del Parti du Travail, formazione della sinistra radicale belga di radice marxista che alle ultime elezioni federali di giugno si è attestato al 12% nella parte francofona e ha superato il 20% nella regione di Bruxelles capitale.
Monsieur Botenga, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha presentato la sua squadra. Cosa ne pensa?
Un collegio molto di destra. Sparisce la competenza al lavoro e agli affari sociali e questo è un segnale negativo. Poi avremo tre commissari che si occupano di commercio e sicurezza e questo è inquietante.
Tra poche settimane avranno luogo le audizioni dei candidati commissari presso le commissioni parlamentari, che possono promuovere o respingere. Chi sono i nomi più difficili da digerire per voi di Left, e come intendete agire?
Da dove inizio? (ride). Preoccupa che Esteri e Difesa si presentino a livello di confronto duro sul versante est. L’Alto rappresentante dovrebbe fare diplomazia, pratica che impone di parlare con tutti, soprattutto con quelli con cui non siamo d’accordo.
Il responsabile alla Difesa lavorerà per l’industria della difesa, tutelerà l’industria bellica. Infatti, al di là della persona, è il portafoglio il problema. Poi c’è l’olandese Hoekstra, che dovrebbe occuparsi di tassazione ma in passato ha fatto investimenti in paradisi fiscali. E ancora, è inaccettabile che a un esponente della destra Ecr come Fitto venga data una vicepresidenza esecutiva.
In questi giorni, mentre i leader sono riuniti all’assemblea generale dell’Onu, nata per evitare i conflitti, assistiamo all’escalation della guerra in Medio Oriente. Cosa possiamo fare di fronte a questa tragedia?
L’Ue non è passiva, insieme ai paesi membri svolge ruolo attivo a sostegno di Israele. In realtà tramite l’accordo di associazione Ue-Israele, che è attualmente in vigore, diamo fondi a Tel Aviv. Quell’accordo fa di Israele un paese con uno status privilegiato. Tra l’altro, stiamo continuando a esportare armi verso Israele, anche se in realtà secondo principi adottati da Consiglio questo non sarebbe permesso. Quindi l’Ue non sta rispettando le regole che essa stessa si è data, né le sentenze delle Corte internazionale, oltre a essere carente riguardo a un principio di umanità.
Mi chiedo: quale ordine mondiale vuole costruire questa Europa? Come può accettare che sia massacrata la popolazione civile? L’Ue mette in campo sanzioni verso numerosi paesi, ma per Israele fa eccezione.
Di frontiere si parla anche riguardo all’immigrazione. Ora il Patto europeo, approvato alla fine della scorsa legislatura, va applicato. Eppure Germania e Paesi Bassi indicano la prospettiva di chiusura delle frontiere – fino alla sospensione di Schengen – mentre la linea della Commissione sembra essere quella dei patti con paesi non europei. Le sembra una risposta sufficiente?
È il seguito logico del Patto. L’Europa ora non garantisce neanche più il rispetto del diritto internazionale, a cui finora aveva sempre tenuto molto. Il tema è strumentalizzato da destra ma anche da forze di centro, come il Ppe. Tutti cercano un capro espiatorio per il fallimento delle loro politiche. Non ci sono soldi per niente e alla destra piace dire: è perché c’è troppa immigrazione. Magari invece il vero problema è l’austerità e il rifiuto di tassare i milionari.
Sul tema immigrazione però vi incalzano non solo le destre, ma anche i movimenti cosiddetti di «sinistra conservatrice», come ad esempio l’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw) in Germania.
Sul loro tema caratterizzante, ovvero l’immigrazione, il partito di Sahra Wagenknecht ha una posizione che non condivido, anche se la stampa tedesca ne fa spesso una caricatura, ed è vero anche che il loro intento è quello di contrapporsi alla narrazione tradizionale dei partiti di sinistra. Ma il loro punto di forza assoluto è la questione della pace e l’impatto della guerra sulla società.
Quindi lei, che ha votato contro la risoluzione europea sulle possibilità che le armi fornite all’Ucraina possano colpire in territorio russo, pensa che la posizione di Bsw sulla guerra sia condivisibile?
Le rispondo in questo modo: dentro Left ci sono partiti, segnatamente quelli scandinavi, per i quali bisogna alzare il livello dello scontro con la Russia. E questo secondo me è grave.
Proprio dentro la vostra famiglia politica europea, quella dei Left, sta nascendo un nuovo progetto, guidato da France Insoumise, che si chiama «Alleanza europea per i popoli e il pianeta». Cosa ne pensa?
Sei partiti nazionali – dalla sinistra francese a Podemos, fino ai partiti del nord Europa – vogliono creare una formazione diversa dal partito della Sinistra europea. Ancora è troppo presto per capire come si caratterizzerà, non lo sappiamo, ma posso dire che non vedo unità al loro interno. Non lo vedo proprio su un tema dirimente come appunto quello delle armi, dove ad esempio Podemos o il partito svedese votano all’opposto. Per noi l’unità della sinistra è importante, anche se il confronto fosse duro.
In poche parole, che sinistra serve all’Europa?
Una sinistra di rottura però dell’ottimismo. Smettiamo di parlare di quanto è forte la destra e di lamentarci soltanto. Con la mobilitazione possiamo cambiare le cose. Anche noi possiamo vincere: crediamoci!
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