Mancia delle banche al governo: una volta sola e non retroattiva
Manovra L’Abi ha dettato ieri le condizioni sul «contributo» sugli extraprofitti. Sono 66 miliardi di euro lordi i profitti senza precedenti realizzati dalle banche nel 2022 e nel 2023. La ricerca dei fondi per la manovra passa dai tagli alla spesa pubblica. Un obolo potrebbe arrivare da altre imprese che hanno guadagnato tanto in questi anni
Manovra L’Abi ha dettato ieri le condizioni sul «contributo» sugli extraprofitti. Sono 66 miliardi di euro lordi i profitti senza precedenti realizzati dalle banche nel 2022 e nel 2023. La ricerca dei fondi per la manovra passa dai tagli alla spesa pubblica. Un obolo potrebbe arrivare da altre imprese che hanno guadagnato tanto in questi anni
Non chiamatela tassa, ma contributo volontario. Dovrà essere «di natura temporanea e predeterminata, con effetti esclusivamente finanziari». Dovrà «salvaguardare il patrimonio e i bilanci delle banche» e non dovrà avere «effetti retroattivi per non operare la competitività delle banche operanti in Italia rispetto a quelle che operano in altri mercati europei».
SONO LE CONDIZIONI dettate ieri dal comitato esecutivo dell’associazione delle banche italiane (Abi) al governo Meloni che sta cercando di raggranellare le risorse sufficienti per sbrigare la pratica della legge di bilancio di quest’anno. Per individuare le modalità attraverso le quali sarà erogato il contributo è stato conferito un mandato a Marco Elio Rottigni, direttore generale dell’Abi. Sarà lui a condurre le trattative per dare ciò che il governo non osa chiedere e rimpinguare il piatto che piange.
LA CONFERMA delle trattative in corso da giorni è arrivata ieri dall’incontro tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e i sindacati sulla bozza del «Piano strutturale di bilancio di medio termine» (Psb). Anche in quella sede è stato escluso che si tratterà di una tassa. Il contributo potrebbe anche non riguardare le sole banche, sarà comunque concordato preventivamente con le parti e riguarderebbe solo quelle imprese che hanno risultati positivi.
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Non è con la carità che si risolve il problema dei salariI «CAVEAT» DELL’ABI non è escluso che possano valere anche per le altre aziende alle quali potrà essere chiesto un «contributo».Non dovrà esserci un aumento della tassazione (Ires o Irap), né un contributo sull’utile lordo. E potrebbe essere attuato uno slittamento delle Dta (cioè delle imposte differite attive), sotto la forma di un credito di imposta per il 2024.
DA VOCI CIRCOLATE mentre era in corso il tavolo con i sindacati a Palazzo Chigi sul piano strutturale di bilancio (Psb, andrà al consiglio dei ministri domani) è emerso che, oltre agli spiccioli ricavati dalle banche (e da altre imprese), saranno ottenuti altri fondi dai «tagli alla spesa pubblica» e dalle «maggiori entrate fiscali». Il governo sta strombazzando queste ultime da settimane, in mancanza di entrate stabili e nell’impossibilità di fare extra-deficit. Sulla legge di bilancio di quest’anno incombe una procedura di infrazione per deficit eccessivo disposta dalla Commissione Europea alla quale sarà inviato prima il Piano strutturale di bilancio e poi l’intera manovra.
66 miliardi di euro lordi. Profitti senza precedenti per le banche italiane nel 2022 e nel 2023. Un contributo dell’1% porterebbe 663 milioni di euro per la legge di bilancio 2025
LA DECISIONE presa ieri dall’Abi ha rotto la surreale polemica nella maggioranza: Forza Italia che sembra avere un interesse particolare nell’escludere le tasse alle banche, Fratelli D’Italia ha escluso la volontà di tassarle ma vorrebbe passare agli sportelli con un piattino in mano, la Lega ha confermato la speranza di trovare un accordo. Visto che non si mettono d’accordo tra di loro, perché in fondo non hanno alcuna intenzione di chiederlo, allora ci hanno pensato le banche a dire ai partiti come impostare il contributo. La presa di posizione, concordata con il governo, serve anche a bloccare le polemiche e a evitare danni d’immagine.
AL DI LÀ DEGLI ESITI di una vicenda che si annuncia tortuosa, con risultati presumibilmente modesti, resta la parabola seguita dalle forze di maggioranza, e dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nell’ultimo anno. Dodici mesi fa Meloni in persona sorprese in contropiede suoi stessi alleati e parlò di una tassa sugli extraprofitti bancari. Dopo l’iniziale confusione, e la bocciatura della Banca Centrale Europea (Bce), la maggioranza virò verso un incredibile contributo volontario che ha prodotto gettito zero per lo Stato. Capolavoro. Oggi le banche hanno preso una pagina bianca e scritto le regole. Colpo d’immagine: potranno dire di avere dato alla «Nazione», ma senza esagerare.
LA FEDERAZIONE autonoma delle banche italiane (Fabi) ha sostenuto che nel 2022 e nel 2023 le banche hanno realizzato 66.097 miliardi di euro lordi di profitti. Un contributo dell’1% su questa marea di denaro, generato dall’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce, porterebbe a un «contributo» di 661 milioni di euro. Se fosse del 2% si otterrebbe fino a 1 miliardo e 322 milioni. Stando alle regole elencate ieri dall’Abi queste, o altre cifre, sarebbero solo per una volta sola, riservate alla manovra del 2025. L’anno prossimo, quando continuerà la cura dell’austerità prospettata dal Piano strutturale di bilancio, non ci sarà altro. I soldi andranno cercati presumibilmente dal taglio della spesa pubblica. È il contribuente a pagare in servizi, salari e pensioni ciò che la politica non intende, né forse nemmeno può ormai fare.
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