Mali sotto attacco jihadista: colpita una base a Gao dopo i 64 morti sul Niger
Africa Il bilancio Onu è più alto: centinaia di vittime. Cominciavano ieri i tre giorni di «lutto nazionale» decretati dal governo maliano
Africa Il bilancio Onu è più alto: centinaia di vittime. Cominciavano ieri i tre giorni di «lutto nazionale» decretati dal governo maliano
Una base dell’esercito maliano è stata presa di mira da un attentato suicida ieri a Gao, il giorno dopo un doppio attacco imputato alle milizie jihadiste nel nord, dove la preoccupazione per la loro avanzata cresce sempre più. La distruzione della base di Gao – con un bilancio non ancora fornito da Bamako – coincide con l’inizio dei tre giorni di «lutto nazionale» decretati dal governo maliano, dopo i due sanguinosi attentati di giovedì.
I DUE ATTACCHI hanno colpito prima una nave passeggeri sul fiume Niger, vicino alla città di Timbuktu e, poco dopo, una base militare a Bamba, nella regione di Gao. Il rapporto provvisorio diffuso dal governo maliano parla di almeno «49 civili e 15 soldati uccisi». Ma molte fonti locali e Onu riferiscono di un bilancio molto più alto «con oltre un centinaio di vittime tra morti e dispersi», visto che il traghetto poteva trasportare oltre 300 persone.
La “Tombouctou”, imbarcazione della compagnia di navigazione maliana (Comanav), è stata presa di mira «da almeno tre razzi», secondo quanto afferma la Comanav che, con alcuni battelli, costituisce un importante collegamento fluviale di diverse centinaia di chilometri da Koulikoro (vicino Bamako) a Gao, passando per le grandi città sul fiume.
Un’imbarcazione era già stata attaccata da razzi il 1° settembre nella regione di Mopti, più a sud, uccidendo un bambino di 12 anni e ferendo due persone. Il collegamento fluviale viene utilizzato da centinaia di persone perché viene considerato più sicuro dei collegamenti terrestri, sempre più oggetto di attacchi da parte dei miliziani jihadisti.
L’ATTACCO alla base di Bamba è stato rivendicato dal Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim), ramo qaedista nel Sahel, sulla piattaforma di propaganda Al-Zallaqa. L’avanzata dei gruppi jihadisti in tutta l’area settentrionale coincide con il progressivo ritiro dei 12mila militari della missione Onu Minusma, richiesto lo scorso aprile dal governo maliano a causa delle «ingerenze negli affari interni del paese». Le relazioni tra Bamako e la missione si erano deteriorate quando i golpisti hanno preso il potere nel 2020, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani da parte delle Forze Armate Maliane (Fama) insieme ai mercenari russi del gruppo Wagner, come nel caso della strage di Moura (marzo 2021) con 500 civili uccisi.
In questi mesi Minusma ha trasferito due basi vicino a Timbuktu (Ber e Goundam) alle autorità maliane. Il posizionamento dei militari di Bamako invece di portare maggiore sicurezza ha causato nuovi scontri e instabilità. I soldati si sono trovati a combattere sia i miliziani jihadisti che i gruppi separatisti Tuareg che accusano Bamako di «non aver rispettato gli accordi di pace del 2015», come indicato dal Coordinamento del Movimento dell’Azawad (Cma).
ALL’INIZIO di agosto il Gsim ha annunciato di aver imposto un «blocco totale» alla città di Timbuktu –principale città del settentrione, dichiarata Patrimonio dell’umanità – con l’obiettivo di riconquistarla come già avvenuto nel 2012. Secondo un rapporto pubblicato ad agosto dall’agenzia umanitaria dell’Onu (Ocha), più di «30mila residenti sono già fuggiti dalla città e dall’intera regione». Situazione di profonda crisi e insicurezza che si aggiunge agli oltre 80mila profughi della zona di Ménaka, nella famigerata area dei “3 confini” (Mali, Burkina Faso, Niger), ormai sotto il quasi completo controllo dei miliziani dello Stato Islamico del Sahe.«Il ritiro dei caschi blu, insieme alle violenze contro i civili da parte delle forze armate maliane ha consentito ai gruppi jihadisti, in competizione tra loro, di raddoppiare il territorio che controllano in meno di un anno, approfittando dell’assenza e della debolezza del governo centrale» ha detto a France24 Wassim Nasr, esperto di jihadismo.
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