Maite Alberdi: «Ci sono molti modi di essere una coppia, bisogna cambiare le aspettative»
Berlinale 73 Intervista con la regista di «La memoria infinita», presentato nella sezione Panorama dopo aver vinto il premio per il miglior documentario internazionale al Sundance. Protagonista una coppia importante per la cultura cilena, che deve fare i conti con la realtà dell'Alzheimer
Berlinale 73 Intervista con la regista di «La memoria infinita», presentato nella sezione Panorama dopo aver vinto il premio per il miglior documentario internazionale al Sundance. Protagonista una coppia importante per la cultura cilena, che deve fare i conti con la realtà dell'Alzheimer
Quale rapporto c’è tra la memoria collettiva e quella individuale? Ce lo chiediamo guardando La memoria infinita della regista cilena Maite Alberdi, presentato nella sezione Panorama dopo aver vinto il premio come miglior documentario internazionale al Sundance. Al centro del film c’è una coppia che in Cile riconoscerebbero in molti: lui è Augusto Góngora, giornalista e scrittore, ha raccontato il suo Paese nei duri anni di Pinochet lavorando per media clandestini per poi diventare il responsabile dell’area culturale della televisione pubblica cilena. Lei, Paulina Urrutia, nota attrice e politica, è stata anche Ministra della cultura. L’amara ironia vuole che Góngora, che tanto ha lavorato per tenere viva la memoria cilena, sta perdendo pezzo dopo pezzo i propri ricordi. Alberdi entra nella casa della coppia per mostrarci la loro quotidianità, raccontandoci la vita passata e quella presente, in cui non mancano momenti di allegria né di disperazione e sollevando domande radicali sul senso dell’amore. «Nel nostro immaginario abbiamo sempre molte aspettative su ciò che una coppia dovrebbe essere, io credo invece che l’unica cosa che dovremmo aspettarci sia l’amore nella sua semplicità, i desideri spesso sono solo delle costruzioni» afferma la regista.
Nel film Augusto si ricorda gli slogan delle manifestazioni contro Pinochet, è come se quei momenti collettivi rimanessero più di quelli personali?
Credo che sia il dolore collettivo a rimanere di più. Le cifre significano poco, sono informazioni che non smuovono. È accaduto lo stesso durante la pandemia, con la comunicazione giornaliera del numero dei morti. Augusto invece nei suoi servizi e documentari cercava di far capire quanto le persone soffrissero. Le informazioni vanno perdute ma le emozioni rimangono.
In una scena l’ex giornalista ha paura di perdere i propri libri, come se fossero una materializzazione della memoria.
I libri per lui significavano vita sociale, una scusa per stare con gli amici o fare un’intervista. In uno dei suoi programmi televisivi, Bookshow, intervistava autori e autrici. Quindi sì, Augusto perde le informazioni contenute nelle pagine ma anche la vita sociale, le relazioni che c’erano insieme ai libri.
Cosa rappresenta per lei la figura di Paulina?
Ero intimidita da lei, è stata una grande Ministra della cultura. Ha deciso di portare avanti la sua carriera di attrice e allo stesso tempo di essere una caregiver, affermando: «Se nel corso della nostra vita non ci prendiamo cura di qualcuno prima o poi, non ci evolveremo mai come società». Bisogna mettere il proprio ego da parte ad un certo punto, io la ammiro molto per aver preso questa decisione con leggerezza, in maniera organica.
La struttura sociale contemporanea sembra a volte non prevedere la possibilità di prendersi cura dei propri cari.
È vero, per quanto mi riguarda la pandemia mi ha aiutata. Ho avuto un figlio poco prima del lockdown, che in Cile è durato quasi un anno, e vivere a casa per tutto quel tempo mi ha spinta poi a mettere dei limiti al lavoro. È qualcosa che dobbiamo imparare a dire chiaramente, non è una scusa per non fare, è parte della vita.
Pensa sia difficile immaginare il contrario, un uomo che si prende cura di una donna come Paulina fa con Augusto?
Sì, è difficile perché abbiamo sempre visto le madri prendersi cura e non viceversa. Il mondo deve cambiare ancora molto perché accada a parti inverse, anche in una coppia. Quanti uomini lo farebbero senza sentire che stanno rinunciando a qualcosa di importante per la propria vita?
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