Internazionale

«Mai più dittatura». La risposta dell’altro Brasile all’assalto

«Mai più dittatura». La risposta dell’altro Brasile all’assaltoIn piazza per Lula a San Paolo il giorno dopo l'invasione di Brasilia – foto Ap

Brasile Manifestazioni in tutto il paese a sostegno delle istituzioni. Lula incassa l’appoggio dei governatori e del "collega" Biden

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 11 gennaio 2023

Crolla la popolarità di Jair Bolsonaro, cresce il Prodotto interno lordo. Cresce anche l’inflazione, ma molto meno che altrove. In Brasile a due giorni dall’assalto organizzato dell’estrema destra ai palazzi delle istituzioni, le notizie sull’andamento dell’economia nazionale sembrano ostentare una sorta di normalità ritrovata. Insieme alle strade di Brasilia oggi bonificate dalla Polizia federale e alla ratifica notturna da parte del Parlamento del decreto che commissaria la sicurezza nella capitale.

LULA INCASSA anche l’unitario appoggio dei governatori di ogni schieramento e una convinta condanna dei «vandali e terroristi» da parte del presidente della Camera, Arthur Lima, che della campagna elettorale di Bolsonaro e del bolsonarismo istituzionale è stato un pilastro. Il leader del Pt – che promette di intensificare sensibilmente la sua agenda internazionale – ha pure ricevuto un’affettuosa telefonata di Joe Biden, al quale l’empatia nei confronti del suo compagno di sventure post-elettorali deve essere venuta naturale.

Non è poco e nell’immediato tutto concorre al rafforzamento di una presidenza nata debole, come sappiamo, per il risicatissimo vantaggio uscito dalle urne e per le radici estese del bolsonarismo più tossico che avvelenano il terreno della democrazia brasiliana. Ma è difficile pensare che dopo la retata degli invasori della Piazza dei Tre poteri (circa un terzo dei 1500 fermi sono stati confermati ieri) e dopo le teste delle autorità saltate tutto vada bene. Ricardo Capelli, il funzionario del ministero della Giustizia incaricato di prendere il controllo della situazione a Brasilia, ha parlato ieri di «strutturata azione di sabotaggio comandata dall’ex ministro di Bolsonaro, Anderson Torres, che ha lasciato la segreteria di Pubblica sicurezza senza direzione ed è fuggito all’estero».

TORRES, IN FLORIDA tanto quanto l’ex presidente, era stato già sollevato dall’incarico. Si fanno ora le pulci alle dichiarazioni dei redditi e ai conti dell’uno e dell’altro; si pubblicano gli elenchi dei proprietari (imprese private in larga maggioranza) del migliaio di veicoli multati per i blocchi stradali proto-golpisti che avevano bloccato il Paese subito dopo l’ufficialità dei risultati elettorali; si indaga sul torrente di informazioni false veicolate dalla rete Jovem Pan verso la base dell’estrema destra bolsonarista.

Si tratterà di vedere ora quanto il repulisti e l’accertamento delle responsabilità toccherà i settori delle Forze armate che aldilà delle dichiarazioni di facciata possono coltivare trame neo-golpiste alle spalle di Lula, rimpiangendo a tal punto i privilegi e i deliri di potenza che la presidenza dell’ex capitano comportava. Il capo del Supremo tribunale Alexander de Moraes non sembra esitare: «Le istituzioni – ha detto ieri – puniranno tutti i responsabili. Tutti. Chi ha commesso queste azioni, chi le ha finanziate, chi vi ha contribuito o le ha incoraggiate, attivamente o per omissione, perché la democrazia deve prevalere».

È più o meno la stessa piattaforma di richieste portata in piazza ieri da centinaia di migliaia di brasiliani, un fiume spontaneo di persone che dopo lo spiazzamento iniziale si è snodato dall’iconica Avenida Paulista di San Paolo verso tutto il paese.

LE SIGLE DELL’ATTIVISMO sociale, i partiti della sinistra si sono ritrovati tutti a urlare «Nessuna amnistia» e «Ditattura mai più». Con l’ intento di «battere il bolsonarismo nelle strade oltre che nelle urne», come urlava nel megafono un militante di Uneafro a San Paolo, dove non sono mancati i momenti di tensione quando un sostenitore dell’ex presidente – subito bloccato – è apparso tra i manifestanti impugnando una pistola ad aria compressa.

Bolsonaro, presenza sempre più ingombrante negli Stati uniti, ha annunciato in un’intervista rilasciata a Cnn Brasil che anticiperà il suo rientro, inizialmente previsto per fine mese. Dice che sta bene dopo il ricovero per ostruzione intestinale resosi necessario all’indomani dei fatti di Brasilia, che gli è pre toccato deprecare a mezza bocca: «Ero venuto a trascorrere un po’ di tempo qui con la famiglia, ma non ho avuto giorni tranquilli». Vallo a dire al suo successore.

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