Maggioranza Ursula: il peso dei Verdi sconfitti
Europee Lepenisti e Cdu i partiti più grandi dell'europarlamento. «Mai con l’Ecr di Meloni»: l’aut aut di socialisti, macronisti e Gruenen
Europee Lepenisti e Cdu i partiti più grandi dell'europarlamento. «Mai con l’Ecr di Meloni»: l’aut aut di socialisti, macronisti e Gruenen
Nel giorno seguente alla lunga notte elettorale, la situazione è la seguente: i tre partiti principali nel parlamento europeo – popolari, socialisti e liberali – hanno trovato l’intesa, i due grandi sconfitti sono verdi e liberali, che perdono dappertutto ma risentono soprattutto della disfatta in Germania i primi e in Francia i secondi. L’onda nera c’è, e arriva dai paesi più grandi e importanti – la delegazione del Rassemblement National è la prima a quota 30 seggi insieme a quella della Cdu tedesca, Fdi ne conquista 24 – eppure a Bruxelles si vede poco.
Almeno finora è così, dato che la maggioranza uscente prova a tamponare il colpo, rispondendo all’appello di von der Leyen per una coalizione centrata sui valori europei, ma esigendo in cambio che l’intesa escluda l’estrema destra di Meloni, oltre che quella di Le Pen.
La candidata capolista Ppe aveva già dichiarato che il gruppo dialogherà con socialisti del gruppo S&D (di cui fa parte la delegazione Pd) e liberali di Renew (con al centro i macroniani) con i quali ha lavorato finora. I colloqui di coalizione riprendono dunque da dove si è lasciato, consultando i partiti della vecchia maggioranza. E poi «la porta resta aperta per gli altri», a partire dai Verdi, ha ribadito von der Leyen parlando a Berlino insieme al leader della Cdu tedesca Friderich Merz. Ieri sera, tra l’altro, c’è stato un primo scambio di opinioni a porte chiuse che si è tenuto in videoconferenza tra i dirigenti popolari. L’incontro più di sostanza avrà luogo lunedì prossimo, a ridosso della riunione informale tra i leader dei Ventisette da cui si attendono importanti decisioni a partire dall’accordo sulla presidenza della Commissione.
Molto altro si muove nelle stanze dei gruppi parlamentari a Bruxelles. Oggi gli esponenti di Renew terranno la prima riunione all’indomani dell’emorragia di circa 20 seggi che ne segna inevitabilmente il cammino. Priorità, la costruzione di una coalizione «centrale, centrista ed europeista», fa sapere la capogruppo Valérie Hayer. Che sull’intesa possibile mette paletti, come hanno fatto anche i socialisti: «La nostra posizione è sempre la stessa: nessuno accordo con Ecr», che ricorda essere il gruppo non solo di Giorgia Meloni e del Pis polacco, ma anche di Reconquete, la formazione guidata da Eric Zemmour, in Francia. «È l’estrema destra e noi vogliamo preservare il cordone sanitario anche nel contesto del nuovo Parlamento europeo». Un aut-aut arriva anche dai socialisti, disposti a negoziare per la nuova maggioranza ma non ad allargarla a destra: «Se l’allargamento della piattaforma va verso Ecr, allora è senza di noi», avverte il segretario generale del Partito Socialista europeo Giacomo Fillibeck. «L’unica direzione potrebbe essere quella dei Verdi».
I Verdi appunto. Nascondere la sconfitta è impossibile e non lo fa nessuno, a partire dallo spitzenkandidat Bas Eickhout, che con i risultati a caldo aveva espresso «evidente delusione per i risultati di Germania e Francia». Il gruppo conquista 53 seggi: 18 in meno del 2019, che equivale alla perdita di circa un quarto del suo peso. I voti ambientalisti non dispiacerebbero certo non solo ai socialisti ma a tutta alla futura maggioranza, soprattutto se si aggiungessero senza richiedere una contropartita. Pronti ad «aiutare von der Leyen a raggiungere una maggioranza democratica», si dicono i Gruenen per bocca della capolista Terry Reintke. A patto che – anche loro, come liberali e socialisti – tengano lontani gli estremisti di destra. E che si negozi sulla continuazione del Green Deal, condizione non necessariamente gradita a diversi settori del Ppe.
Ma ci sono anche motivi per cui gli ecologisti possono sorridere. Oltre ai buoni risultati in Belgio, Lussemburgo ma soprattutto Svezia, gli occhi sono puntati su Avs in Italia. Se è certo che la lista di Bonelli e Fratoianni avrà diritto a 6 seggi nell’emiciclo di Strasburgo, due elementi rimangono al momento non precisati, anche a causa del complesso incrocio tra il sistema delle preferenze e quello delle candidature multiple (con possibile “effetto flipper”) nei cinque collegi elettorali in cui la penisola è divisa. Il punto è quindi non solo capire chi sono gli altri eletti, ma anche a quale gruppo parlamentare europeo si iscriveranno: se quello dei Greens oppure Left, che raduna i partiti di sinistra antagonista o radicale. Oltre a Ilaria Salis, anche Mimmo Lucano dovrebbe aderire al gruppo di sinistra. Ai Verdi si inscriverebbero con buona probabilità sia Ignazio Marino che, in caso fosse eletto, Leoluca Orlando. Grande incertezza invece per gli altri due seggi, che a seconda dei nomi potrebbero aggiungersi all’uno o all’altro gruppo, o essere equamente riparti a entrambi.
Qualcosa si muove, quindi, anche a sinistra. Dal gruppo Left trapela che ci sarebbe interesse verso Bsw di Sahra Wagenknecht, il partito nato da una scissione della Linke che ha eletto 6 eurodeputati ed è ora in cerca di affiliazione politica a Strasburgo. Non a caso li corteggia anche Giuseppe Conte, dato che i 5S, dopo l’addio dell’alleato Farage, rimangono da anni fuori dai gruppi parlamentari europei.
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