Macron e Scholz travolti dai problemi. Di eurobond nessuno vuol più parlare
Ue Proposti da Parigi e Berlino 4 mesi fa, ma tutto è cambiato. Stretto nelle mani di Le Pen, Barnier può avviarsi verso una Frexit light, modello Ungheria
Ue Proposti da Parigi e Berlino 4 mesi fa, ma tutto è cambiato. Stretto nelle mani di Le Pen, Barnier può avviarsi verso una Frexit light, modello Ungheria
Al quadro proposto ieri da Mario Draghi, la sua «sfida esistenziale» della Ue schiacciata tra Usa e Cina che rischia una «lenta agonia», il gruppo europeo dei Socialisti e democratici (quello di cui fa parte il Pd) ha reagito affermando che il Rapporto è «un punto di partenza». Draghi è un tecnocrate, i politici sono chiamati a riempire di contenuti la sua analisi.
Per uscire dalla crisi del Covid era stato varato il NextGenerationEu, un piano di 750 miliardi, il presidente francese Emmanuel Macron l’aveva promosso, convincendo la Germania, che poi ha trascinato il fronte degli stati «formiche» a mettere in comune delle garanzie per i cosiddetti stati «cicale». Ma oggi, Francia e Germania stanno attraversando momenti di grave crisi. In Germania, Olaf Scholz è indebolito, la crisi dell’auto scuote l’economia, la coalizione semaforo traballa, l’Spd si squaglia a ogni appuntamento elettorale (locale), a favore di chi propone la chiusura, identitaria ma anche economica (estrema destra ma non solo).
La Francia in questi giorni guarda a se stessa e non alza lo sguardo all’orizzonte europeo. Ieri è circolata l’ipotesi di un revival del ministero dell’Immigrazione (c’era già stato un’inutile ma dannoso esempio del genere con Nicolas Sarkozy). Mentre in economia Michel Barnier si prepara a recitare la parte del Mario Monti francese: rimettere in sesto i conti in stile ragionieristico, con tagli netti al welfare visto che i repubblicani (Lr), parte della destra decisiva per tenerlo in piedi, non vogliono sentir parlare di aumentare le tasse.
La Francia ha 3.160 miliardi di debito, il servizio, cioè gli interessi su questo debito, rischia a breve di diventare la prima spesa dello stato, prima della pubblica istruzione. Michel Barnier primo ministro dovrà innanzitutto negoziare clemenza a Bruxelles, Parigi non diversamente da Roma è sotto sorveglianza per debito eccessivo e sarà in ritardo per presentare il bilancio 2025 e ridefinire la traiettoria di rientro del deficit al 3% (ora è al 5,6%, in aumento rispetto alle previsioni). Macron è ormai fuori gioco, ha perso la credibilità che dopo il Covid aveva permesso di far approvare il piano di rilancio. Barnier è nelle mani del Rassemblement National e l’estrema destra ha un suo piano anti-Ue: le economie di bilancio potrebbero riguardare non solo le politiche di integrazione ma anche i contributi di Parigi alla Ue. Il voto alle europee, che ha portato in testa l’estrema destra, è stato il primo passo di un Frexit, che sarà probabilmente light, sul modello dell’Ungheria di Orban, senza uscita brutale come il Brexit.
Mettere assieme le forze per investire nel futuro molto probabilmente non rientrerà nei programmi del Monti francese. Eppure Macron e Scholz, solo nel maggio scorso, a Mesemberg, avevano proposto un passo su questa strada, delineando la creazione di euro-bond: un nuovo prodotto finanziario europeo, nell’ottica di un’unione dei capitali, per investire nel rilancio economico e nella transizione verde.
In tutta l’Unione europea ci sono 32mila miliardi di risparmi, ma gli investitori istituzionali, come banche e assicurazioni, spesso investono negli Usa. Gli europei preferiscono restare sul sicuro, sono prudentissimi, solo il 15% dei risparmi è investito in azioni, contro il 45% negli Usa. Degli euro-bond potrebbero mettere in circolo questi capitali a vantaggio dell’economia europea e degli investimenti per il futuro, che riguardano anche il settore ricerca e sviluppo che potrebbe crea le basi della ripresa della competitività (e anche della qualità della crescita).
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