La Francia è in difficoltà in Africa, dopo l’espulsione della presenza militare francese dal Mali e dal Burkina Faso, il fallimento della lotta al jihadismo e con un’ostilità che si propaga nella popolazione verso Parigi, in particolare nelle ex colonie, anche fomentata da Mosca e dai mercenari del gruppo Wagner. Per rimediare, Emmanuel Macron propone «con profonda umiltà» una «nuova partnership» all’Africa, e promette una «diminuzione visibile» della presenza militare francese, che d’ora in poi sarà solo in «cogestione» con i governi locali.

 

Alla vigilia di un viaggio di cinque giorni da mercoledì in quattro paesi – Gabon, Angola, Congo-Brazaville, Repubblica democratica del Congo – Macron si presenta come mediatore per tutta la Ue, cercando una strada per una «relazione equilibrata, reciproca» con un continente che come «nessun’altra regione al mondo è messo a confronto a una sfida analoga», mentre è un «focolare mondiale della crescita». In Europa «la nostra crescita dipenderà sempre più dalla crescita africana». Macron intende difendere «la coerenza» dell’azione francese sul continente, che è messo di fronte a «una situazione senza precedenti», per «sicurezza, demografia, consolidazione degli stati, transizione climatica, offensiva del terrorismo, choc economici e geopolitici».

Alla vigilia della partenza, Macron offre un regalo: la Francia varerà una legge per «inquadrare» le nuove restituzioni di opere d’arte, dando un seguito all’impegno preso a Ouagadougou nel primo mandato (in particolare la restituzione al Benin di 26 opere del tesoro reale di Abomey). Il presidente francese non ritira la presenza militare, anche dopo lo scacco dell’operazione Barkane – i soldati francesi sono stati espulsi da Mali, Bukinama e da Bangui in Centrafrica – ma offre una logica diversa, con basi militari «cogestite» con i governi locali. Il presidente francese punta a costruire una «relazione equilibrata» e afferma che l’Africa non deve più essere un «terreno di competizione» tra potenze, una controffensiva contro la Russia e il gruppo Wagner, “un gruppo criminale” che si dedica solo a «proteggere i putschisti». Ma anche una reazione alla crescente presenza della Cina, della Turchia, dei paesi del Golfo e anche degli Usa. L’accresciuta presenza della Russia in questi paesi, mentre la guerra in Ucraina continua, trasforma questo viaggio in un tentativo di contrattacco geopolitico: «L’orso russo ha svegliato il gallo francese» commenta l’africanista Antoine Glaser.

Il viaggio di cinque giorni in Africa inizia dal Gabon, dove Macron sarà mercoledì alla sesta edizione del One Planet Summit, un’iniziativa di cui è stato l’iniziatore nel suo primo quinquennato. Quest’anno la discussione sarà sul destino delle foreste tropicali, 45% delle foreste della terra, 50% della biodiversità (Macron è stato invitato da Lula al prossimo summit sull’Amazzonia, alla fine di quest’anno). Le altre tappe sono l’Angola, il Congo-Brazaville e la Repubblica democratica del Congo.

Nei primi cinque anni all’Eliseo, Macron aveva privilegiato le relazioni con l’Africa anglofona. Adesso, c’è un ritorno, in parte, alla vecchia area della françafrique. Le tappe del viaggio sono criticate, per il tipo di regimi in carica: il Gabon e la Repubblica democratica del Congo sono in periodo elettorale (e le opposizioni locali manifestano scontento per la presenza del presidente francese, in Gabon la visita è vista come un appoggio al leader uscente Ali Bongo, da 14 anni al potere dopo essere succeduto a suo padre, eterno presidente), anche se l’Eliseo insiste sul rispetto della «neutralità».

Denis Sassou-Nguesso è da 39 anni alla testa dello stato congolese. In Angola, paese di lingua portoghese, la presenza francese è soprattutto economica, interessata al petrolio, con il gigante Total.