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Ma noi siamo sicuri che vogliamo la pace?

Ma noi siamo sicuri che vogliamo la pace?Un rally pro Palestina a Tehran sotto un murale di Ismail Haniyeh – foto Ap

Iran/Palestina Ogni volta che si può cambiare la storia dei rapporti tra l’Iran e l’Occidente avviene qualche cosa che lo impedisce. Come l’omicidio di Haniyeh a Teheran

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 14 agosto 2024

Ma noi siamo sicuri che vogliamo la pace? Durante la campagna elettorale, il neo- presidente Masoud Pezeshkian ha promesso un Iran più aperto al mondo per far uscire il suo paese dall’«isolamento» e ha promesso di rilanciare l’accordo sul nucleare per eliminare le sanzioni. Noto per le aspre critiche rivolte al regime a seguito della violenta repressione nel 2022 delle proteste di “Donna vita libertà”, si è dichiarato a favore della partecipazione attiva e paritaria delle donne in tutti gli ambiti della società e della politica.

In politica estera Pezeshkian ha espresso supporto all’intesa sul nucleare del 2015, da cui Trump è uscito unilateralmente nel 2018, e a differenza dei conservatori che lo hanno accusato di ingenuità, paragonandolo a Rohani per la fiducia riposta negli Usa, ha sottolineato la necessità di uscire dalla blacklist che monitora il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, allineando l’Iran agli standard internazionali.

Ed è così che alla vigilia del suo insediamento alla presidenza di questo politico, che possiamo definire riformista e sicuramente moderato, il suo ospite Ismail Haniyeh, il negoziatore di Hamas, viene fatto fuori dagli israeliani guidati dal premier Bibi Netanyahu. Non solo il governo di Israele ha fatto capire che non aveva intenzione di concludere una trattativa dopo Hamas ma ha pure azzoppato clamorosamente un politico iraniano che prometteva un cambiamento. Certo non siamo degli ingenui e sappiamo perfettamente che Pezeshkian è stato ammesso alle elezioni perché la repubblica islamica ha bisogno di un consenso ormai sempre più evanescente, sappiamo che non è lui a decidere della pace e della guerra ma chi detiene il potere sono la Guida Suprema Khamenei e i capi dei Pasdaran.

Eppure ogni volta che si può cambiare la storia dei rapporti tra l’Iran e l’Occidente avviene sempre qualche cosa che lo impedisce. Oppure ci siamo dimenticati che furono proprio l’Occidente e le monarchie sunnite del Golfo a finanziare la guerra di Saddam Hussein di invasione dell’Iran nel 1980? Tutti pensavano che l’Iran uscito dalla rivoluzione del 1979 sarebbe stato spazzato via. Siamo stati ancora noi a invadere l’Iraq nel 2003 dando il via al più grande terremoto del Medio Oriente. Dovevamo portare la democrazia e abbiamo precipitato il Medio Oriente in un caos infinito.

Ma quale lezione può mai trarre uno stato o un popolo della regione che vuole rimanere indipendente o ambire all’indipendenza, oppure, più semplicemente, sopravvivere? L’unica alternativa che offriamo è la sottomissione agli Usa o a Israele oppure a tutti e due.

Mentre il segretario di stato Blinken arriva nella regione per riattivare il negoziato su una Gaza incenerita e sanguinante, ci si chiede come si può salvare la pace evitando che l’Iran e gli Hezbollah libanesi attacchino Israele. Si moltiplicano gli appelli – così dicono ai media – alla moderazione della repubblica islamica.

Ma cosa aveva chiesto Teheran dopo l’assassinio di Haniyeh? Una riunione del consiglio di sicurezza dell’Onu che condannasse questa azione scellerata di Israele. Un semplice gesto di giustizia che avrebbe già probabilmente dato soddisfazione agli iraniani. E non c’è stato. Forse non avrebbe soddisfatto gli Hezbollah che il giorno prima dell’omicidio di Haniyeh hanno visto uccidere a Beirut dagli israeliani uno dei loro capi, Fuad Shukr.

Di questa sequenza omicida che di per sé costituisce un casus belli gli americani dicono di non essere stati informati. O mentono oppure sono dei folli visto che a Israele forniscono decine di miliardi di dollari di aiuti militari e che hanno pure applaudito, salve rare eccezioni, il recente discorso di Netanyahu al Congresso. Tutti ci auguriamo che la missione del segretario di stato Usa abbia successo ma quanti sono davvero disposti a credere nella sua buona fede? Ci credono così poco persino loro che hanno rafforzato la presenza militare nella regione con portaerei e un sommergibile nucleare, pronti a fare la guerra al fianco dello stato ebraico.

Mai però che dagli Usa o dall’Europa, compreso il nostro ineffabile governo, si levi una voce anche leggermente dissonante. Mai che si senta qualcuno parlare di sanzioni a Israele. A Netanyahu si chiede «moderazione» – come del resto la pretendiamo dall’Iran – con l’impercettibile differenza che a Israele continuiamo a fornire armi, aiuti economici e soprattutto l’inossidabile giustificazione che «Israele ha diritto all’autodifesa». In poche parole può impadronirsi della terra dei palestinesi, farla sua in violazione di ogni regola del diritto internazionale, può mandare i suoi sicari a uccidere chi vuole e ovunque vuole. E può decidere quando vuole della pace e della guerra: come scriveva qualche giorno fa Chiara Cruciati sul manifesto «ogni volta, che sia pure a tentoni, si avvicina la possibilità di un accordo il governo israeliano sgancia la sua bomba». Che bombe arriveranno domani? Iraniane, israeliane o Hezbollah? Sicuramente tra questi ordigni ci sono anche i nostri con il loro carico mortale di ipocrisia.

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