«Lux Aeterna», delle fiamme e del dolore
Cannes 72 Fuori concorso il film di Gaspar Noè che si apre su un catalogo di strumenti di tortura della santa inquisizione
Cannes 72 Fuori concorso il film di Gaspar Noè che si apre su un catalogo di strumenti di tortura della santa inquisizione
La luce eterna è quella divina e quella del cinema, entrambe inseparabili dalle fiamme infernali, dalle tribolazioni e il dolore: si apre su un catalogo di strumenti di tortura della santa inquisizione Lux Aeterna di Gaspar Noé, presentato fuori concorso a Cannes, e con le immagini del rogo dell’anziana «strega» di Dies Irae di Dreyer: l’attrice dovette passare due ore legata al palo affinché la scena del suo supplizio venisse perfetta. Una citazione del regista danese – chiamato per nome nel film di Noè come anche «Jean-Luc» e «Rainer W.», oltre a tutto il cast – spiega che il cinema deve trovare il modo di elevare ad arte un prodotto dell’industria. A che prezzo, e quale follia infernale si agita sul set, nel mondo brulicante dietro la macchina da presa?
Charlotte Gainsbourg e Beatrice Dalle, entrambe nel ruolo di se stesse, parlano sedute davanti al camino delle loro esperienze – con attori, produttori, sui set – finché non scopriamo che sono su un set anche loro: quello del primo film da regista di Beatrice, incentrato proprio su delle «streghe» postmoderne che vengono bruciate sul rogo. Dopo la stasi iniziale tutto è in perenne movimento fra stanze, camerini, lo studio dove è stato ricostruito una sorta di Golgota dove due modelle e Charlotte Gainsbourg – vestite con gli abiti di Saint Laurent, che ha commissionato il film di Noè – dovranno venire legate al palo per il rogo, ricreato su uno schermo alle loro spalle.
IN QUESTO labirinto di stanze Charlotte è inseguita da un ragazzo di Los Angeles che la vuole in un suo film, cerca di capire cosa sia successo alla figlia che si è fatta male a scuola, è interrotta da un critico che si dichiara suo ardente ammiratore, strattonata da un posto all’altro. Parallelamente – il film è quasi tutto in split screen – Beatrice scivola sempre più nella follia mentre il produttore cerca di sottrarle il film che sta girando per affidarlo a un altro regista. E il set sembra assumere una vita propria nel caos di comparse, imbucati, grida e litigi.
GIRATO come un documentario allucinato in cui si moltiplicano gli sguardi – la telecamera che tampina Beatrice, la macchina da presa del nuovo regista, la steadycam sempre in movimento che segue le protagoniste – Lux Aeterna ha la stessa qualità angosciante e allucinata di Climax e accumula in soli cinquanta minuti di durata l’essenza di un «incubo meraviglioso», quello del cinema. Portando deliberatamente oltre la soglia di tolleranza lo stesso coinvolgimento dello spettatore – investito dalle luci stroboscopiche che nel finale avvolgono Charlotte nel suo interminabile supplizio fra finzione e realtà.
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