L’Unione europea ritrovi la capacità di una mediazione di pace
Milano, manifestazione contro la guerra in Ucraina – LaPresse
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L’Unione europea ritrovi la capacità di una mediazione di pace

Rilfessioni La proposta di inviare armi all’Ucraina nasce dal lungo vuoto diplomatico. E inviarle è alternativo a ogni tentativo di fermare la guerra con un negoziato. O si fa una cosa o si fa l’altra

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 15 marzo 2022

Non c’è dubbio che in questa guerra l’aggressore sia l’esercito russo e che la resistenza armata è una più che giustificata risposta. Ma allora se le cose stanno così, perché non mandare armi al governo e ai combattenti ucraini che le chiedono?

Perché mandare armi è alternativo a qualsiasi tentativo di far cessare la guerra con un negoziato. O si fa una cosa o si fa l’altra. È falso che una resistenza più forte migliorerebbe la posizione dell’Ucraina in un negoziato. È vero il contrario. Come e quando può cessare questo conflitto?

Con la resa del governo ucraino e l’instaurazione di un governo fantoccio? Altamente improbabile. Con un’occupazione del paese destinata a protrarsi in presenza di una resistenza armata che continuerà a dar del filo da torcere? Putin non può accettare una prospettiva del genere senza adottare i metodi con cui ha a suo tempo raso al suolo in Cecenia Grozny. Ma è difficile che ciò possa avvenire nel cuore dell’Europa senza coinvolgere in modo molto più intenso i suoi veri avversari, cioè la Nato: aprendo le porte a una guerra mondiale.

O si punta al logoramento di Putin, nella speranza che si faccia strada una alternativa disponibile a trattare (non solo con l’Ucraina, ma con chi ne ha fatto da tempo la posta di un confronto molto più ampio)? O, ancora, si spera che la guerra logori talmente la coesione della Federazione Russa da trasformare il suo immenso territorio in centinaia di Libie, Iraq, Sirie?

Ma come nasce la proposta dell’invio di armi? Dalla mancanza di un serio tentativo di mediazione che infatti spinge a ripiegare sull’invio di armi senza interrogarsi sulle conseguenze. Manca la mediazione – la proposta di una soluzione che accontenti, anche senza soddisfare, entrambe le parti, ma evitando “umiliazioni” – perché manca il mediatore. Che non può che essere l’Unione europea; che però non può assumere quel ruolo perché la sua politica estera è completamente sdraiata sui dictat e gli interessi degli Stati Uniti.

Così, per colmare il vuoto, quel ruolo è stato trasferito su Stati come la Turchia (che ha poco da mediare, dato che da anni infligge al Rojava lo stesso trattamento di Putin all’Ucraina), o Israele (dove il bombardamento dei Palestinesi è permanente) o la Cina, che su indipendenza e neutralità delle sue minoranze interne è anche peggio.

Né può assumere quel ruolo un singolo Governo dell’Ue, perché la prima mossa diplomatica da compiere non è verso Putin o Zelensky, ma verso l’Unione europea: per esigere una posizione coerente con gli interessi dei suoi popoli; che sono la pace e non il confronto armato con la Russia. Mediatore può essere solo chi fin dall’inizio ha una posizione di terzietà.

Inoltre, solo una parte veramente terza potrebbe rilanciare dei corpi di pace e interposizione da mandare a sedare il conflitto. Per farsi ammazzare dagli uni e dagli altri? No. Abbiamo visto in TV cittadini e cittadine a cui va la nostra ammirazione, mettersi, disarmati, di fronte ai carrarmati. E senza aspettarsi risultati risolutivi, quanto più efficace sarebbe un’iniziativa di interposizione organizzata, con la copertura di una parte effettivamente terza?

Ma dobbiamo chiederci di più: fino a che punto il crescente potenziale bellico “convenzionale” non sconfina in quello nucleare, sempre più smisurato il primo e sempre più miniaturizzato, in vista di un suo uso “tattico”, il secondo? Non si riduce così ogni soluzione di continuità tra un kalashnikov e la bomba H? E se Putin fa paura, perché, a detta dei media, è pazzo, quanto pazzi sono anche i generali della Nato? Peraltro, il rischio di passare quel confine rende inefficaci anche gran parte degli arsenali convenzionali.

Così gli Usa non possono utilizzare l’arsenale convenzionale della Nato, di cui hanno fatto sfoggio con continue esercitazioni ai confini con la Russia negli anni scorsi, perché metterlo in campo aprirebbe un confronto tra potenze nucleari. Si devono limitare a contrabbandare un po’ di armi tradizionali, o, meglio a farlo fare ai loro alleati europei, che possono così vantarsene: in attesa di sostituire (ma ci vogliono anni!) il gas russo con cui stanno finanziando la guerra contro l’Ucraina…

Nel frattempo, a venir cancellate non sono solo città e vite ucraine, ma soprattutto il tentativo di far pace con la Terra. C’è la guerra! Largo a carbone, gas, trivellazioni; e nucleare. Fingendo di ignorare che il nucleare civile senza quello militare non si regge. Ma che anche il nucleare militare non funziona senza quello civile (Macron). E questo mentre le centrali nucleari ucraine, investite dalla guerra, stanno mettendo in forse la sopravvivenza stessa di mezza Europa.

È ora che, almeno qui da noi, i duellanti rimettano le spade nel fodero. La popolazione europea si è divisa, con toni sempre più accesi, prima sui profughi; poi tra sì-vax e no-vax; e oggi, gli stessi toni ritornano tra favorevoli e contrari all’invio di armi, quando il vero problema è restituire all’Unione europea una capacità di iniziativa per la pace.

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