Le parole sono del portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovacs, ma gran parte dei concetti sono gli stessi che siamo abituati ad ascoltare dalla destra italiana. «Dobbiamo chiarire che nessuno, nessun gruppo di estrema sinistra, dovrebbe vedere l’Ungheria come una sorta di ring di pugilato dove venire e pianificare di picchiare qualcuno a morte», scrive dunque Kovacs su X, e sembra di ascoltare uno dei tanti parlamentari della maggioranza che si lamentano del fatto che il caso di Ilaria Salis – detenuta a Budapest da 13 mesi – abbia fatto tanto rumore nell’opinione pubblica europea, soprattutto dopo le immagini del suo ingresso in aula di tribunale ammanettata, incatenata e tenuta al guinzaglio da una guardia.

KOVACS poi arriva a tirare in ballo e il governo italiano, anche se nessuno da quelle parti è intervenuto sul serio in favore di Salis. Chi qualche parola in più l’ha detta, bollando tra le altre cose il sistema ungherese come distante da quello europeo, è il presidente della Repubblica Mattarella. «Nessuna richiesta diretta da parte del governo italiano (o di qualsiasi altro importante organo di informazione) al governo ungherese renderà più semplice difendere la causa di Salis – prosegue il portavoce nel suo lungo post -, perché il governo, come in qualsiasi altra democrazia moderna, non ha alcun controllo sui tribunali». Su questo punto, in realtà, ci sarebbe da discutere: le riforme della giustizia volute da Orbàn negli ultimi anni hanno avvicinato di molto il potere giudiziario a quello esecutivo. Poi, nonostante il processo per le presunte aggressioni ai neonazisti di un anno fa sia ancora in corso, Kovacs sembra poi avere idee ben precise e cita a proposito le (minacciose) parole di qualche settimana fa del ministro degli Esteri Péter Szijjßrtó: «Non si è trattato di un crimine commesso per capriccio ma di un atto ben ponderato e pianificato. Hanno quasi ucciso delle persone in Ungheria, e ora lei è dipinta come una martire».

IN ITALIA, mentre il governo prosegue nel suo silenzio (dopo aver suggerito di chiedere i domiciliari in Ungheria e aver visto questa linea infrangersi in tribunale, a dimostrazione del fatto che gli sbandieratissimi sforzi diplomatici non sonoo serviti a niente), il padre di Ilaria, Roberto Salis, accusato da Kovacs di star facendo «il giro dei media europei», mastica amaro: «Il processo è già stato fatto, il verdetto è già stato emesso. Quando c’è un politico che se la prende con un privato cittadino di un altro stato è chiaro che c’è qualcosa di incredibile». Vero è che il percorso giudiziario ungherese, sin qui, non ha riservato grandi sorprese rispetto a quanto ci si aspettava: per aggressioni con lesioni guaribili in meno di una settimana, Ilaria Salis rischia fino a 24 anni di prigione, e la mossa della procura è stata quella di offrire un patteggiamento a 11. Un po’ troppo per accuse che in Italia – come certificato dal respingimento della richiesta di consegna di Gabriele Marchesi (accusato degli stessi fatti) da parte del tribunale di Milano all’Ungheria – sarebbero di lesioni lievi o addirittura lievissime. Reati per cui si procede soltanto dietro querela di parte (che in Ungheria peraltro nessuno ha mai presentato) e per i quali è rarissimo che si vada a finire in carcere. La prossima udienza, per Salis, è fissata al 24 maggio, con l’audizione dei testimoni dell’accusa, tra cui i neonazisti che sarebbero stati aggrediti per nel febbraio del 2023, nei giorni in cui a Budapest le estreme destre europee si riuniscono per celebrare le azioni militari delle SS durante la Seconda guerra mondiale.

IN OCCASIONE di questa udienza, si discuterà nuovamente anche della concessione degli arresti domiciliari all’italiana: la settimana scorsa la richiesta è stata respinta, ma la difesa ha impugnato il provvedimento. Secondo l’avvocato italiano Eugenio Losco, però, le possibilità che la richiesta di uscire dal carcere venga accolta sono assai scarse.