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L’Ungheria e i tormenti da Recovery Fund

L’Ungheria e i tormenti da Recovery FundIllustrazione – Costanza Fraia

Visegrad e oltre La rubrica sui populismi a cura di Massimo Congiu

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 27 luglio 2021

Lo sappiamo, il governo ungherese è nell’occhio del ciclone per la legge anti-Lgbtq. Questa legge che le autorità di Budapest dicono di aver concepito unicamente per tutelare l’educazione sessuale e la stabilità psicologica dei più giovani ha indignato i vertici dell’Ue. Al summit dei capi di governo che si è svolto a Bruxelles a fine giugno il governo ungherese si è trovato sul banco degli imputati: il premier olandese Mark Rutte ha chiesto al suo omologo magiaro di predisporre la procedura di uscita dall’Unione attraverso l’articolo 50 del Trattato, proprio come già fatto da Londra.

La disposizione adottata dal Parlamento ungherese il mese scorso viola la Carta europea dei diritti fondamentali, così la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione che lascia a Budapest due mesi per dare una risposta. Sappiamo anche che per ora la risposta è un referendum su questa legge.

Lo accusa a sua volta di aver fatto spiare giornalisti indipendenti e politici dell’opposizione in modo illecito, di essersi inventato una nuova guerra contro Bruxelles sotto forma di referendum e di aver fatto un nuovo passo falso in termini di Recovery Fund (RF) a causa della corruzione dilagante nelle alte sfere.

È infatti noto che la Commissione europea ha sospeso una valutazione positiva sul piano di resilienza del Recovery Fund che prevede per l’Ungheria 7,2 miliardi di euro. Il punto è che non sarebbero sufficienti le misure precauzionali per evitare irregolarità nell’uso di questa somma. Secondo un articolo comparso di recente sul settimanale ungherese di politica ed economia HVG, firmato da Zoltán Farkas, il primo ministro Orbán aveva già in partenza impostato male lo scambio con i vertici dell’Ue sulle questioni riguardanti il Recovery Fund. E non è cosa da poco considerando l’importanza che i fondi comunitari hanno avuto e hanno tuttora per il paese.

C’è infatti da considerare che la stragrande maggioranza degli investimenti interni nei settori industriale, turistisco, infrastrutturale è dovuta a questi finanziamenti. Va inoltre tenuto conto del fatto che ciò che Budapest riceve dall’Ue supera la misura del contributo ungherese al bilancio comune.

L’opposizione auspica sanzioni comunitarie contro il governo Orbán, ma contemporaneamente teme per i risvolti negativi ai danni della popolazione in termini di fondi sospesi.

Nel suo articolo, HVG fa presente che uno degli aspetti più criticabili del piano pensato dal governo per ciò che riguarda l’uso del RF è quello relativo al rinnovamento del settore universitario. La bozza, fa notare HVG, non menzionava il fatto che il comparto sarebbe praticamente finito in mano a fondazioni private con a capo figure gradite al governo e che verrebbero inseriti nei vari consigli di amministrazione solo personaggi rientranti nei sistemi clientelari del partito governativo Fidesz. Sia per le politiche attuate in ambito universitario che per le pesanti ingerenze del potere nelle scuole, quello dell’istruzione, in Ungheria, è un mondo in sofferenza. Non è l’unico, però.

Che dire della sanità? La bozza del piano di risanamento per questo settore prevedeva 300 miliardi di fiorini per „aggiustare la situazione salariale dei medici”. C’è da tenere conto del fatto che il personale medico e paramedico è una delle categorie che tende più facilmente a lasciare il paese per andare a cercare altrove migliori condizioni di lavoro. Secondo il KSH (Központi Statisztikai Hivatal, Ufficio Centrale di Statistica), nel periodo compreso fra il 2010 e il 2016 circa 5.500 medici hanno lasciato l’Ungheria per dirigersi verso paesi dell’Europa occidentale e beneficiare di migliori stipendi e più alti livelli di vita. Altro c’è da fare ancora in ambito infrastrutturale, nel miglioramento dei trasporti secondo criteri rispettosi della tutela ambientale e in vari altri settori. C’è un paese che aspetta e che intanto è prigioniero dei frequenti scontri fra il governo e Bruxelles.

Intanto, parlando con organi di stampa locali, Orbán ha affermato che il motivo per cui il pagamento dei fondi spettanti all’Ungheria sarà ritardato di mesi e forse non avverrà proprio, è legato a controversie „politiche e ideologiche” tra Budapest e Bruxelles sulla legge anti-Lgbtq. „I pagamenti dei fondi relativi al piano spettano all’Ungheria, ma il governo li accetterà solo se la Commissione europea non solleverà condizioni non applicate ad altri paesi membri e se l’Ue rispetterà i diritti dei genitori nell’educazione sessuale dei figli”, recita una risoluzione governativa. In ogni caso Budapest fa sapere di voler avviare i programmi previsti con quei fondi, „sia se i pagamenti europei arriveranno, sia se non”.

Nel mentre l’opposizione osserva, critica e affila i coltelli per le elezioni del 2022. Farà comunque bene a non sottovalutare l’avversario che oggi, si dice, è in affanno. Ma, attenzione!

 

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