Fidesz e i conservatori Ecr sempre più lontani
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Fidesz e i conservatori Ecr sempre più lontani

Visegrad e oltre E pensare che fino a non molto tempo fa il partito Fidesz di Viktor Orbán sembrava dovesse diventare un importante alleato dell’Ecr (Conservatori e Riformisti Europei) o addirittura un suo […]
Pubblicato circa un mese faEdizione del 8 settembre 2024

E pensare che fino a non molto tempo fa il partito Fidesz di Viktor Orbán sembrava dovesse diventare un importante alleato dell’Ecr (Conservatori e Riformisti Europei) o addirittura un suo membro, ad alcuni anni dalla separazione dal Ppe.

Ora, invece, si ha l’impressione che l’Ecr voglia scaricare la forza politica che da quattordici anni governa l’Ungheria ininterrottamente, soprattutto per le scelte fatte dall’esecutivo danubiano nel frangente della guerra russo-ucraina e sul piano dei rapporti con Mosca.

La posizione assunta in tale complesso di cose da Orbán e dai suoi ha contrariato non poco vertici Ue e leader degli stati membri, questo è ormai noto. È noto anche che queste scelte da parte del governo di Budapest hanno creato un po’ di vuoto intorno all’Ungheria all’interno del Gruppo di Visegrád, almeno fino al ritorno di Robert Fico sulla poltrona di primo ministro slovacco.

I due premier, come sappiamo, condividono diversi aspetti di politica internazionale, la vedono in modo molto simile in ambito migranti e rispetto alla crisi che vede protagoniste Russia e Ucraina. Protagoniste dirette, d’accordo, ma in effetti il filo conduttore in questa situazione passa per questa edizione aggiornata del confronto fra Est e Ovest, fra Russia e Occidente atlantico, con tutto quel che comporta il riproporsi di questo schema.

All’Ue e al mondo atlantico non sta bene che l’Ungheria di Orbán cerchi di stare con i piedi in due staffe. Il premier arancione rivendica il diritto di stringere le alleanze più proficue per il suo paese, soprattutto la libertà di stare e dialogare con chi vuole.

Bruxelles tiene ancora congelato il grosso dei fondi comunitari spettanti a Budapest; lo fa perché giudica lesive dello Stato di diritto determinate politiche attuate dal governo ungherese.

Quest’ultimo accusa l’Ue di aver dato luogo a una sentenza politica volta a punire un sistema che non accetta intromissioni esterne e cerca di sopperire alla mancata erogazione dei fondi Ue stringendo accordi con Mosca e Pechino.

Il problema per Bruxelles sta a monte: se Budapest non facesse certe scelte le relazioni fra le parti non sarebbero così tese e non si arriverebbe al blocco delle somme destinate allo Stato danubiano. Un affare forse semplice soprattutto in apparenza e complesso nella sostanza.

La proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso è venuta giù col posizionamento del governo ungherese a fronte del conflitto prima menzionato e con le mosse compiute da Orbán nel solco dei suoi buoni rapporti con Putin.

L’esempio più recente è dato dai visti di lavoro facilitati previsti per russi e bielorussi oltre che per altre nazionalità. L’ultimo articolo uscito nell’ambito di questa rubrica ha fatto riferimento al duro giudizio dell’Ecr nei confronti di Orbán.

Esso è stato espresso recentemente in un articolo uscito sul sito della formazione politica europea di cui fa parte Fratelli d’Italia e che è presieduta proprio da Giorgia Meloni. In questo scritto l’Ungheria viene definita nel titolo “Il cavallo di Troia della Russia nell’Ue”.

Secondo l’articolo, scritto da Eugen Olariu, il programma che ha lo scopo di semplificare la prassi relativa al rilascio dei visti di lavoro e di ingresso nel paese a cittadini russi e bielorussi “permetterebbe a potenziali agenti di spionaggio di entrare nell’Ue”, e “porterebbe a suscitare polemiche e a creare l’impressione di una mancanza di unità tra gli stati membri dell’Ue”.

Come già precisato in questa rubrica, Budapest afferma che questo programma risponde unicamente a necessità economiche, ma viene obiettato che l’Ungheria è parte dello Spazio Schengen e che chi entra nel paese può in un secondo momento muoversi a suo agio verso tutte le altre destinazioni del blocco.

Chissà quanti, nell’Ue, immaginavano, nel 2010 e dintorni, che si sarebbero aperte lacerazioni di questo genere nel tessuto europeo. Probabilmente cascare dalle nuvole, oggi, è fuori luogo o per lo meno poco serio.

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