Non ha fatto in tempo a festeggiare il 25 aprile e il Primo Maggio. Stefano Prosperi se n’è andato nella notte di sabato, tra le braccia della moglie Nunzia Di Matteo e della figlia Giorgia, dopo aver combattuto la sua ultima battaglia contro la malattia.

La sua morte era segnata nei referti, ma è una notizia che ci ha lasciati sgomenti e ci riempie di dolore perché Stefano era una di quelle persone che ti sembrano sempre giovani, nonostante gli anni che passano e nonostante l’aspetto esteriore, che inevitabilmente muta. A maggio avrebbe compiuto 77 anni, ma il suo fisico sempre più indebolito dal male e il suo spirito e la sua mente brillante sempre aperti a cogliere il nuovo sembrava fossero due realtà separate. Per questo ci sembra oggi assurdo che non ci sia più.

Aveva cominciato a fare politica da ragazzo, negli anni Sessanta, tra le fila dei giovani comunisti di Montesacro e Valle Melaina, quartiere popolare e antifascista di Roma, ma presto si rese conto che il suo destino sarebbe stato quello di dover combattere non solo contro la destra e il potere, ma anche all’interno della sinistra per un necessario rinnovamento.

Così partecipò alle prime esperienze dei collettivi de Il Manifesto e la sua esperienza divenne parallela, ma anche distinta – perché radicata nelle iniziative sociali – rispetto a quella dei fondatori della rivista prima e del quotidiano comunista, poi. Il suo riferimento politico e umano all’interno del gruppo che venne espulso dal Pci per “eresia” fu Aldo Natoli, dirigente comunista allergico alle scorciatoie parlamentari, che ci ha insegnato l’importanza di un’azione politica da far crescere (anche con lentezza) in mezzo alle persone.

Questa fu la scelta che portò Stefano al rilancio del Circolo Culturale di Montesacro (che era nato intorno al ’64 per iniziativa del Pci e del Psi di zona) e poi dei collettivi dei lavoratori edili di Roma (anni Settanta). Una storia lunga che si è inevitabilmente trasformata nel tempo, ma che ancora vive nel Terzo Municipio.

Nella sala del Circolo sono passati nomi illustri che qui sarebbe troppo lungo elencare : da Umberto Terracini a Pier Paolo Pasolini, da Ignacio Lula Da Silva (allora leader sindacale) a Rigoberta Menchù, premio Nobel per la Pace. Nelle sale di Montesacro, dal 1987 al 1995, si è lavorato a Il Passaggio, rivista di dibattito politico culturale, che ebbe come mission editoriale la rivisitazione dei grandi paradigmi.

Biologo, Stefano aveva ereditato dal padre, chimico, un laboratorio di analisi cliniche che seppe trasformare dai pochi alambicchi degli anni del dopoguerra ad una struttura moderna che ha dato lavoro a tanti giovani. Comunità professionale legata alla comunità dei giovani del Circolo, che sapevano fare politica e divertirsi in un’unica soluzione.

Per noi è stato prima di tutto una guida umana. La formazione scientifica gli tornò utile anche nell’azione politica e nella sua attività di scrittore: ha lavorato con altri autori sulle figure semisconosciute della Resistenza dell’Oltre Aniene e sulla Guerra d’Etiopia (1935-36), attraverso la storia del padre che tornò trasformato dal conflitto coloniale.

Ma decine di pagine di analisi politica sono rimaste finora inedite, come le sue poesie che ci aveva nascosto fino alla pubblicazione di una raccolta (“La pioggia non cancella”) che è stata commentata da Ennio Calabria. Negli ultimi anni si stava cimentando con la ricostruzione dell’esperienza storica del Circolo all’interno della grande storia della sinistra. Un lavoro incompiuto. Spetta a noi proseguirlo perché “insieme possiamo camminare, lasciando le nostre orme, impresse, la pioggia, quando saremo passati, non le cancellerà”. Ciao Stefano. Grazie.

* * * Circolo Culturale Montesacro

Un forte abbraccio alla moglie Nunzia Di Matteo, alla figlia Giorgia e a tutti coloro che gli hanno voluto bene dal collettivo de Il manifesto