«La situazione tra Russia e Ucraina è di grave stallo, si deve negoziare». A dirlo è il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, il quale ha anche esortato le parti a «sedersi al tavolo del negoziato e ad arrivare a un accordo».

Le dichiarazioni dei vertici di Minsk vanno sempre interpretate tenendo a mente che si tratta del principale alleato del Cremlino, quasi di una propaggine occidentale della Federazione russa. Ma in un momento così delicato per il conflitto in Ucraina, Lukashenko si fa portavoce di un’istanza che, seppure non ha nulla a che fare con il pacifismo, rima con la necessità di cessare il fuoco. Il perché è semplice: i due eserciti non avanzano. La controffensiva ucraina ha esaurito la sua spinta propulsiva e dopo 5 mesi di scontri sanguinosi non ha portato a un cambio sostanziale degli equilibri sul campo. Inoltre, la riesplosione del conflitto tra Israele e Palestina ha spostato nettamente l’attenzione della comunità internazionale verso il Medio-oriente. Entrambi questi elementi giocano a favore del governo di Putin che ha tutto l’interesse a firmare una tregua mentre i propri soldati occupano abbastanza stabilmente poco meno del 20% del territorio pre-bellico di Kiev.

E infatti, il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha fatto sapere che: «Se si creeranno le condizioni necessarie, siamo pronti a discutere politicamente sia la soluzione postbellica della crisi ucraina sia i parametri di un’ulteriore coesistenza con l’Occidente su una base realistica». Dunque, tra le righe, Shoigu ha fatto capire ai paesi della Nato che nonostante i massicci invii di armi all’Ucraina Mosca non porta rancore. O meglio, che lo status quo conviene al Cremlino e che quindi quest’ultimo sarebbe ben felice di cristallizzare la situazione lungo i vari fronti ai confini attuali.

L’Ucraina, ovviamente, non può che essere contraria. Ma il dato significativo è che sia gli Usa, sia la Ue al momento mostrano di non essere affatto d’accordo con Mosca. «Il sostegno della Nato a Kiev continuerà» dicono dalla Casa bianca e da Bruxelles. L’unico apertamente allineato a Lukashenko è il premier ungherese Viktor Orban, per il quale «è ovvio che non c’è alcuna vittoria per i poveri ucraini sul campo di battaglia» e quindi una trattativa è obbligata.