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Luglio bollente da record, «conseguenze spaventose»

Turisti nell’estate bollente romana foto ApTuristi nell’estate bollente romana – foto Ap

Clima È stato il mese più caldo storia dell’umanità, certifica il bollettino di Copernicus. «È urgente ridurre le emissioni globali di gas serra, il motivo di questi ultimi dati»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 9 agosto 2023

Luglio 2023 resterà nella storia, almeno per i prossimi dodici mesi. Ieri è arrivata infatti la conferma delle anticipazioni diffuse da Copernicus, il servizio sul clima della Commissione europea: quello appena passato è il mese più caldo nella storia dell’umanità, a livello globale. «Si stima che il mese sia stato più caldo di circa 1.5°C rispetto alla media del periodo compreso tra il 1850 e il 1900» spiega una nota del Copernicus Climate Change Service. Stando a quanto precisato nel comunicato, «il mese di luglio 2023 è stato più caldo di 0,72°C rispetto alla media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 e di 0,33°C rispetto al precedente mese più caldo», che è stato il luglio del 2019.

IL PROBLEMA RIGUARDA la temperatura dell’aria ma non solo: anche le medie globali della superficie marina hanno continuato a salire, dopo un lungo periodo di temperature insolitamente elevate dall’aprile 2023, raggiungendo livelli record nel mese di luglio, spiega ancora la nota diffusa da Copernicus, precisando che «per l’intero mese, la temperatura media globale della superficie marina è stata di 0.51°C superiore alla media per il periodo compreso tra il 1991 e il 2020». In alcune aree del Mediterraneo, tra cui il Golfo di Taranto, si sono toccati i 30 gradi.

«Nel mese di luglio le temperature globali dell’aria e della superficie degli oceani hanno stabilito nuovi record storici. Questi record hanno conseguenze spaventose sia per le persone che per il pianeta, esposto a eventi estremi sempre più frequenti e intensi» ha commentato Samantha Burgess, che è la vicedirettrice del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus. «Il 2023 è attualmente il terzo anno più caldo fino ad oggi (il 2016 è il primo seguito dal 2022, ndr), con un aumento di 0,43°C rispetto alla media recente» ha rimarcato Burgess, sostenendo che il dato di luglio, anche se riguarda le misurazioni riferite ad un tempo limitato, «dimostra l’urgenza di sforzi ambiziosi per ridurre le emissioni globali di gas serra, che sono il principale motore di questi ultimi dati». In ogni caso, il divario tra il 2023 e il 2016 dovrebbe ridursi nei prossimi mesi, poiché gli ultimi mesi del 2016 sono stati relativamente freschi (riducendo la media annuale a 0,44°C), mentre il resto del 2023 dovrebbe essere relativamente caldo a causa dello sviluppo dell’attuale evento El Niño.

«Le notizie del mese più caldo mai registrato forse non dovrebbero sorprendere» ha commentato ieri Chris Hewitt, direttore dei servizi climatici presso l’Organizzazione meteorologica mondiale, durante il briefing con i media delle Nazioni Unite. Nessuna sorpresa per chi ricorda che l’ultimo rapporto annuale sullo stato del clima dell’Omm ha evidenziato come gli anni dal 2015 al 2022 siano stati gli 8 più caldi mai registrati, e questo è sulla scia di un chiaro riscaldamento decennale.
«Mentre continuiamo a vedere continui aumenti delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, questo riscaldamento a lungo termine continuerà e i record di temperatura continueranno a essere battuti» ha detto Hewitt. Non è, insomma, una questione di cicli, come spiegato ai leghisti dal ministro delle Infrastruttura Matteo Salvini solo pochi giorni fa.

TRA LE CONSEGUENZE dell’aumento globale delle temperature medie, uno degli effetti del cambiamento climatico, ci sono anche quelli relativi all’estensione del ghiaccio marino antartico, che ha continuato a battere i record negativi per il periodo dell’anno, con un valore mensile a luglio 2023 del 15% inferiore alla media, di gran lunga l’estensione più bassa dall’inizio delle osservazioni satellitari riferite al mese di luglio. Non sorprende, quindi, nemmeno osservare quello che è successo nei giorni scorsi in Alaska, ovvero un’inondazione causata dal collasso di un lago glaciale.

SECONDO UNO STUDIO pubblicato a febbraio da Nature Communications in tutto il mondo sono 15 milioni le persone a rischio, oltre la metà delle quali vivono in India, Pakistan, Perù e Cina. Il problema nel più settentrionale degli stati Usa è stata la rottura di un bacino laterale del ghiacciaio Mendenhall, a 20 chilometri a nord della capitale. Il fenomeno è collegato all’acqua intrappolata che fuoriesce attraverso le fessure nelle dighe di ghiaccio che si assottigliano, aumentando in modo quasi improvviso il livello dell’acqua. E la casa che crolla nel fiume in Alaska è una metafora della nostra società.

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