La Conferenza di Pace per l’Ucraina a Lucerna si è chiusa senza colpi di scena e con risultati al di sotto delle aspettative di Kiev. Dal Cremlino ribadiscono che l’unica via possibile alla pace è quella proposta da Vladimir Putin alla vigilia della kermesse e che esige, sostanzialmente, una resa militare di Kiev. Oggi il presidente russo sarà in Corea del Nord a 24 anni dalla sua ultima visita per un incontro istituzionale che incoronerà Kim Jong-un come nuovo alleato di ferro di Mosca e servirà alla firma di nuovi accordi economico-strategici. Il giorno dopo Putin proseguirà per Hanoi, in Vietnam, con grande fastidio di Washington che da anni è diventato il primo partner commerciale del governo vietnamita.

L’INIZIO di questa ennesima settimana di guerra per il governo ucraino è segnato dalle valutazioni sulla Conferenza di Lucerna. Nonostante il presidente Zelensky e la sua omologa svizzera, Viola Amherd, abbiano definito il summit «un successo», alla fine non si è riusciti a uscire da due giorni di dibattiti con un testo unitario. Il motivo principale della discordia tra i partecipanti è stata la questione dell’integrità territoriale dell’Ucraina. 12 Paesi su 92, infatti, hanno scelto di non firmare il comunicato finale. Tra questi India e Sudafrica che si trovavano già tra coloro che si erano astenuti sulla risoluzione Onu del 23 febbraio 2023 che chiedeva il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. Gli analisti ritengono che uno degli obiettivi principali di Zelensky fosse proprio quello di convincere questi stati reticenti, che tra l’altro sono membri del Brics insieme alla Russia. Ma alla fine la volontà di non sbilanciarsi troppo o, come per l’Arabia Saudita che pure si è astenuta, il tentativo di restare il più neutrali possibile ha prevalso. Proprio l’Arabia Saudita si è proposta come ospite del prossimo incontro diplomatico, al quale (come auspicano tutti i grandi presenti in Svizzera) parteciperà anche la Russia.

NEI PROSSIMI mesi, ha dichiarato Kiev, gli incontri per la definizione di un piano diplomatico congiunto con i partecipanti di Lucerna continueranno a livello ministeriale. Tuttavia, ipotizzando un’agenda che possa portare Putin e Zelensky a incontrarsi, il vertice di Lucerna non ha fatto registrare passi in avanti significativi, lasciando a quelli che il leader ucraino stesso ha definito «gli scettici» il compito di immaginare una road map alternativa.

Anche perché non si è discusso di una possibile soluzione post-bellica o delle speranze ucraine di aderire alla Nato in tempi brevi. I punti su cui ha insistito Kiev, invece, sono la sicurezza nucleare, ovvero il ritorno delle centrali e degli impianti nucleari ucraini «sotto il pieno controllo» dell’Ucraina; il rilascio dei prigionieri di guerra, dei civili e dei minori ucraini provenienti dai territori occupati che attualmente si trovano in territorio russo; il libero e sicuro accesso ai porti del Mar Nero e del Mar d’Azov al fine di poter ripristinare le rotte commerciali pre-belliche e (ultimo punto) assicurare così la sicurezza alimentare.

Nell’attesa di un passo concreto della diplomazia i due belligeranti continuano ad armarsi e a cercare alleanze strategiche. La delegazione russa a Pyongyang molto probabilmente firmerà nuovi accordi per le preziosissime munizioni da 152 mm di cui i magazzini del Paese asiatico sono pieni. In cambio Mosca continuerà a fornire petrolio, cibo e consulenza tecnologica al regime nordcoreano. Il quale di recente ha lanciato il suo primo satellite spia nell’atmosfera, lasciando agli occidentali il serio sospetto che sia tutto merito della collaborazione degli ingegneri del Cremlino. L’uscita di Putin dall’isolamento territoriale, nonostante il bando imposto dalla condanna della Corte penale internazionale, serve anche per dimostrare alla Cina che la Russia non fa affidamento unicamente sull’amicizia di Xi Jinping per aggirare le sanzioni occidentali.

INTANTO, in patria, Putin ha licenziato altri 4 viceministri della Difesa, continuando il repulisti iniziato ormai due anni fa e culminato nella nomina di un civile a capo del dicastero. D’altro canto, la Nato non intende stemperare l’escalation, almeno quella verbale. Secondo il quotidiano britannico Telegraph ieri il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che, nonostante sembri un paradosso, «la strada per la pace è rappresentata da più armi all’Ucraina». Stoltenberg ha anche fatto sapere che l’Alleanza atlantica «è in trattative per schierare più armi nucleari di fronte alla crescente minaccia da parte di Russia e Cina» e ha invitato gli stati membri a «far pagare alla Cina l’aiuto a Mosca».