L’ossessione bulimica dei decreti punitivi
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L’ossessione bulimica dei decreti punitivi

Leggi come spot Se proviamo ad elencare il numero di decreti legge e provvedimenti legislativi in genere su questo argomento, sapendo di sbagliare per difetto, emerge con chiarezza la totale incapacità di intervenire in maniera seria e giusta su un argomento così complesso
Pubblicato 6 giorni faEdizione del 28 settembre 2024

Il governo Meloni ha una palese ossessione per l’immigrazione. Certamente legata all’efficacia, sul piano del consenso, della campagna permanente d’odio contro le persone di origine straniera e le associazioni che si battono per i diritti umani.

Ma da questo ennesimo intervento legislativo emerge, come già dai precedenti, una quota importante di pressapochismo e confusione. Nessun governo mai, in Italia e forse in nessun altro Paese, ha legiferato così tanto e in maniera così cialtrona su un unico argomento.

In un decreto legge che dovrebbe implementare regole relative all’ingresso per lavoro, sono riusciti, secondo le bozze circolate e che non sono state approvate, a introdurre modifiche sull’applicazione della procedura accelerata alle frontiere, sulla disciplina riguardante le Ong che operano in mare ricerca e salvataggio e, addirittura, per aeromobili e droni che monitorano il mediterraneo per dare l’allarme in caso di rischio di naufragi.

Se proviamo ad elencare il numero di decreti legge e provvedimenti legislativi in genere su questo argomento, sapendo di sbagliare per difetto, emerge con chiarezza la totale incapacità di intervenire in maniera seria e giusta su un argomento così complesso.

A inizio 2023 il decreto per ostacolare le operazioni Sar delle Ong. Dopo poche settimane il decreto 20/2023, dopo la strage di Cutro, che punta a ridurre il diritto d’asilo, implementando la procedura accelerata e cercando di cancellare la protezione speciale, destrutturando il sistema di accoglienza e impedendo la conversione in lavoro della protezione speciale, cure mediche e calamità. A seguire l’aumento della lista dei Paesi sicuri, per i quali si può applicare la procedura di frontiera con garanzie molto minori e maggiore discrezionalità.

Subito dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, nonostante i numeri degli arrivi siano più bassi di quelli tra il 2015 e il 2017. A settembre, nel cosiddetto decreto sud viene aumentato il periodo di trattenimento nei Cpr e le strutture d’accoglienza straordinarie come quelle di trattenimento vengono assegnate al ministero della difesa, diventando così aree di pertinenza della difesa nazionale. Ancora a settembre 2023 viene introdotta la garanzia finanziaria per evitare il trattenimento per i richiedenti sottoposti a procedura di frontiera. Subito dopo il decreto che, tra le altre cose, abbassa a 16 anni l’età per accogliere i minori soli nei centri per adulti, insieme ad un abbassamento generale delle garanzie per i minori.

Contemporaneamente viene siglato un altro accordo con il governo tunisino, proprio mentre in quel Paese si scatena la caccia allo straniero e vengono cancellate gran parte delle garanzie democratiche introdotte dalla giovane costituzione.  Per arrivare all’accordo con l’Albania che segna una accelerazione senza precedenti nelle politiche di esternalizzazione delle frontiere, cancellando decenni di civiltà giuridica e di cultura dei diritti umani.

In questo 2024 tanti altri interventi, tutti con l’obiettivo di aggirare le convenzioni internazionali e le direttive europee, che i tribunali italiani, sempre oggetto di attacchi da parte del governo, sono obbligati ad applicare, cancellando alcune delle norme illegittime approvate dalla maggioranza. Quasi tutti i provvedimenti adottati producono maggiori difficoltà per la gestione ordinaria dell’accoglienza e introducono maggiori ostacoli per gli ingressi, rappresentando un regalo a trafficanti e criminalità.

Anche quest’ultimo intervento se dovesse essere approvato come da bozze, ed è difficile purtroppo sperare in rilevanti novità, introduce piccole modifiche di scarso impatto sulla questione principale per la quale è stato scritto, l’ingresso per lavoro, lasciando inalterata una procedura impraticabile di incontro tra domanda e offerta di lavoro a livello planetario. Si continuerà a fingere che le aziende e le famiglie, quelle 10mila nuove istanze di cui si parla per persone disabili, siano disponibili ad assumere lavoratori e lavoratrici che non conoscono e che sono dall’altra parte del mondo. Nonostante sindacati, aziende, associazioni abbiano più volte espresso la necessità, per il mondo del lavoro, di introdurre procedure trasparenti e praticabili, il governo si ostina a legiferare solo per fini elettorali e di consenso, non certamente nell’interesse del Paese.

Per Meloni, Salvini e compagnia questi interventi sono parte di quello che possiamo chiamare il loro business dell’immigrazione. Meriterebbe una attenzione diversa da parte delle opposizioni e delle forze democratiche, non solo in Italia.

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