Nonostante le dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che ancora ieri dichiarava di voler aprire i cantieri del Ponte sullo Stretto «entro la fine dell’anno», non c’è alcuna possibilità che ciò accada. Innanzitutto perché bisogna attendere i quattro mesi chiesti dalla società Stretto di Messina, che gestisce il progetto, solo per rispondere alla richiesta di integrazioni al progetto presentata a metà aprile dal ministero dell’Ambiente.

La commissione per la Valutazione d’impatto ambientale (Via), che è composta da 40 esperti, ha presentato 200 richieste di approfondimento rispetto al progetto definitivo presentato dalla società Stretto di Messina. Riguardano, tra le altre cose, la qualità dell’aria e la dispersione di inquinanti nel mare, la costruzione dei pontili del cantiere e la possibile deformazione della costa, la tutela della biodiversità, gli effetti dell’inquinamento acustico, delle vibrazioni dovute al passaggio di treni e auto, dei campi elettromagnetici dell’area e il rischio maremoto.

È stata chiesta anche un’integrazione dell’analisi dei costi e dei benefici, oltre a una descrizione più approfondita del contesto sociale ed economico per cui l’opera si considera necessaria, e sono state chieste più informazioni su come saranno organizzati i cantieri e gestito lo smaltimento delle terre e delle rocce di scavo. Inoltre, la commissione la commissione di esperti ha chiesto chiarimenti su decine di pagine del progetto che risultano illeggibili, piene di tabelle o testi in cui i caratteri sembrano messi a caso e sovrapposti. Il Post ha scritto che tutti i dati relativi allo studio sui flussi di traffico sono incomprensibili, probabilmente per una codifica sbagliata.

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Dopo che la società Stretto di Messina avrà presentato le integrazioni, non prima dell’autunno, la commissione avrà un mese di tempo per la valutazione definitiva, ma i tempi potrebbero aumentare ancora perché la vecchia commissione scade il 24 maggio e si dovrà attendere la nomina e l’insediamento della nuova, con una procedura che è stata già avviata e potrebbe richiedere alcuni mesi.

Una volta ottenuta la Via, il progetto definitivo dovrà ottenere l’assenso dell’Anas e di Rete ferroviaria italiana (Rfi), che sono le stazioni appaltanti e appartengono entrambe alle Ferrovie dello Stato. La richiesta dei fondi necessari sarà inviata ai ministeri competenti e alla Corte dei Conti, che dovrà valutare la reale disponibilità economica.

Solo dopo si potrà procedere con gli espropri e con gli abbattimenti, ma anche se si arriverà a questa fase i tempi non saranno brevi. Per costruire la prima delle due torri di 399 metri del Ponte sullo Stretto, a Torre Faro, nella zona a nord di Messina, dovranno essere espropriate e abbattute 250 case, due ristoranti, un chiosco sulla spiaggia, un residence con piscina, una panetteria, una macelleria, un motel abbandonato e il campeggio dello Stretto, anch’esso già dismesso. Altre aree dovranno essere espropriate per costruire le opere collegate al ponte, come la nuova linea ferroviaria e la metropolitana cittadina. A Villa San Giovanni, sulla sponda calabrese, sono previsti altri 150 espropri, tra case e terreni.

Se sarà accolto anche solo uno dei tre esposti presentati alle procure della Repubblica di Messina e di Reggio Calabria, e inviati pure alla Corte dei Conti, la realizzazione del Ponte si allontanerà ancora di più. Il primo esposto, a Reggio Calabria, è stato firmato dai comitati dei cittadini che perderanno la casa e dal Partito Democratico locale. Il secondo, a Messina, da quaranta tra avvocati, professori universitari e professionisti. Il terzo è stato presentato dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, dalla segretaria del Pd Elly Schlein e dal segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.

In realtà, una volta approvato il progetto esecutivo potranno partire solo le cosiddette opere propedeutiche, come bonifiche, indagini archeologiche, geognostiche e geotecniche e la predisposizione dei campi base.