Napoli, sport popolare: l’impegno nella comunità che le istituzioni «ostacolano»
Nei quartieri partenopei Lokomotiv Flegrea e Spartak San Gennaro: costruire legami seguendo ragazze e ragazzi anche nei loro percorsi familiari, scolastici e sociali
Nei quartieri partenopei Lokomotiv Flegrea e Spartak San Gennaro: costruire legami seguendo ragazze e ragazzi anche nei loro percorsi familiari, scolastici e sociali
La polisportiva popolare Lokomotiv Flegrea è stata attiva a Bagnoli dal 2013 al 2021. Il progetto includeva una squadra di calcio e una di basket per adulti, oltre a una scuola calcio per bambini e adolescenti fondata sull’idea di sport come diritto per tutti e tutte, quindi molto critica verso il sistema lucrativo su cui si fonda lo sport giovanile. Promuoveva attività a un prezzo sociale per più di cento giovani ogni anno, nel tentativo di costruire una comunità dentro e fuori dall’ambito sportivo. I ragazzi venivano seguiti anche nei loro percorsi familiari, scolastici e sociali. Gli educatori concepivano il proprio intervento in un’ottica politica, a titolo «militante» e gratuito.
Questa esperienza è terminata per l’esaurimento delle risorse economiche ma anche fisiche e mentali del gruppo. In otto anni di attività il lavoro della polisportiva è stato totalmente ignorato, quando non boicottato, dalle istituzioni: comune di Napoli, regione Campania, fondazione Banco di Napoli per l’Infanzia (proprietaria degli impianti sportivi dell’ex Base Nato di Bagnoli) non hanno mai risposto alle sollecitazioni affinché la Lokomotiv Flegrea potesse mettere gratuitamente o a un prezzo calmierato impianti sportivi pubblici a disposizione dei propri giovani atleti. Alcuni di quei ragazzi oggi vanno a scuola, all’università, altri lavorano o passano le proprie giornate in strada. Qualcuno è in carcere sull’isola di Nisida, a poche centinaia di metri da casa.
Lo Spartak San Gennaro è un’altra scuola calcio popolare della città, che svolge gratuitamente attività per decine di bambini del centro storico, tra Montesanto, i Quartieri Spagnoli e il Cavone. Si sostiene soprattutto attraverso raccolte fondi e donazioni volontarie. Anche in questo caso l’impronta educativa è basata sulla solidarietà tra bambini e bambine, sul coinvolgimento di tutti nella pratica sportiva indipendentemente dalle proprie abilità, sulla creazione di punti di riferimento per i più giovani anche fuori dal campo. Gli educatori dello Spartak non chiedono uno stipendio alle istituzioni, ma campi di calcio pubblici per poter offrire un contesto dignitoso ai propri giovani. Nonostante abbia vinto un bando pubblico per l’utilizzo di un campo nel quartiere Capodimonte, lo Spartak fino a questo momento non ne ha mai potuto usufruire, a causa di cavilli burocratici e di una elevata tassa annuale che gli viene richiesta dal Comune, equiparabile quasi al costo di un campo privato.
I bambini e le bambine di Lokomotiv Flegrea e Spartak San Gennaro hanno partecipato per anni, e tuttora partecipano, ai laboratori e le sfilate del carnevale sociale di Napoli. Nato a Scampia dal lavoro di Felice Pignataro, il carnevale si è diffuso nel corso degli anni in tanti altri quartieri grazie all’impegno di decine di attivisti che condividono con i più giovani percorsi basati sulla creatività, la derisione del potere, la denuncia delle ingiustizie. Il culmine del carnevale, gioioso ma serissimo, è un fuoco liberatorio, rito ancestrale durante il quale le maschere e i mostri a cui i bambini stessi hanno dato vita vengono dati alle fiamme, in un momento di purificazione e ripartenza, occasione per fare tabula rasa dei problemi e provare a ricostruire un futuro.
Da qualche anno, con la scusa della sicurezza e del decoro, il comune di Napoli, la polizia municipale e tutte le forze dell’ordine della città in assetto di guerra, si adoperano per impedire l’accensione del fuoco finale in piazza del Gesù, minacciando denunce per gli organizzatori adulti che si prendono la responsabilità di tutelare i bambini dal pericolo, esattamente come fanno (ignorati da tutti) per il resto dell’anno.
L’intervento educativo di base ha una lunghissima tradizione a Napoli. A differenza delle imprese sociali e di altri enti del terzo settore, i gruppi di attivisti che provano a seguirne il solco non chiedono soldi e corsie preferenziali, né perseguono logiche aziendali e di «sviluppo»; provano, piuttosto, a promuovere attraverso le pratiche, e insieme ai ragazzi, una visione critica del mondo che ci e li circonda. Impossibile, probabilmente, pensare allora che le istituzioni possano valorizzare questo tipo di esperienze. Sarebbe tuttavia dignitoso che almeno non ostacolassero gli sforzi di chi dedica una parte importante del proprio tempo a lavorare con coscienza con i più piccoli abitanti della città, senza proclami e interviste, manifestazioni e fiaccolate dopo ogni tragedia annunciata.
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