Giornalista, avvocata, ricercatrice all’università di Messina, direttore amministrativo del tribunale di Velletri, Giusy Caminiti è sindaca di Villa San Giovanni dal 2022, alla guida di una lista composta soprattutto da persone che vengono dal mondo dell’associazionismo laico e cattolico. È la prima donna a rivestire la carica in questo esteso comune sulla costa reggina. Da qui dovrebbe partire la costruzione del ponte sullo Stretto. Caminiti è tra i pochi sindaci calabresi ad aver espresso da subito la contrarietà alla «grande opera». Nel 2023 subì un grave atto intimidatorio: i soliti «ignoti» incendiarono il portone del suo studio professionale. Un attentato doloso su cui la procura ha aperto un fascicolo.

Sindaca, già per la sua biografia, avrebbe pieno titolo per esprimere dubbi sull’opera. Ma lei ha sempre contestato che il ponte, da un punto di vista socioeconomico, sia «un’occasione di sviluppo», come più volte ribadito dal ministro Salvini. Perché?
Per dare una risposta, è sufficiente leggere e recepire l’incipit della relazione presentata dalla Commissione di impatto ambientale. In sintesi, dice: «Presentateci uno studio analitico del rapporto tra costi e benefici, da un punto di vista sociale, economico, politico». Sinora, però, a tale istanza il governo non ha risposto. Già basterebbe questo vuoto di senso per qualificare l’inconsistenza dell’idea stessa di avviare i cantieri del ponte. C’è poi un piano più tecnico, da non trascurare: il nostro è un territorio fragile da un punto di vista sismico e del dissesto idrogeologico. Tutte le opere di messa in sicurezza e le opportune verifiche dovrebbero essere compiute, quindi, prima della fase di progettazione. Eppure non ci risulta che esista la volontà concreta di realizzare queste opere.

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Bugie e omissioni della «grande opera»

Un dossier di 500 pagine redatto da un gruppo di lavoro formato da 38 esperti, pubblicato giovedì sul nostro giornale, boccia senza appello il progetto. «Gravi lacune, carenze ed omissioni», sottolineano i tecnici che demoliscono il progetto della concessionaria pubblica. Sembra che a volere il ponte siano rimasti solo Salvini e Pietro Ciucci, ad della società Stretto di Messina. È proprio così o c’è da temere che l’opera prima o poi si faccia. Un cantiere aperto e perenne, senza fine, sarebbe una manna per le organizzazioni criminali?
Ci sono tanti rischi in questa vicenda. In quanto amministratori locali del bene comune, abbiamo il dovere di valutarli tutti, senza preconcetti. Il rischio della corruzione c’è sempre. Maggiore è la portata delle opere, più grandi sono le possibilità di infiltrazione mafiosa. Dovunque, non solo in Calabria. In linea di principio, comunque, a nessuna opera si può rinunciare per questa motivazione. Proprio su questo si misurerebbe la capacità delle istituzioni. Di fronte a un rischio oggettivo, spetta allo Stato il compito di vigilare.

Oggi scende in piazza nella sua cittadina il popolo No ponte. Che messaggio vuole lanciare agli attivisti e anche magari a chi sostiene la costruzione dell’opera?
È una manifestazione che ci aspettavamo. Non è la prima. Dal 2023 parliamo con tutti. Una città può esprimersi in modo democratico soltanto quando è correttamente informata. Abbiamo realizzato numerosi incontri con la cittadinanza. Ci siamo posti in una posizione di ascolto. Il 12 aprile si è tenuto il consiglio comunale aperto. Conosciamo bene le motivazioni dei comitati e del variegato movimento che si oppone a questo progetto. Sin dall’inizio (era dicembre 2023) abbiamo assunto la decisione che di ponte si parlasse in città anche nelle sedi istituzionali: la nostra aula consiliare è stata aperta ai dibattiti con i promotori del sì e con i promotori del no. Tutte le manifestazioni che hanno avuto a oggetto l’opera ponte, in cui quest’amministrazione è stata invitata a partecipare, ci hanno visto presenti e sempre coerenti nell’esprimere l’unica posizione che riteniamo sia corretta per la nostra città: il no al ponte. clau. dio, s. mes.