Lavoro

L’Onu: «In Italia migranti sfruttati sul lavoro e poca sicurezza»

caporalatoMigranti al lavoro nelle campagne italiane

Diritti al Ribasso Missione su diritti umani e attività d'impresa. L'Italia è il primo paese europeo ad essere visitato girando tra Prato, Taranto, Avellino e la Val D’Agri: siamo rimasti impressionati

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 7 ottobre 2021

«Siamo rimasti impressionati dalla situazione di sfruttamento dei lavoratori che esiste in alcune zone, ancor più perché ci troviamo in un paese europeo con normative avanzate come l’Italia». Con queste parole il professor Surya Deva, presidente del gruppo di lavoro Onu su Business and Human right, ha commentato ai giornalisti le conclusioni preliminari elaborate dalla missione Onu su diritti umani e attività d’impresa conclusasi ieri a Roma.
La visita ufficiale, la prima realizzata dal working group in un paese dell’Europa occidentale, ha viaggiato in Italia dal 27 settembre al 6 ottobre toccando in 10 giorni alcune zone nevralgiche per gli impatti delle attività di impresa sui diritti. Tra esse Prato, Taranto, Avellino, la zona estrattiva della Val D’Agri, in Basilicata, diverse zone del foggiano. La delegazione ha incontrato ministeri, autorità regionali, società civile, sindacati, imprese; ha ascoltato e raccolto documenti, posizioni e denunce.
Nella conferenza stampa celebrata nell’Istituto don Luigi Sturzo, a pochi passi da palazzo Madama a conclusione della visita, Deva ha individuato le tre aree su cui il working group ha focalizzato l’attenzione: diritti dei lavoratori, inquinamento ambientale e emergenza climatica, questioni di genere. «La sicurezza e la salute dei lavoratori rappresentano una grande preoccupazione, per via dell’alto numero di incidenti sul lavoro, ma ancora più importante e sorprendente è la portata dello sfruttamento, in particolare dei lavoratori migranti». La missione si è concentrata sui settori della logistica, dell’agroalimentare e del tessile, ma, ha affermato il presidente «l’impressione è che lo sfruttamento non riguardi solo questi settori ma che sia una questione dilagante e sistemica».
Molte organizzazioni sociali hanno salutato con favore la visita ufficiale, tra esse Fair: «La moda italiana, al primo posto nell’esportazione di prodotti verso l’Europa e seconda nel mondo dopo la Cina, non può basare il suo successo su un sistema di sfruttamento pervasivo. Le considerazioni preliminari della delegazione confermano quanto denunciamo da anni; il governo italiano deve e può fare molto di più per arginare questa deriva. Confidiamo che le raccomandazioni arrivino dritte nelle stanze di chi può decidere di cambiare le sorti di migliaia di lavoratori e lavoratrici», ha commentato Deborah Lucchetti, presidente di Fair e coordinatrice nazionale della Campagna «Abiti puliti».
Dal punto di vista ambientale, pur avendo attraversato zone interessate da problematiche diverse (isochimica, oil&gas, industria dell’acciaio) emergono non pochi elementi comuni: la mancanza di ascolto delle preoccupazioni e delle istanze delle comunità locali da parte di imprese e enti pubblici; la necessità di rafforzare tanto gli strumenti di concertazione che quelli di monitoraggio ambientale e sanitario.
Infine, rilevanti ancora oggi appaiono, secondo la lettura della delegazione, le disuguaglianze di genere. Seppur vanno gradualmente aumentando le donne sedute in ruoli apicali nelle imprese, c’è ancora molto da fare per la parità salariale e di opportunità. Le molestie sessuali sui luoghi di lavoro e nello spazio pubblico sono altro tema di massima attenzione, unito all’impatto diseguale che la pandemia ha avuto sulle donne, in termini di perdita di posti di lavoro e, contemporaneamente, di aumento della violenza domestica.
In conclusione della visita, pur con il linguaggio diplomatico che si confà ad un organismo – peraltro indipendente, delle Nazioni unite – le conclusioni elaborate possono essere interpretate senza rischio di smentita come una bacchettata alle istituzioni italiane.
Il report definitivo sarà pubblicato nel giugno 2022 e consegnato al Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni unite.
Intanto, tra le raccomandazioni formulate in via preliminare vi è l’esortazione al governo e alle imprese a «intraprendere azioni decisive per porre fine allo sfruttamento dei lavoratori migranti stranieri e affrontare il loro status giuridico precari»; la necessità di rafforzare i controlli potenziando gli ispettorati del lavoro e di aumentare le risorse per le procure affinché le sanzioni siano effettivamente erogate a chi è responsabile di violare le regole».
Se manca ancora in Italia, secondo l’Onu, un quadro normativo organico sui diritti umani che possa rendere più efficaci gli strumenti esistenti, altrettanto fondamentale è, per avanzare nel rispetto dei diritti riconosciuti, garantirne il piano implementativo, il controllo e il sistema di sanzione.
L’Italia è inoltre uno dei pochi paesi europei a non aver istituito un organismo nazionale per i diritti umani, lacuna che, secondo Deva, va colmata al più presto.

* Associazione A Sud

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