L’Onu: «14 milioni di ucraini costretti ad abbandonare casa»
Dal giorno dell'invasione russa «In poco più di tre mesi le famiglie e le comunità sono state distrutte, sradicate e costrette a fuggire»
Dal giorno dell'invasione russa «In poco più di tre mesi le famiglie e le comunità sono state distrutte, sradicate e costrette a fuggire»
A convincere gli abitanti di Sloviansk che anche per loro era ormai arrivato il momento di fare le valige sono stati i tre missili russi piovuti martedì scorso sulla città dell’est dell’Ucraina uccidendo tre persone. Da quel momento anche i più restii a lasciare le proprie abitazioni hanno gettato la spugna e deciso di fuggire da una zona considerata ormai troppo pericolosa: «Ogni giorno circa 70-100 persone si spostano verso Dnipro e altre 100-200 verso altre zone del paese» dice il sindaco Vadym Lyakh, spiegando che chi può fugge in auto e chi invece una macchina non ce l’ha prende d’assalto gli autobus.
Proprio a Dnipro Karolina Lindholm Billing, rappresentante dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) in missione nel paese, ha visto arrivare uno di quei bus stipati di gente impaurita. «Erano persone evacuate da località come Bakhmut. Erano visibilmente deboli e scossi», ha raccontato. «Molti di loro erano anziani, avevano difficoltà a camminare da soli e avevano bisogno di aiuto. Sono persone che non hanno più niente o quasi».
Girata la boa dei cento giorni di guerra vecchi, donne e bambini continuano a fuggire dall’Ucraina. E se è vero che, come raccontano gli ultimi dati diffusi dall’Agenzia europea Frontex, sono in molti coloro che dai paesi dell’Unione europea dove erano fuggiti hanno preso la strada del ritorno dopo che le città di origine sono state liberate dall’invasore russo (2,3 milioni stando alle ultime cifre) è anche vero che per centinaia di migliaia di persone l’unica speranza di sopravvivere alla guerra è ancora legata alla possibilità di fuggire.
Le Nazioni unite hanno calcolato che sono quasi 14 milioni gli ucraini che sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni dal 24 febbraio, giorno dell’invasione russa. «Le famiglie e le comunità sono state distrutte e sradicate», ha denunciato ieri Amina Avada, responsabile Onu della crisi in Ucraina. «La maggior parte delle persone fuggite sono donne e bambini e la portata e la velocità di questo trasferimento sono sconosciute nella storia».
Tra quanti hanno lasciato il paese, 6.983.041 (dato Unhcr) sono entrati nell’Unione europea, mentre i restanti sette milioni sono sfollati interni. Tra i paesi scelti da chi si è rifugiato all’estero prevalgono quelli confinanti con l’Ucraina, preferiti proprio nella speranza di un rientro più o meno veloce. Primo fra tutti la Polonia, che ospitava già più di un milione di ucraini fuggiti nel 2014 e dove negli ultimi tre mesi ne sono arrivati altri 3.544.995. E poi Romania (972.203), Ungheria (654.007), Moldavia (473.690), Slovacchia (446.755). A questi vanno aggiunte altre 945.007 persone che si trovano in Russia, non è chiaro quanto spontaneamente, e 27.308 in Bielorussia. Nel conteggio vanno considerati inoltre quanti hanno scelto altri paesi dell’Unione europea dove hanno parenti o amici, come l’Italia dove sono arrivati finora 127.997 ucraini.
Nel dramma ucraino un capitolo a parte è rappresentato dagli oltre sette milioni di sfollati interni, la maggior parte dei quali – avverte l’Onu – sono donne particolarmente vulnerabili perché incinte, hanno una disabilità o sono vittime di violenza. Ma c’è anche chi, pur avendo avuto la propria casa distrutta dall’artiglieria di Mosca, ha preferito non abbandonare la città o il villaggio nel quale è nato e ha dovuto fare i conti con altre emergenze, come la carenza di acqua e cibo. E per quanto paradossale possa sembrare, ci sono infine ucraini per i quali anche essere sfollati è un lusso insostenibile, come ha denunciato due giorni fa Karolina Lindholm Billing: «Molte persone con cui ho parlato – ha detto – hanno raccontato che alcuni ritornano nelle loro case, anche in zone nell’oblast di Luhansk, perché semplicemente non possono permettersi le spese di essere sfollati».
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