Succedeva lo scorso 17 maggio: appena sceso dall’aereo atterrato a Luton e proveniente da Belgrado, Kit Klarenberg, giornalista investigativo freelance britannico, è stato fermato dalla polizia antiterrorismo, tradotto prontamente in una stanza sul retro e informato della sua detenzione ai sensi dell’Allegato tre, Sezione IV del Counter-Terrorism and Border Act del 2019.
KLARENBERG, autore di molteplici articoli critici del governo britannico e dei suoi servizi di intelligence, è stato poi interrogato per oltre cinque ore prevalentemente sulla sua collaborazione alla testata web The GrayZone e sulle sue opinioni politiche personali, sull’attuale leadership britannica e l’invasione russa dell’Ucraina. La polizia – sei agenti in borghese – gli ha sequestrato i dispositivi elettronici, le carte bancarie e le schede di memoria, gli ha preso le impronte digitali, lo ha sottoposto a prove del Dna e lo ha abbondantemente fotografato. Secondo The GrayZone, avrebbero anche minacciato di arrestarlo se non avesse obbedito e consegnato i suoi effetti personali. Gli hanno poi restituito il tablet – con le telecamere oscurate con nastro adesivo e due schede digitali – una settimana dopo averlo rilasciato dalla prigione. Ma hanno trattenuto una sua vecchia scheda Sd, in gran parte contenente musica, perché potrebbe rivelarsi «rilevante per i procedimenti penali».

Klarenberg è uno dei principali collaboratori, appunto, di The GrayZone, testata web che fornisce uno sguardo sulla geopolitica globale diverso da quello dell’ortodossia atlantista occidentale a guida angloamericana e anche per questo si è guadagnata la patente di “filo-putiniana.” In particolare ha firmato alcuni reportage recenti sulle macchinazioni di intelligence Usa-Uk che coinvolgono anche figure di primo piano del giornalismo liberal nazionale come la collaboratrice dell’Observer Carol Cadwalladr e Paul Mason, quest’ultimo divenuto nel frattempo infaticabile propugnatore a sinistra della controffensiva ucraina. Secondo Klarenberg, Mason – ormai da tempo schieratosi a fianco della Nato dopo duri scontri verbali con il resto della sinistra antiimperialista – avrebbe collaborato con i servizi del Regno unito con l’incarico di screditare i media alternativi, i professori universitari e gli attivisti per la pace critici del ruolo della Nato nella guerra in Ucraina. Un po’ come nel caso dell’Orwell informatore del governo durante la seconda guerra mondiale sui compagni comunisti – o, più vicini a noi, in quello di Silone – anche ora lo scopo è stanare e neutralizzare “gli amici di Mosca” avvalendosi di figure della sinistra devote più al “patriottismo” che all’internazionalismo.

Klarenberg ha inoltre collaborato ad altri siti di giornalismo investigativo eterodosso come Mint Press e The Cradle: l’ultima in ordine di tempo su come agenzie appaltate dal governo britannico abbiano addestrato le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese (Ap) utilizzando finanziamenti statunitensi.

HA ANCHE FATTO scalpore negli ultimi mesi denunciando l’uso da parte di Londra di Ong yemenite per indebolire segretamente il governo di Ansarallah a Sanaa.
Fondato da Max Blumenthal, figlio di Sydney, giornalista ex-consigliere di Bill Clinton, The GrayZone è una spina nel fianco della narrativa mediatica ufficiale su Palestina, Siria e Ucraina – il che lo rende anche, automaticamente, filorusso e “antisemita”. Non a caso, gli agenti avrebbero chiesto a Klarenberg se la testata sia direttamente finanziata dal Cremlino e lui stesso un agente russo – come del resto sospettano da tempo dello stesso Blumentahl. A confermare il registro di oramai conclamata propaganda nel quale è paralizzata ogni discussione del canovaccio Usa su Siria, Palestina e Ucraina sta il fatto che, a ieri, nessuna testata mainstream britannica avesse – anche solo vagamente – menzionato il fermo a Luton.

SIMILE VANDALISMO di stato ai danni della libertà di stampa si era già verificato qualche settimana fa quando Ernest Moret, un manager di foreign rights presso l’editore francese Editions La Fabrique, veniva fermato dagli agenti alla stazione ferroviaria di St. Pancras e interrogato sulle sue idee politiche – per tacere, naturalmente, di Julian Assange. Klarenberg rimane per ora sotto inchiesta.