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Lo stallo di Kherson. Kiev: «È abbandonata», ma non avanza in città

Lo stallo di Kherson. Kiev: «È abbandonata», ma non avanza in cittàMilitari ucraini nella regione di Kherson – Ap

Il limite ignoto La battaglia non è ancora cominciata, e si combatte per ora solo a livello mediatico. Ma si temono mine e cecchini di Mosca

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 8 novembre 2022

Kherson è praticamente stata abbandonata, dicono i media ucraini, ma le forze di Kiev non avanzano sul fronte sud. Da un lato i funzionari di Kiev continuano a rilanciare le «deportazioni» dei residenti verso la sponda ovest del fiume Dnipro e i furti in città, dall’altro i filo-russi parlano di bombardamenti alle evacuazioni da loro organizzate e semplice riorganizzazione delle truppe.

MA NELLA CONSUETA guerra mediatica che accompagna gli scontri sul campo è possibile formulare qualche ipotesi sugli sviluppi imminenti che coinvolgeranno uno dei simboli di questa guerra. Innanzitutto, è evidente che la battaglia per la città di Kherson non è ancora iniziata. Gli ucraini continuano a bombardare il ponte Antonovsky che collega le due rive del fiume e taglia in due la città. In seguito al danneggiamento dell’infrastruttura hanno iniziato a bombardare anche i pontoni flottanti approntati dal genio militare russo e le navi che fanno la spola da un approdo all’altro. In uno di questi attacchi, secondo fonti russe, avrebbero perso la vita dei civili coinvolti in un’evacuazione, ma Kiev ha sempre negato la versione di Mosca.

PIÙ A NORD, dopo lo sfondamento che ha costretto le forze armate russe a ripiegare di almeno 35 km verso sud, l’esercito di Kiev non ha fatto registrare avanzate significative. Il che è singolare perché sappiamo che i generali ucraini finora non hanno mai perso l’occasione di prendere alla sprovvista le truppe nemiche nei momenti di debolezza. Si noti però che nell’est le avanzate di Kiev sono sempre seguite ai bombardamenti massicci delle infrastrutture militari russe, dei centri strategici utilizzati per l’approvvigionamento dei fanti e delle postazioni d’artiglieria. Solo dopo aver reso di fatto impossibile la resistenza delle forze del Cremlino, gli ufficiali ucraini hanno dato l’ordine di avanzare. Ogni volta che tale strategia ha funzionato, gli ufficiali russi sono stati costretti a ordinare la ritirata per evitare di finire in trappola senza viveri, senza munizioni e senza carburante. È successo a Kupiansk, a Izyum e a Lyman, tre centri strategici nell’est. Non è ancora successo a Kreminna e, infatti, da circa tre settimane gli ucraini non avanzano più.

Se Putin può permettersi di lanciare una campagna di coscrizione massiccia, seppure «parziale» come l’hanno eufemisticamente definita i media russi, Zelensky non può. La disponibilità di nuove reclute per l’Ucraina è limitata e già essere riusciti a mobilitare quasi un milione di nuovi uomini dall’inizio della guerra è un risultato impressionante. Inoltre c’è l’incognita delle mine e delle trappole lasciate lungo le principali direttrici della ritirata russa.

FORSE PROPRIO quest’ultimo dato spaventa lo Stato maggiore di Kiev. Sempre più insistentemente si parla di «false evacuazioni», di «massiccia presenza di mine» e della possibilità che i militari e i cecchini siano in attesa in punti strategici di Kherson est per rispondere a sorpresa un’eventuale avanzata ucraina.

Inoltre, c’è l’incognita della riva ovest, quante postazioni d’artiglieria sono state installate per ricevere il nemico? Sullo stesso lato del Dnipro diversi reparti russi, inclusi i nuovi coscritti, si stanno riorganizzando nelle aree occupate di Zaporizhzhia. Tuttavia, gli ucraini attendono. Forse nella speranza di fugare qualche dubbio, forse in attesa di più informazioni dai satelliti a da piccoli manipoli di esploratori. Anche in questo contesto, tuttavia, l’arrivo dell’inverno potrebbe contribuire ad accelerare i tempi e, chissà, costringere a una mossa azzardata.

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