Mentre il turbine della storia trascina la diplomazia internazionale nell’angolo dell’afasia, quel che resiste della democrazia europea si affatica a intrecciare progetto e destino nella più cupa delle campagne elettorali.
L’Europa va al voto, ma non c’è spazio per grandi scenari. Le magnifiche sorti e progressive del vecchio continente non hanno resistito alle bordate della pandemia. Resistenza e conquista, questi sono gli scenari che ci sono concessi. Resistere al furore della violenza o assistere alla conquista del potere per il potere. Giorgia Meloni si mette alla testa di una convenzione di opportunismi per disgregare il futuro del continente e abbattere il sogno di Ventotene. Se crediamo che questo sia stato un anno terribile stretto tra due conflitti così vicini, dobbiamo temere per quello che verrà.
Hans Kelsen sosteneva che l’Europa è lotta di classe tradotta in politica e – come ha detto Warren Buffet – è la classe ricca che sta vincendo la battaglia.

Anima Vagula Blandula, dice Marco Aurelio, congedando l’anima a luoghi freddi e oscuri, quando si separa dal corpo. Possiamo ancora ricomporre corpo e anima della sinistra necessaria per affrontare gli anni che verranno? C’è uno spettro che la crisi democratica non ha saputo esorcizzare: i corpi in relazione nelle città. Prossimità, interdipendenza, connessione, collaborazione, le città reagiscono ancora ai sintomi della retorica nazionalista continuando a inventare spazi di resistenza. Nelle città si inventa ancora l’alternativa. Nella crisi il capitalismo della sorveglianza non ha ancora vinto. Tutto merito di quella potenza che ancora possiamo chiamare municipalismo, dove senso di luogo e comunità di destino si intrecciano per costruire qualcosa che non c’è, contando solo su un principio di umanità.

Questa è la storia che unisce Riace e Roma, un piccolo centro e una grande metropoli. Lo spazio dell’invenzione dove si può riunire anima e corpo e affrontare le grandi questioni del presente con la politica, non con la violenza, con l’azione collettiva, non la competizione, disegnando un futuro di pace.
Ci sono due persone che corrono a queste elezioni europee nella lista di Alleanza Verdi e Sinistra che tra gli altri hanno saputo praticare municipalismo, in tempi di ubriacatura nazionalista: Mimmo Lucano e Massimiliano Smeriglio.

Il primo ha saputo resistere alla vendetta giudiziaria in difesa di un modello anticapitalista di rigenerazione locale, dove la mescolanza ha risposto allo svuotamento delle aree interne e non ha voltato le spalle a un principio arcaico di ospitalità e fratellanza.
Il secondo ha tessuto storie di comunità ribelli in lungo e largo, quando l’amministrazione locale può dare nuovo significato alla crisi dei corpi intermedi, mettere radici, e ostinatamente percorrere la strada più difficile, fino a tenere solitario una bandiera di pace, mentre il massimo parlamento continentale si schierava in gran parte per un’economia di guerra.

Non bastano due persone per cambiare il destino d’Europa ma dobbiamo augurarci che il pensiero municipalista irrompa con candidature come queste dentro il prossimo parlamento europeo, perché ci sarà da lottare.
Le città per loro predisposizione sono legate tra loro. Luciana Castellina sapientemente in queste settimane ha evocato un’idea con spirito militante: dobbiamo pensare come non solo la classe intellettuale può riconoscersi in un Europa unita, serve un Erasmus degli spazzini, per spiegare come scambiare pratiche, costruire ponti, e curare una cittadinanza comunitaria non deve limitarsi alle generazioni in formazione ma può riunire persone oltre i nazionalismi. Il nazionalismo che propaganda la destra lo vediamo già nei fatti oggi: è guerra.

Il vecchio adagio municipalista dice una cosa contraria: l’aria delle città rende liberi, per questo dobbiamo credere che possiamo costruire una Europa delle Città, per amore della libertà. Quella libertà inestimabile, irrinunciabile, che merita l’antifascismo di Ilaria Salis, candidata anche lei con Avs, per essere eletta e finalmente libera.