Martedì il Parlamento europeo ha votato contro l’approvazionel del cosiddetto discarico del bilancio 2020 di Frontex, l’agenzia europea che dal 2004 si occupa del servizio di guardia di frontiera e costiera dei confini della Ue. E lo ha fatto – a fronte di gravi inadempienze nel funzionamento dell’agenzia – con 345 voti favorevoli, e la contrarietà dei gruppi Ppe (Fi), Id (Lega) e Ecr (Fratelli d’Italia).

Al voto si è giunti dopo numerose sollecitazioni di molti di noi, da tempo impegnati a sottolineare la gravità del “caso Frontex”, e a fronte delle rivelazioni riguardanti il rapporto dell´Olaf – l´agenzia antifrode della Ue – da parte di Der Spiegel e altre testate internazionali.
Proprio le conclusioni del rapporto descrivono infatti abusi, omissioni e comportamenti distorsivi che potrebbero essere all’origine di alcune palesi violazioni dei diritti umani avvenute in occasione di missioni di soccorso.

Violazioni gravissime, finanziate con i soldi dei contribuenti europei, e accompagnate da una vera e propria opera di disinformazione perpetuata offrendo alle istituzioni comunitarie “una visione parziale della dinamica degli eventi” e dimostrando mancanza di cooperazione e riluttanza alla collaborazione.
Per questo il rapporto parla esplicitamente di “infedeltà” verso l’Unione europea confermando quanto già presente in tante segnalazioni nel corso degli anni, affondando il colpo nel ventre molle di un’agenzia che rivela tutta la sua colpevole inefficacia nell’affrontare un fenomeno complesso come quello delle migrazioni.

“L’aereo ha girato sopra le nostre teste più volte, ma nessuno ci ha aiutato”, racconta Samuel Abraham, sopravvissuto, dopo essere partito con un gommone dalla Libia. Samuel ha raccontato l’orrore del suo viaggio, avvenuto sotto gli occhi di Frontex che ha assistito imbelle alle ripetute violazioni dei più elementari diritti umani. Sono numerose le testimonianze circostanziate raccolte dall’agenzia simili a quelle di Samuel.

Da oltre due anni, del resto, le notizie del coinvolgimento di Frontex nei respingimenti erano già evidenti e come eurodeputati avevamo già chiesto le dimissioni dell’allora direttore esecutivo dell´Agenzia, Fabrice Leggeri, che ha lasciato il suo posto poi solo ad aprile scorso.

Frontex del resto è uno scandalo a lungo lautamente tutelato, con sponsor notevoli fra Capi di Stato e di Governo, come tra i membri della Commissione europea. Uno scandalo denunciato da numerose Ong e confermato dal rapporto dell’Olaf il quale rivela l’esistenza di un sistema di sostanziale impunità nei confronti della stessa Frontex. Una costellazione di comportamenti per minimizzare, nascondere e perpetuare gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Casi gravissimi che si verificano costantemente alle frontiere dell’Ue, funzionali a consolidare un modello di gestione dei confini europei volto a gestire l´immigrazione come un “danno da ridurre” anziché come una condizione che riguarda i destini di persone in carne ed ossa.

Per chi gestisce le politiche migratorie europee c’è evidentemente convenienza nel chiudere un occhio sulla pratica diffusa e inaccettabile dei rimpatri forzati ad opera della cosiddetta “Guardia costiera libica”, nell’arrivare tardi a fronte di una richiesta di soccorso in mare, nel dissimulare le pratiche coercitive messe in atto dai vari soggetti presenti sul campo.

Non solo. Questa convenienza potrebbe perfino trasformarsi da occasionale in strutturale se l’asse dei Paesi in cui governa la destra nazionalista in Europa dovesse rafforzarsi. La sensazione è che chi ha fatto campagna elettorale sul “blocco navale” difficilmente potrà indignarsi di fronte ad un respingimento, ad un abuso, a un’omissione.

Ecco dunque che, al di là delle documentate violazioni dei diritti umani, le perplessità afferiscono soprattutto all’essenza delle regole d’ingaggio di un organismo le cui modalità d’intervento lasciano a dir poco perplessi. Si deve allora ripensare la sua mission, modificare gli intenti di base passando dalla “protezione delle frontiere” al salvataggio delle vite in mare – così come fanno oggi molte organizzazioni non governative.

Il Parlamento ha battuto un colpo scoperchiando un sistema marcio. Da Strasburgo è arrivato un segnale politico chiaro: utilizzare la leva del “discarico di bilancio” per affrontare i problemi strutturali sollevati dallo scandalo e magari tornare a discutere di corridoi umanitari e salvataggio delle persone che ogni giorno attraversano il Mediterraneo e i nostri confini terrestri.