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L’Italia peggiore finisce “imbiancata” a Edimburgo. E l’Inghilterra perde la tripla corona

L’Italia peggiore finisce “imbiancata” a Edimburgo. E l’Inghilterra perde la tripla corona

6 Nazioni 2017 La nazionale italiana chiude il torneo all’ultimo posto e senza essere mai riuscita a meritare almeno un punto di bonus: mai ha marcato almeno quattro mete, mai ha perso con meno di otto punti di scarto. Ha subito 26 mete segnandone soltanto 6, incassato 201 punti contro 50. Un verdetto inequivocabile

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 19 marzo 2017

Whitewashed: imbiancati, cinque match e cinque sconfitte. Non poteva che finire così. L’Italia esce nettamente battuta dal Murrayfield di Edimburgo e gioca la peggior partita del suo Sei Nazioni.

Il punteggio finale è 29-0, con quattro mete messe a segno dagli scozzesi – Finn Russell (27’), Matt Scott (37’), Tim Visser (61’) e Tommy Seymour (72’) – che incassano anche il bonus point.

La nazionale italiana chiude il torneo all’ultimo posto e senza essere mai riuscita a meritare almeno un punto di bonus: mai ha marcato almeno quattro mete, mai ha perso con meno di otto punti di scarto. Ha subito 26 mete segnandone soltanto 6, incassato 201 punti contro 50.

Un verdetto inequivocabile.

Una squadra lenta, incapace di segnare quando era il momento di farlo. Per venti minuti, all’inizio del primo tempo, gli azzurri hanno giocato nella metà campo avversaria senza cogliere alcun frutto. E nel secondo tempo, tra il 45’ e il 53’, ben quattro rimesse a ridosso dei cinque metri scozzesi e una serie di attacchi multifase si sono conclusi con un passaggio in avanti (Benvenuti). Carlo Canna ha avuto a disposizione tre calci piazzati e li ha sbagliati tutti: 9 punti gettati al vento.

Alla Scozia è bastata una partita di ordinaria amministrazione, un po’ di disciplina tattica e la miglior qualità dei suoi giocatori.

Chi scrive ha salutato questa vittoria scozzese con piacere e rispetto, e non per mere ragioni di discendenza. Un Sei Nazioni privo di una nazionale del cardo competitiva intristisce, è come se si spegnesse una delle luci che da oltre centotrent’anni illuminano il torneo.

Nel periodo in cui il rugby scozzese pareva declinare – erano gli anni che seguivano l’ingresso dell’Italia – e le gloriose maglie blue marine collezionavano sconfitte e contendevano agli azzurri il poco onorevole cucchiaio di legno, tutto questo era motivo di afflizione. Si giunse a paventare la bancarotta: chiudevano i Border Reivers di Galashiels e i loro migliori giocatori si accasavano a Glasgow o a Edimburgo o nei club inglesi; per i match di coppa il Murrayfield apriva uno spicchio di gradinata perché tanto ne bastava per le poche centinaia di spettatori; la fine sembrava prossima. La squadra che era stata di Andy Irvine, Gavin Hastings, John Jeffrey, David Sole – membri onorari del pantheon di Ovalia – non meritava un tale crepuscolo; il suo ritorno tra le grandi del rugby era pura necessità.

Una meravigliosa Irlanda ha negato agli inglesi il Grande Slam e la Triple Crown con una partita di grande orgoglio. A Dublino è finita 13-9 per i verdi che hanno messo a segno l’unica meta dell’incontro con il seconda linea Henderson. L’Inghilterra si era già garantita la vittoria finale ma sperava in un secondo slam consecutivo.

Francia e Galles hanno tenuto fede alle attese. La loro è stata una sfida ad alta intensità.

Subito avanti per 10-0 (meta di Lamerat e calci piazzati di Lopez), i coqs hanno poi subito il ritorno gallese. I calci di punizione Leigh Halfpenny (6 su 6 dalla piazzola) hanno consentito ai dragoni di portarsi avanti fino al 13-18.

Il finale rocambolesco – durato ben venti minuti oltre il tempo regolamentare – ha messo i francesi nelle condizioni di segnare (Chouly) la meta della vittoria: 20-18.

Classifica finale: Inghilterra 19; Irlanda, Francia e Scozia 14; Galles 10; Italia 0.

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