Liste purgate e machete ai seggi, eppur si vota
- 5 al voto americano In Virginia la Corte suprema esclude sospetti stranieri, in Florida un trumpiano si presenta armato... Ma hanno già votato in 52 milioni
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1.600 voti: all’apparenza una goccia nell’oceano dell’elettorato statunitense. Ma che assumono proporzioni giganti nella battaglia non più sotterranea per sopprimere, o contestare ex post, i voti non graditi ai repubblicani. Parliamo dei 1600 iscritti alle liste elettorali della Virginia fatti rimuovere d’autorità dal governatore Glen Youngkin con l’accusa di essere noncitizen, con il benestare, arrivato ieri, della Corte suprema.
IN UN ORDINE senza argomentazioni né firme (se non quelle delle tre giudici liberal per segnalare il proprio dissenso), la Corte ha infatti sollevato il divieto a “purgare” i 1600 elettori dalle liste, deciso da una corte federale dopo un ricorso del dipartimento di giustizia e di varie associazioni per i diritti civili. È già stato provato infatti che nella corsa di Youngkin a alimentare le fiamme del sospetto (infondato) di voti espressi da migranti illegali sono rimasti coinvolti svariati cittadini americani. Oltretutto, l’ordine è in violazione del National Voter Registration Act, che impedisce di mettere mano alle liste elettorali nel periodo immediatamente precedente alle elezioni.
La Corte suprema reagisce con una simbolica alzata di spalle, chiarendo ancora una volta come si sia ritagliata un ruolo da protagonista per indirizzare il risultato nella direzione più gradita. Ed è significativo, all’indomani dei letterali roghi dei ballot box negli stati di Washington e dell’Oregon, che un sondaggio pubblicato dal Washinton Post indichi che il 57% degli elettori di 6 swing state temano la violenza dei supporter di Trump in caso quest’ultimo non vinca le elezioni. Violenza che è continuata anche ieri: un 18enne – accompagnato da un gruppo di altri ragazzi con bandiere di Donald Trump – è stato arrestato in Florida per aver brandito un machete contro due elettori democratici fuori da un seggio elettorale, dove era in corso il voto anticipato.
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Il podcast sulle elezioni presidenziali americane«SONO PRONTO a difendere il risultato elettorale, faremo il nostro lavoro» ha affermato intanto, dalla Georgia, il segretario di Stato repubblicano Brad Raffensperger, già protagonista suo malgrado del tentativo di Trump di rovesciare il risultato nello stato: in quello che è uno degli swing state più importanti, il voto anticipato ha infatti infranto ogni record, superando già i 3 milioni di preferenze espresse. Record di voti si sono registrati anche in North Carolina e New York, e in generale in tutto il Paese. In tutto il paese hanno già votato 52 milioni di persone.
IN QUESTO CLIMA teso, i media Usa ricordano che per l’ottavo anno consecutivo gli Stati Uniti sono stati giudicati una “democrazia imperfetta” dalla società di analisi e ricerca Economist Intelligence Unit. Molti studiosi stanno mettendo in guardia dalle tendenze verso l’autoritarismo, sottolineando, come hanno fatto sia Politico che The Nation, che durante il comizio al Madison Square Garden Trump ha parlato di un “piano segreto” elaborato con il presidente della Camera Mike Johnson. Alla Cnn, Johnson ne ha confermato l’esistenza ma senza scendere in dettagli. L’ipotesi più plausibile è che Trump e Johnson stiano “segretamente” parlando di insediare Trump attraverso una “elezione contingente”, in cui la Camera, e non il Collegio Elettorale, determina il presidente.
Mentre questo accade più o meno dietro le quinte, i comizi continuano ad essere sotto i riflettori. Kamala Harris a Washington ha attirato 75mila persone scegliendo di parlare proprio dove Trump, nel 2021, aveva incitato i rivoltosi il giorno dell’assalto al Congresso. «Donald Trump ha trascorso un decennio cercando di tenere il popolo americano diviso, e le persone timorose l’una dell’altra. Ecco chi è lui. Ma sono qui stasera per dire: non è questo ciò che siamo».
POI È RIPARTITA per una serie di comizi in Pennsylvania, North Carolina e Wisconsin, “incrociando” Trump in questi ultimi due stati. In North Carolina Trump si è rivolto alla comunità portoricana dicendo che «non è colpa di nessuno», ma sono state dette «alcune cose brutte» al suo comizio del Madison Square Garden, riferendosi all’appellativo di “spazzatura” affibbiato a Portorico.
L’ARGOMENTO è stato malamente affrontato anche da Joe Biden, che ha scatenato una tempesta dicendo che «l’unica spazzatura che vedo fluttuare là fuori sono i suoi sostenitori»: si riferiva al “comico” che ha fatto la battuta, ma è sembrato parlasse della base di Trump, al punto che Harris per la prima volta ha tenuto a distanziarsi dal presidente, dicendosi «fortemente» in disaccordo.
Le elezioni pervadono ormai ogni aspetto della società americana, tanto che anche la parata di Halloween di New York, la più importante a livello nazionale, oggi avrà come tema “Meow, gatti”, un chiaro riferimento al ruolo giocato da questi felini nella campagna elettorale, a partire dalle “gattare senza figli” disprezzate da JD Vance, per arrivare alle menzogne contro i migranti haitiani che si sarebbero mangiati i felini domestici.
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