Internazionale

L’Iran: tregua a Gaza per evitare l’attacco

Deir al-Balah, la disperazione dei familiari degli uccisi foto ZumaPress/Omar AshtawyDeir al-Balah, la disperazione dei familiari degli uccisi – ZumaPress/Omar Ashtawy

Medio Oriente Dopo le indiscrezioni sulla risposta imminente, Teheran ne fa filtrare altre. Nessuna certezza. Nyt: Israele pone nuove condizioni. Intanto nella Striscia si sfiorano i 40mila uccisi: il 40% sono bambini. 115 i bimbi nati dopo il 7 ottobre e già ammazzati dall'offensiva israeliana

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 14 agosto 2024

Ormai si procede a indiscrezioni, per trovare il senso di un’escalation militare che senso non ne ha o quanto meno per farsi un’idea di cosa aspettarsi nelle prossime ore, giorni, settimane. Gli attori mediorientali del gioco al rialzo saltellano tra voci ufficiose affidate alle agenzie stampa e pompose dichiarazioni – queste ufficiali – di guerra.

L’OBIETTIVO è chiaro: individuare il miglior punto di caduta tra il salvare la faccia e l’evitare un conflitto imprevedibile. È quello che fa da giorni l’Iran: sa che non reagire sarà una mossa potenzialmente mortale (dal punto di vista simbolico-politico, un fatale indebolimento interno e regionale, ma anche da quello pratico: Israele si sentirà autorizzato a colpire ancora) ma reagire lo sarebbe altrettanto. Davanti alle coste iraniane c’è schierata mezza Marina americana.

Teheran sta cercando una via d’uscita e così, dopo ore passate a far trapelare voci di un attacco imminente, ieri ha riaperto: solo il cessate il fuoco a Gaza fermerà la risposta a Israele e all’uccisione di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, a Teheran. Lo hanno detto tre alti funzionari iraniani alla Reuters, a conferma di quanto scritto in questi giorni. Se il dialogo fallirà o se l’Iran percepirà un tentativo israeliano di farlo deragliare ancora, Repubblica islamica ed Hezbollah libanese reagiranno.

La Reuters aggiunge un altro tassello: l’Iran sarebbe interessato a inviare una sua delegazione ai colloqui del 15 agosto, di cui ancora non si conosce la sede (Il Cairo o Doha) né chi ci sarà. Hamas fa sapere che non andrà perché non serve: è pronto a firmare la proposta-Biden del 31 maggio. Il primo ministro israeliano Netanyahu manderà il suo team ma non è che ci si fidi molto, non si fidano nemmeno gli alleati più stretti, gli Stati uniti: nei giorni scorsi la Casa bianca avrebbe minacciato Netanyahu di additarlo come responsabile del fallimento se avesse posto altri ostacoli al negoziato.

Di ostacoli, in realtà, ce ne sono già, ieri li ha rimessi in fila il New York Times: nelle scorse settimane il governo israeliano ha posto cinque nuove condizioni all’accordo con Hamas, tra queste il controllo del corridoio Filadelfia al confine tra Gaza ed Egitto e limiti al ritorno degli sfollati nel nord della Striscia.

Intanto ieri, nel pieno dell’avanzata ucraina in territorio russo, al Cremlino il presidente Putin incontrava l’omologo dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, per dirgli che «sfortunatamente la Russia deve difendere i propri interessi e la propria gente armi in pugno, ma quello che accade in Palestina non passa inosservato», riporta la Tass.

NELLE STESSE ore Gaza restava un inferno. Nella notte un attacco su Khan Younis ha centrato un’abitazione, uccidendo un’intera famiglia, a eccezione di una bimba di appena tre mesi, Rim, nata in guerra e rimasta senza genitori e senza parenti. I medici la identificheranno come Wcnsf, acronimo per wounded child, no surviving family (bambino ferito, senza famiglia superstite), ormai diventato orribilmente comune a Gaza.

Secondo i dati a disposizione dell’Onu, a febbraio si contavano almeno 17mila bambini rimasti soli. Altri 21mila, a oggi, i bambini dispersi; quasi 16.500 i minori uccisi, il 40% delle 39.929 vittime accertate dal 7 ottobre nella Striscia. Almeno 115 palestinesi nati dopo l’inizio dell’offensiva sono già stati uccisi.

Due bambini uccisi anche a Deir al-Balah, nel centro di Gaza, nel bombardamento israeliano di una palazzina, la Al Qastal Tower. Nell’attacco sono morti anche due adulti. Nel campo profughi di al-Bureij è stata presa di mira un’altra casa, sette i palestinesi uccisi; la Protezione civile sta scavando tra le macerie alla ricerca di eventuali sopravvissuti.

A metà pomeriggio un razzo rivendicato da Hamas è volato verso Tel Aviv: è caduto in mare ma è riuscito a superare il sistema di difesa Iron Dome. Intanto a Gerusalemme 1.200 coloni israeliani sono entrati sulla Spianata delle Moschee, gesto di provocazione dall’antica storia, guidati dal ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir e protetti dalla polizia, che ha impedito l’ingresso ai palestinesi durante l’incursione.

La mossa è stata, come di rito, condannata da Netanyahu in una nota dove ricorda che Tel Aviv non intende modificare lo status quo della Spianata, come tentano di fare da anni i movimenti per la ricostruzione del Tempio.

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Palestinesi scudi umani dei soldati israeliani

Il quotidiano Haaretz riporta della pratica, diffusa e autorizzata dagli alti ufficiali israeliani, di uso di palestinesi come scudi umani: vestiti in uniforme, ma con le mani legate dietro la schiena, sono costretti a entrare in edifici vuoti per verificare la presenza di mine o «attirare» i cecchini dei gruppi palestinesi. Gli hanno dato anche un nome: shawish (sergente). «Le nostre vite sono più importanti delle loro», ha commentato un soldato.

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