Internazionale

L’Iran, in bilico tra prudenza e reazione, chiama l’Onu

L’edificio del consolato iraniano di Damasco colpito lunedì sera da un raid israelianoL’edificio del consolato iraniano di Damasco colpito lunedì sera da un raid israeliano – Ap

Medio Oriente Dopo l'attacco israeliano al consolato a Damasco, proteste in piazza e dibattiti sui media: rispondere allargherà la guerra, non farlo indebolirà Teheran. In attesa di una condanna internazionale, la possibile rappresaglia potrebbe essere di nuovo affidata ai gruppi regionali alleati, dalla Siria all’Iraq

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 3 aprile 2024

L’attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco mette l’Iran di fronte a una decisione cruciale. Gli esponenti più intransigenti del regime chiedono una risposta diretta, mentre gli esperti suggeriscono di non reagire senza considerare le devastanti conseguenze che potrebbero derivarne. Nell’attentato avvenuto lunedì alle 17, ora locale, è stato ucciso Mohammad Reza Zahedi, il comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) in Libano e Siria, con altri sei ufficiali iraniani tra cui Hadi Haj Rahimi, vice di Zahedi, e sei siriani.

L’AZIONE israeliana segna una grave escalation: è stata presa di mira la sede diplomatica della Repubblica islamica, un atto che si inserisce in un contesto di crescente tensione negli ultimi mesi. Poche ore dopo la divulgazione della notizia, i manifestanti si sono radunati in piazza Palestina a Teheran chiedendo un’azione contro Israele. Non è chiaro se la manifestazione sia stata spontanea o organizzata dallo Stato.

Alcuni politici iraniani, attraverso social media e interviste televisive, hanno affermato che l’attacco costituisce una «flagrante violazione della Carta delle Nazioni unite, del diritto internazionale e del principio fondamentale dell’inviolabilità delle sedi diplomatiche e consolari», paragonandolo a «un attacco sul suolo iraniano». Khamenei, leader supremo, ha scritto in una comunicazione: «Il regime malvagio (israeliano) sarà punito per mano dei nostri uomini coraggiosi. Per volontà di Dio, faremo sì che si pentano di questo crimine e di altri simili»”.

AMIR-ABDOLLAHIAN, ministro degli affari esteri ha affermato che Israele «è responsabile delle conseguenze di questa azione» e ha esortato la comunità internazionale a condannare l’attacco. Il ministro ha dichiarato che l’Iran ha trasmesso attraverso l’ambasciata Svizzera «un messaggio importante» agli Stati uniti. I media iraniani riferiscono che «gli Usa hanno informato l’Iran di non essere coinvolti né di essere a conoscenza dell’attentato». Ciò che gli esperti militari iraniani trovano poco credibile.

La rappresentanza iraniana presso le Nazioni unite ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza per condannare l’attacco. In una lettera indirizzata al segretario generale Guterres, la rappresentanza ha affermato che l’attacco potrebbe «potenzialmente innescare ulteriori conflitti che coinvolgono altre nazioni». È evidente che l’Iran si aspetta una forte condanna internazionale date le convenzioni che proteggono le missioni diplomatiche e guarderà in particolare alle reazioni dell’Unione europea e degli Stati uniti.

Sembra che Teheran sia convinta che Israele cerchi di ampliare il conflitto a Gaza per distogliere l’attenzione dall’enclave costiera palestinese e dai problemi politici interni. In questo contesto, Teheran è restia a fornire a Tel Aviv un pretesto per uno scontro diretto.

L’ESTABLISHMENT iraniano è consapevole del fatto che una possibile ritorsione contro Israele potrebbe innescare ulteriori conflitti e portare il conflitto sul suo suolo, ciò che ha cercato di evitare dopo il 7 ottobre. Tuttavia, l’assenza di una reazione, oltre a indebolire la posizione iraniana tra gli intransigenti interni e i membri dell’«Asse di Resistenza» guidati da Teheran, potrebbe anche incoraggiare gli israeliani a continuare la catena di attentati contro i suoi alti ufficiali e gli alleati.

Tra dicembre 2023 e gennaio 2024, sei membri dell’Irgc sono stati uccisi in Siria, tra cui il comandante dell’Irgc Razi Moussavi. Mahdi Mohammadi, uno dei principali consiglieri del presidente del parlamento iraniano, ha scritto che la paura di causare una grande guerra significa «astenersi dal combattere una guerra reale per evitarne una immaginaria».

L’Iran si è in gran parte astenuto dal reagire direttamente agli attacchi israeliani, optando invece per il rafforzamento delle sue milizie alleate. Secondo alcuni osservatori iraniani, la probabile ritorsione dell’Iran potrebbe essere affidata a essi per non implicare direttamente Teheran. Questa mossa potrebbe coinvolgere le basi americane in Siria e Iraq, con risultati e reazioni imprevedibili.

Nonostante gli avvertimenti e i richiami alla vendetta da parte dei diplomatici iraniani, la mancanza di qualsiasi menzione di ritorsioni da parte dell’Irgc potrebbe suggerire che un’imminente azione militare non sia sul tavolo. È significativo l’avvertimento dell’esperto conservatore Hassan Hanizadeh contro l’intraprendere «un’azione militare affrettata», apparso su un importante canale Telegram collegato all’Irgc.

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