Grazie a una dozzina di romanzi connotati da uno sguardo raffinato sulle ingiustizie sociali degli Stati Uniti contemporanei, e centrati in particolare sulle difficoltà quotidiane della classe operaia dalla quale proviene, a partire dalla fine degli anni Settanta Russel Banks si è progressivamente affermato come uno dei più dotati cantori dell’America quotidiana. Tramite i suoi personaggi, spesso colti in una lotta impari con la povertà e l’emarginazione, ha saputo trasportare sulla pagina un contesto sociale ancora troppo spesso negletto o stereotipato, conferendogli nuova vita e dignità in storie caratterizzate da una profonda malinconia e da un’ostinata volontà di resistenza.

Un cambio di direzione
L’attenzione di Banks per i ceti svantaggiati si esprime in una forte empatia priva di condizioni che, accompagnata alla saggezza ereditata da un’esistenza difficile, eleva questi racconti al di sopra dei confini in cui si muovono per trasformarli in parabole secolari di più ampio respiro. Pur conservando l’orientamento sociologico e la carica politica dei precedenti, l’ultimo romanzo di Russel Banks si muove verso una dimensione più rarefatta, teorica e addirittura contraria al realismo cui l’autore si è da sempre votato.

Nell’affrontare alcuni nodi di base del processo narrativo tout court attraverso la storia del regista Leonard Fife, I tradimenti (traduzione di Gianni Pannofino, Einaudi, pp. 357, € 19,50) mette in crisi la più elementare delle dinamiche fra testo e lettori: il cosiddetto patto narrativo, ovvero la fiducia che il pubblico concede allo scrittore, accettando di credere alla storia che racconta.

Nulla di rivoluzionario, o anche di semplicemente innovativo: la letteratura di ogni epoca è ricca di esempi in cui gli autori giocano con le aspettative dei lettori, tradendole e confondendole grazie all’utilizzo di narratori più o meno apertamente inaffidabili. L’operazione di Banks è tuttavia interessante perché, spostando l’attenzione dallo statuto di realtà del racconto, si concentra piuttosto sul potere della narrativa di forgiare la realtà stessa.

Campione del giornalismo d’inchiesta, il personaggio di Leonard Fife ha dedicato la propria vita e opera documentaristica a scovare, ricostruire e raccontare la verità celata nella propaganda delle narrazioni ufficiali. Giunto alla fine dei suoi giorni, con il fisico ormai consumato da un cancro in stadio terminale che lo divora lentamente, accetta di passare dall’altro lato della macchina da presa e lasciare che i suoi colleghi, sempre in bilico tra adorazione e piaggeria, lo intervistino per un tributo cinematografico alla sua vita straordinaria, emblema della contestazione radicale americana degli ultimi cinquant’anni. La premessa dei Tradimenti scopre immediatamente le regole del gioco in cui si produrrà nelle pagine seguenti, ed è da qui che è necessario partire per apprezzare la raffinatezza di questo libro crepuscolare, che riesce nell’impresa non facile di tessere una storia avvincente capace al tempo stesso di riflettere sulla grammatica della narrazione in maniera critica e nient’affatto scontata.

Dedicandosi alla vita di un artista – e un autore – ciecamente consacrato alla rappresentazione della realtà (e soprattutto degli scomodi contesti politici e sociali di un’America sempre reticente a mostrare il suo volto più brutale), Banks apre la cronaca di Fife a una marcata dimensione metanarrativa, che acquista rilevanza man mano che i segreti nascosti nel passato del regista vengono rivelati all’occhio della telecamera. Attraverso Fife e i suoi accoliti l’autore interroga il rapporto, ben più farraginoso di quanto lascino intuire le apparenze, tra Storia e storie, tra la nuda concretezza dei fatti di cronaca e il modo in cui gli aneddoti esistenziali si trasformano diventando elementi di un racconto.

Adulatori devoti, sfruttatori
La troupe di adulatori che circonda Fife – sedicenti devoti intenti a tributare l’ultimo omaggio al maestro raccontandone la storia, che si rivelano piuttosto decisi a sfruttare fino in fondo il suo corpo martoriato per capitalizzarne la fama – viene ben presto spiazzata dal comportamento del regista morente. Forse in un ultimo atto di sprezzo nei confronti del potere, rappresentato in questo caso da un cinema di consumo perversamente capace di forzare i contorni di una storia umana complessa all’interno di uno storytelling standardizzato e facilmente commercializzabili, Fife distrugge, nel corso della sua intervista, i fatti della propria vita uno dopo l’altro. O meglio, utilizza la sua parabola esistenziale, fino a quel momento avvolta nell’ombra, per sferrare un attacco frontale alla propria figura pubblica, come ad abbattere il monumento ideale che si è eretto con la complicità degli ammiratori. Delle sue intenzioni, però, è lecito dubitare: è un irriducibile che in nome della verità decide di fare a pezzi il suo mito, quale ennesima narrazione istituzionale falsificante? O i suoi sono deliri di una psiche ormai irreparabilmente minata dalla malattia, incapace di distinguere fra realtà e sogno, aspirazioni e rimpianti? Cosa c’è di vero nei racconti di Fife? Cosa invece nel suo personaggio? Il romanzo sceglie di lasciare in sospeso le domande dalle quali prende avvio, e porta così all’emergenza la propria ambiguità di fondo andando a investire il rapporto tra autore e lettore.

Mentre ottiene di venire ripreso in un’oscurità pressoché totale, infatti, Fife si trasforma in una presenza disincarnata, una voce priva di corpo che, anche in virtù di alcuni sottili dettagli che Banks fa scivolare nella biografia del protagonista, riduce la distanza tra scrittore e narratore: dal punto di vista funzionale, i due diventano infatti pressoché indistinguibili. Consumandosi letteralmente nel suo racconto, finendo poi per perdersi nel dedalo sempre più fitto creato dall’intersecarsi di realtà e narrazione in una mise en abyme vertiginosa, Fife è Banks: l’autore che prende ispirazione dalla vita, trasponendola nell’opera finisce inevitabilmente per tradirne l’autenticità; ma al tempo stesso imbastisce un racconto in grado di aprire una prospettiva critica sulla realtà, influendo in maniera decisiva sulla sua percezione, e sul suo corso.