Cultura

L’infanzia che interroga il mondo degli adulti

L’infanzia che interroga il mondo degli adultiFoto Getty Images

FESTIVALETTERATURA DI MANTOVA «I bambini si rompono facilmente», di Silvia Vecchini per Bompiani. Giovedì 7 in dialogo con Nadia Terranova e venerdì 8 con Simonetta Bitasi

Pubblicato circa un anno faEdizione del 2 settembre 2023

Ogni giorno un bambino arriva a scuola dicendo di essere un animale differente: una volta «è un anfibio e cerca l’acqua aprendo i rubinetti», un’altra volta «mangia solo l’insalata perché è un erbivoro e non può essere altrimenti», un’altra volta ancora «vola attorno agli altri e dà beccate se lo fermi»… I bambini sono maestri nel mutare forma, è il loro modo di esplorare e, a volte, persino di sopravvivere, come nel caso del protagonista di questo racconto, Il bambino mutaforma, che incontriamo nell’ultimo libro di Silvia Vecchini, I bambini si rompono facilmente, appena uscito per Bompiani (pp. 80, euro 14): la maestra gli dice di smettere, «gli ripete che un bambino è un bambino e dunque basta». Ma che cosa è davvero un bambino?
Nei titoli dei venti racconti ci sono, per esempio, il bambino del bosco e la bambina sirena, il bambino centauro e il bambino lievitato, il bambino nella scatola di cartone e la bambina nella gabbia.

A PRIMA VISTA potrebbe sembrare un catalogo, ma Vecchini sa bene che l’infanzia non si riesce ad afferrare, e lungi dal volerla classificare la declina innanzitutto al plurale, lasciando che l’interrogativo rimanga piuttosto un’intenzione.
Ne I bambini sono maestri, prologo – e insieme dichiarazione di poetica – che apre il libro, l’autrice precisa di aver voluto scrivere di quei «bambini rotti» (conosciuti o incontrati) che hanno avuto la fortuna di rialzarsi, come il bambino precipitato dalla finestra nell’indimenticabile scena degli Anni in tasca di Truffaut, citato in esergo. Per scrivere questi «piccoli ritratti dal vero» si è messa in ascolto, – è questo forse che intendeva, durante una puntata di Fahrenheit, per «scrittura sotto dettatura» – e se la scelta della forma breve è «un’antenna capace di intercettare una frequenza che spesso non sentiamo», la presenza dei versi, alla fine di ogni racconto, è il modo a lei più connaturato di portare la testimonianza, come ha osservato durante l’intervista per la trasmissione di RadioTre: «La poesia è la prima forma che ho conosciuto, la forma con cui trattengo l’impronta di una storia ancora prima di saperla raccontare».

Con la delicatezza e la precisione che contraddistinguono la sua poesia e anche la sua prosa, Vecchini riesce ad avvicinarsi, senza violarlo, al segreto doloroso dei bambini, a «dire dove non si può dire», come ha scritto Chandra Candiani (Il silenzio è cosa viva), il cui pensiero è per l’autrice un importante riferimento.

ALLO STESSO MODO i disegni a china di Sualzo, che accompagnano e integrano il testo, dicono dei bambini senza mai raffigurarli, si soffermano su piccoli ma fondamentali dettagli: un succo di frutta con la sua cannuccia, la bacchetta di una fatina sulla lavatrice, un chicco di melograno, un coniglio che scappa per mettersi in posa sulla copertina. I bambini si rompono facilmente è un libro sui bambini ma questa volta non per bambini, in cui, sebbene i temi e lo stile di Vecchini siano riconoscibili, si sente la ricerca, ancora in itinere, di una voce e un tono rivolti agli adulti, (agli adulti tutti, non solo genitori ed educatori), la cui inadeguatezza, mentre leggiamo, è sempre più lampante e dolorosa, e ci mette in guardia dalla nostra incapacità di vedere l’infanzia, dalla «cieca distrazione» che ci impedisce di custodirla, tanto che i bambini «si rialzano ma solo per non darti pensiero».
Ritornano alla mente, quasi come un monito, alcuni versi di Vecchini, contenuti in una poesia del Piccolo Canzoniere (Edizioni Sartoria Utopia): «promettere non è amare», «proteggere non è salvare», «aprire gli occhi non è capire», «scrivere non è mai dire».

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