Cultura

Jean-Baptiste Andrea, elogio dell’arte della libertà

Jean-Baptiste Andrea, elogio dell’arte della libertàLe «Mani» scolpite da Auguste Rodin in mostra a Parigi Getty Images

Festivaletteratura 2024 Lo scrittore francese è tra gli ospiti del Festivaletteratura. Parla l’autore di «Vegliare su di lei» (La nave di Teseo) vincitore del Prix Goncourt, che sarà sabato a Mantova. «Al di là del loro talento, i protagonisti del libro, Viola e Mimo, rifiutano confini e convenzioni. Fanno a pezzi le regole. E come si può vivere veramente senza farlo?». «Sullo sfondo c’è il fascismo nascente. E ciò che colpisce nell’ascesa dei totalitarismi è la mancanza di coraggio di chi si potrebbe opporre. Qualcosa che vediamo all’opera ancora oggi»

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 4 settembre 2024

Una storia d’amore nel segno della libertà e della ricerca della consapevolezza. Un amore, però, che significa prima di tutto scoperta, indagine dentro di sé, voglia di esplorare anche ciò che il corpo e la mente non riescono a spiegare, a rendere percettibile. È la libertà, perciò, l’unico orizzonte davvero desiderabile e l’arte, o se si vuole la magia, lo strumento per avervi accesso. Quella di Viola e Mimo, cui il mondo circostante dell’Italia di provincia dei primi decenni del Novecento vorrebbe negare ogni sogno, è una grande storia letteraria, innervata com’è via via da nuovi elementi – prima il viaggio di ritorno del ragazzo figlio di immigrati italiani in Francia, poi l’incontro con la giovane nobile cui casato e genere sembrano andare stretti. Mimo soffre per il proprio nanismo, ma questo non gli impedirà di diventare un grande scultore, realizzando forse nella sua opera più tragica e bella, una Pietà dedicata proprio a quell’incontro che gli ha cambiato la vita, il desiderio di valicare i propri limiti che proprio Viola aveva incarnato nella sua breve esistenza. Sullo sfondo, la Prima guerra mondiale, l’Italia dell’ascesa e del consolidarsi del fascismo, le tante vite degli ultimi descritte con gioviale empatia.

Con Vegliare su di lei, che in Francia ha conquistato il Prix Goncourt nel 2023 e che La nave di Teso propone ora (traduzione di Simona Mambrini, pp. 468, euro 20), alla vigilia della sua partecipazione alla 28a edizione del Festivaletteratura di Mantova, Jean-Baptiste Andrea ha plasmato una storia indimenticabile, allo stesso tempo emozionante e ironica, esaltando, in un intreccio tra le traversie personali dei personaggi e quelle della Storia, l’istinto e la propensione alla fantasia e alla meraviglia di chi legge come di quanti stanno narrando la propria storia. Lo scrittore francese sarà a Mantova sabato 7 (ore 19, Aula Magna dell’Università), all’Institut français di Firenze lunedì 9 (ore 18.30, Palazzo Lenzi), all’Institut français di Milano martedì 10 (ore 18, Corso Magenta 63).

Un ritratto di Jean-Baptiste Andrea firmato da Céline Nieszawer

Fin dalle prime pagine del romanzo si capisce che la Pietà scolpita da Mimo rappresenta qualcosa di più di una statua ed è intorno ad essa che sembra prender corpo la storia: cosa rappresenta per lei e quale è stato l’elemento da cui è partito nel pensare al libro?
In effetti, questa statua e il suo mistero sono l’idea originale da cui ha preso forma il romanzo. Così ho scritto tutta la storia per arrivare al penultimo capitolo, all’ultima riga (dove il mistero che aleggia intorno all’opera è in parte svelato, nda) che avevo già in mente. Questa statua rappresenta il genio dell’essere umano, una forma di trascendenza, bellezza e dolore, in breve, una vita umana.

Al centro della storia, le figure di Viola e Mimo appaiono non solo legate, ma in qualche modo segnate da un comune destino: quello dei limiti posti al loro agire con cui si devono misurare. Lei con quelli che società e cultura ponevano ad una donna dell’epoca, lui con la propria condizione sociale e il suo stesso corpo. Ai vostri occhi, cosa li rende simili?
Entrambi vengono in qualche modo «bloccati», perché la visione propria alla società che li circonda li confina in un ruolo che non desiderano per sé. Lui è troppo piccolo, lei è troppo… donna. Ma ciò che hanno veramente in comune è la capacità di ignorare i limiti che si vorrebbe imporre loro. Al di là del loro talento, entrambi finiscono per rifiutare confini e convenzioni. Fanno a pezzi le regole. E questo è un tema da sempre importante nella mia vita: come vivere veramente senza infrangere la norma?

Con «Vegliare su di lei» si è cimentato con quello che appare come un vasto affresco storico e umano, ma anche come un grande romanzo popolare pieno di personaggi, storie, emozioni. Di quelli che forse non si è più abituati a leggere. Perché questa scelta?
Non è si è trattato davvero di una «scelta». È semplicemente una storia che pensavo fosse importante raccontare, e quando racconto una storia, viene fuori così. Non ho alcuna ossessione per la forma, nessuna voglia di brillare, di valorizzarmi, di apparire più intelligente di quanto sono. Al contrario, voglio scomparire dietro la mia storia. Voglio essere dimenticato (infatti attribuisco queste stesse parole a Mimo in un paragrafo del libro). E quando riunisci le persone accanto al fuoco per raccontare loro delle storie, non credo che ci siano mille modi per farlo. Non so come dirlo in un altro modo.

La vita di Mimo si intreccia con la traiettoria del nascente fascismo, già prima della Marcia su Roma. A proposito di quell’evento lei scrive che «i vari tiranni da strapazzo si resero conto di aver avuto sempre ragione»: più che il potere e la forza di Mussolini, che irride, lei mette l’accento sull’ignavia delle istituzioni dell’epoca che non si opposero. Perché ambientare in quell’epoca la storia di Viola e Mimo, e in cosa l’ascesa di quella dittatura parla al nostro presente?
In effetti, ciò che colpisce nell’ascesa del totalitarismo è l’inerzia del pubblico, la mancanza di coraggio, la pigrizia. La Marcia su Roma avrebbe potuto essere facilmente fermata. Non so se ciò avrebbe cambiato radicalmente le cose, ma forse sì. E questo fenomeno è senza tempo, lo vediamo all’opera anche oggi. Sul fondo, l’epoca aveva quindi questo romanticismo d’altri tempi, e allo stesso tempo era paradossalmente molto attuale, il che è l’ideale per un romanzo: parlo di ieri ma parlo anche di oggi. Sto parlando di altre persone, ma sto parlando anche di noi. Questa grande tirannia politica, del resto, è uno specchio naturale della tirannia quotidiana, quella intima, contro cui lottano Mimo e Viola.

All’inizio del libro fa riferimento al massacro di Aigues-Mortes del 1893, quando diversi immigrati italiani furono uccisi durante una rivolta razzista. Una citazione importante alla luce del razzismo presente ancora oggi nella società francese, ma con nuovi bersagli. Anche questa non sembra essere stata una scelta casuale, non è così?
Infatti. Non c’è niente che capisco meno dell’intolleranza, qualunque sia la sua forma. Non capisco il razzismo, l’antisemitismo, l’odio dei ricchi, l’odio dei poveri e via dicendo. Odio ciò che ci divide. Ricordando quel massacro, volevo sottolineare l’ironia del fatto che anche il razzismo fluttua con la «moda»: un tempo il razzismo era anti-italiano, e credo che molti francesi lo imparino leggendo questo libro. Sono stupiti, perché oggi nessuno in Francia si sognerebbe di essere razzista nei confronti di un italiano perché amiamo così tanto il vostro Paese. La «moda» è cambiata. Ciò mostra chiaramente l’assurdità e la vacuità di questi atteggiamenti.

Il romanzo di nutre dei riferimenti alla Storia e ai personaggi storici come del realismo magico che sembra impregnare le radici più profonde della vicenda che narra. Come si intrecciano questi due elementi nel suo lavoro di scrittore?
Grazie. Mi piace questo termine, realismo magico, che spesso viene applicato alla letteratura sudamericana ma descrive altrettanto bene la letteratura italiana che mi circonda fin dall’adolescenza. Per me queste parole riassumono il lavoro di uno scrittore: rendere visibile l’invisibile. Condividere attraverso le parole ciò che vede e che non tutti vedono. Da molti punti di vista, un narratore è un mago: perché esercita l’illusione, ma anche perché parla di ciò che è nascosto. Ma affinché il messaggio sia efficace, è importante rimanere realistici. Abbiamo quindi due nozioni apparentemente contraddittorie, ma che non lo sono affatto. Il semplice fatto di esistere su questo pianeta oggi, qualche miliardo di anni dopo il Big Bang, è del resto davvero magico.

Non solo per la storia che ha scelto di raccontare, ma per l’atmosfera che attraversa le pagine del romanzo, si ha l’impressione che l’arte rappresenti per lei una via fondamentale verso la libertà…
Quanti genitori dicono ai loro figli, se questi gli comunicano che vogliono studiare o fare arte, «Sono così felice per te!». La risposta è piuttosto «Sei pazzo, studia seriamente e divertiti se vuoi». Dedicarsi all’arte significa scegliere di uscire da tutti i sentieri segnati. Volevo diventare uno scrittore da quando avevo 9 anni e ho lottato per questo. Ed è del resto questo, fondamentalmente, il tema al centro di tutti i miei libri: conquistare la propria libertà.

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