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L’India è sulla Luna, e gli è costato pochissimo

L’India è sulla Luna, e gli è costato pochissimoLa diretta streaming dell’allunaggio indiano visto da Bengalore – Ap/Aijaz Rahi

Galassia globale Il lander Vikram atterra al polo sud, potenzialmente ricco d’acqua, grazie a una filiera di piccole start up e lavoratori a basso costo. Maratone induiste di preghiera per il lancio. 70 anni fa il primo missile trainato dai bufali

Pubblicato circa un anno faEdizione del 24 agosto 2023

Quando il lander Vikram della sonda lunare indiana Chandrayaan-3 tocca la superficie della Luna, a Bangalore sono le 18.04 e le decine di scienziate e scienziati nella sala di controllo dell’Indian Space Research Organization (Isro) esplodono in un boato. Applausi, fischi, abbracci, è tutto trasmesso in diretta streaming sui canali social dell’Isro, l’agenzia spaziale indiana che ieri ha portato l’India sulla Luna.

È un momento storico. L’India è la quarta potenza mondiale a completare con successo un allunaggio, assieme a Stati uniti, Russia e Cina. Ed è la prima in assoluto ad allunare vicino al polo sud lunare. Qualche giorno fa ci aveva provato anche Mosca con la missione Luna-25 dell’agenzia spaziale Roscomos, ma aveva fallito.

FINO A IERI, gli allunaggi erano riusciti solo nella parte della Luna più vicina all’equatore. Ma è vicino ai poli che, secondo i dati raccolti finora, si troverebbero riserve di acqua molto interessanti per la ricerca e potenzialmente pronte a essere sfruttate dai prossimi astronauti e astronaute in missione sulla Luna.

Obiettivi che l’India ha già nel mirino e che Sreedhara Somanath, direttore di Isro, ha ricordato dopo essersi congratulato con colleghi e colleghe dell’agenzia spaziale. Come a dire: l’India sulla Luna è solo l’inizio. La storia delle esplorazioni spaziali indiane comincia il primo novembre 1963, quando la neonata Isro lancia con successo un missile Nike Apache statunitense dalla rampa della spiaggia di Thumba, nello stato meridionale del Kerala. Il missile pesava poco più di 700 chili e i tecnici dell’Isro l’avevano portato al sito del lancio su un carro trainato da bufali.

Le componenti più leggere, invece, in bicicletta, legate al portapacchi. Settant’anni dopo, l’agenzia spaziale indiana è universalmente riconosciuta come partner o avversario – a seconda dei punti di vista – rispettabile e spesso addirittura invidiabile, capace di portare a termine missioni come la Chandrayaan-3 spendendo una frazione del budget allocato dai competitor internazionali.

La missione Maven della Nasa che nel 2013 ha lanciato una sonda diretta su Marte è costata poco meno di 600 milioni di dollari. Secondo le stime diffuse da Isro, l’intera missione Chandrayaan-3 è costata 74 milioni di dollari, non solo poco più di un decimo di Maven, ma molto meno dei blockbuster spaziali di Hollywood Interstellar, Gravity e The Martian, tutti realizzati con budget superiori ai 100 milioni.

OLTRE AI SALARI contenuti di scienziate e scienziati impiegati da Isro – pagati anche un decimo dei corrispettivi statunitensi o europei – l’agenzia spaziale indiana si appoggia quasi totalmente su una filiera dell’ingegneria spaziale made in India. Centinaia di piccole aziende e startup che soprattutto intorno alla megalopoli Bangalore producono tutto ciò che serve alle ambizioni spaziali indiane: letteralmente, dai bulloni ai sistemi di propulsione.

Il successo di Chandrayaan-3 è arrivato quattro anni dopo il parziale fallimento della missione Chandrayaan-2, che nel 2019 non riuscì a completare l’allunaggio del lander. All’epoca, il primo ministro indiano Narendra Modi era seduto tra i vertici dell’Isro nella sala di controllo e le immagini del premier che abbracciava il direttore dell’agenzia scoppiato in lacrime fecero il giro del mondo.

Stavolta Modi non era in India ma in Sudafrica, a Johannesburg, dove sta partecipando al vertice dei Brics. A pochi minuti dall’allunaggio si è collegato in diretta per – parafrasando la speaker dell’Isro – «incoraggiarci in questi momenti delicati della missione».

A cose fatte, le telecamere hanno stretto sul primo piano del premier, mentre sorridente sventolava un piccolo tricolore dell’India. Poi, in diretta, ha detto che questa è «l’alba di una nuova India. Un momento senza precedenti per 1,4 miliardi di indiani». Ma anche che il successo della missione è un successo per tutta l’umanità e che «riflette il motto che l’India ha scelto per la presidenza del G20: one Earth, one family, one future». Il prossimo meeting dei G20 si terrà in India il 9 e il 10 settembre.

INTERESSANTE il contrasto tra la retorica ecumenica di Modi e la coreografia ultranazionalista sapientemente preparata dal governo e trasmessa a ciclo continuo su tutti i canali all news nazionali: studenti e studentesse in divisa davanti ai megaschermi, bandiere indiane sferzate dal vento, fedeli e santoni impegnati in maratone di preghiera in templi induisti sparsi in tutto il subcontinente e oltre.

A un certo punto, sul canale Ndtv, è comparso anche un live streaming di mantra induisti da un tempio del New Jersey, negli Stati uniti, mentre online i dignitari del Bharatiya Janata Party, il partito nazionalista induista al governo, ribadivano che l’allunaggio del 23 agosto è «l’ennesimo successo dell’India sotto la leadership di Modi».

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