L’India devastata da 25 anni di Ogm
Bt cotton in Andhra Pradesh Un documentario sulla storia del cotone Bt di Monsanto che ha seminato miseria, distruzione e morte tra i contadini indiani truffati dal biotech
Bt cotton in Andhra Pradesh Un documentario sulla storia del cotone Bt di Monsanto che ha seminato miseria, distruzione e morte tra i contadini indiani truffati dal biotech
Mentre in Europa si fa strada la proposta di permettere l’utilizzo in campo agricolo delle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), spinte dalle aziende biotech come colture Geneticamente Modificate meno invasive, un trentennio di sperimentazione sul campo nei paesi in cui gli Ogm sono stati impiegati in maniera estesa mostrano risultati tutt’altro che incoraggianti. Il sogno delle compagnie biotech di superare le barriere naturali ha dovuto fare i conti con dati che testimoniano come i principali obiettivi che promettevano, combattere la malnutrizione, diminuire l’uso di pesticidi e aumentare la produzione, siano stati mancati.
EMBLEMATICA E’ LA STORIA DEL COTONE Bacillus thuringiensis, meglio noto come Bt Cotton, coltivato in India dall’inizio degli anni 2000 e unica coltura GM adottata su larga scala dalla piccola agricoltura familiare.
A RACCONTARNE GLI INIZI NEL DETTAGLIO è il documentario Bt cotton in Andhra Pradesh, una frode lunga tre anni, realizzato dal gruppo Community Media Trust della Ong indiana Deccan Developmente Society (DDS). Il film descrive quella che non esita a definire la «scia di miseria, distruzione e morte» lasciata dall’introduzione nel 2002 nel distretto di Warangal del cotone Ogm Bollgard di Monsanto in fusione con l’indiana Maharashtra Hybrid Seeds Co (Mahyco).
CON LA PREMESSA CHE LE NUOVE PIANTE piante avrebbero resistito all’invasione del verme del cotone Helicoverpa armigera, le cui larve stavano provocando danni ingenti alle coltivazioni e una campagna mediatica che l’India rurale non aveva mai visto, Monsanto Mahyco Biotech (MMBT) è arrivata su un territorio che aveva già contato centinaia di contadini messi in ginocchio dalle perdite subite e ha trovato così terreno fertile perché la sua proposta venisse accolta in massa in un’area in cui si coltiva il 18% dell’intera produzione nazionale.
«GLI ABBIAMO CREDUTO, cosa altro potevamo fare?», dice una contadina nel documentario girato dalle videomaker DDS tra i produttori, con i quali analizzano i diversi stadi della sperimentazione attraverso uno sguardo dal di dentro, essendo loro stesse piccole contadine. Le numerose voci raccontano di come il bruco sia tornato obbligandoli ad usare enormi quantità di pesticidi, ritrovandosi a «piantare i semi della propria morte» giacché, non potendo pagare i debiti del raccolto andato male, in migliaia hanno bevuto fertilizzante per uccidersi.
IL RACCONTO E’ SUPPORTATO DALLA RICERCA di DDS e AP Coalition in Defence of Diversity (APCDD), che sottolinea come già tre anni dopo la sua introduzione il Bt sia stato superato in termini di rendimento dalle piante tradizionali, con una media di quasi l’8% e una spesa inferiore del 12%. Mentre la riduzione dei pesticidi promessa non si è realizzata, si sono verificate perdite disastrose per gli agricoltori, con una media triennale del 60% rispetto agli agricoltori non Bt. Tutto questo unito all’aumento dei costi di coltivazione e alla diffusione di malattie delle piante che avevano infettato e impoverito il terreno. «Al posto del profitto, il cotone Bt, in particolare la varietà Mahyco-Monsanto, ha portato indicibili sofferenze agli agricoltori», conclude il rapporto, e racconta come nel 2005 il malessere sia sfociato in violente proteste di strada e nell’incendio dei punti vendita di sementi MMBT nella città di Warangal, costringendo la multinazionale a ritirare Bollgard I dal commercio.
A SOTTOLINEARE COME MONSANTO abbia introdotto le colture geneticamente modificate senza comprenderne gli effetti negativi sull’ecosistema è anche Navdanya International, nel suo report Il fallimento del cotone Ogm Bt e il continuo successo del cotone indigeno nativo in India, stilato nel 2022 con la Fondazione di ricerca per la scienza, la tecnologia e l’ecologia (RFSTE) e basato su 35 anni di studio nella cosiddetta «cintura del suicidio» di Vidarbha, in Maharashtra. Qui nel solo 2021 sono stati 1.056 gli agricoltori schiacciati dai debiti che si sono tolti la vita (400 mila i suicidi ad oggi registrati in tutta l’India) e per i quali nessuno si è assunto responsabilità.
IL PAPER RIVELA COME GIA’ DAL 1998 la MMBT aveva avviato le prime sperimentazioni in campo aperto di cotone Bt in 40 località del paese senza il consenso del GEAC, il Comitato di approvazione dell’ingegneria genetica, secondo una pratica illegale che ha portato in pochi anni Monsanto, Syngenta, Aventis e DuPont a controllare le colture Gm del paese. Secondo l’Annuale di Biotecnologia Agricola 2023 del governo indiano e il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, in India, che vanta la più vasta area coltivata a cotone (il 38% della superficie globale che produce il 24% della produzione mondiale), su 12,4 milioni di ettari il cotone Bt rappresenta il 95% delle coltivazioni.
I COTONI NATIVI «GOSSYPIUM ARBOREUM» e «herbaceum», coltivati qui per più di cinquemila anni, sono scomparsi, insieme al «Gossypium hirsutum», portato dal Nuovo Mondo a fine settecento dagli imprenditori inglesi, che trasformarono il prodotto della natura in commodity, inaugurando il capitalismo globalizzato. Ad indicare come le compagnie Biotech abbiano invaso la produzione indiana senza tenere conto delle condizioni meteorologiche né dell’ambiente economico, politico e sociale del paese è il report Il cotone ibrido Bt sta fallendo in India: cautela per l’Africa, pubblicato ad agosto 2023 su Environmental Sciences Europe dai ricercatori Andrew Paul Gutierrez, Peter Kenmore e Luigi Ponti, che analizza i problemi sottostanti alla produzione di cotone Bt in India e mette in guardia su una sua replica in altri paesi.
SECONDO IL PAPER MOLTE DELLE ANALISI non hanno avuto uno sguardo olistico sul lungo periodo, poiché sono state condotte prima che si sviluppasse la resistenza alle tossine Bt nel verme rosa nativo, con conseguente aumento dell’uso di insetticidi e insorgenza di parassiti. E’ stata ignorata l’incertezza delle piogge monsoniche, come anche l’impatto dei prezzi elevati e quello dei brevetti, che impediscono agli agricoltori di ripiantare i semi, costringendoli ad acquistarli ogni anno.
IL RAPPORTO NON LASCIA DUBBI sul fatto che «la tecnologia del cotone ibrido Bt in India ha iniziato a sgretolarsi», eppure le multinazionali non smettono di proporre nuove colture. A marzo di quest’anno, gli agricoltori del Karnataka Rajya Raitha Sangha, uno dei più grandi sindacati contadini dell’India meridionale, hanno protestato contro la decisione del Comitato del coordinamento biotecnologico statale di concedere un certificato di non obiezione alle sperimentazioni in campo aperto di cotone e mais gm. Nel comunicato, riportato anche dall’organizzazione contadina internazionale Via Campesina, il sindacato ha indicato il cotone Bt come promemoria di come i piccoli agricoltori siano diventati dipendenti dalle grandi compagnie sementiere: grazie alle proteste è riuscito per ora a bloccare le nuove sperimentazioni, ma la battaglia è aperta.
COME HA RICORDATO NAVDANYA International, l’esproprio di biodiversità e delle pratiche agricole indigene dell’India, sviluppate nel corso di migliaia di anni, è iniziato con la Rivoluzione Verde e continua oggi con le colture geneticamente modificate.
«È CHIARO DA QUESTI AMARI SCENARI passati e presenti, che le colture geneticamente modificate, proposte come soluzione ai problemi degli agricoltori, sono state un furto sociale, economico ed ecologico. La tecnologia gm è per assicurare profitti alle aziende e non per avvantaggiare i contadini», scrive l’associazione, richiamando l’importanza di rispettare il principio di precauzione. Lo stesso a cui fa appello in Europa una parte del mondo scientifico e numerose organizzazioni, che non vedono nelle Tea sostanziali differenze con gli Ogm, ma un altro tentativo delle grandi compagnie di rilasciare colture GM prima di comprenderne l’impatto ambientale, sanitario e sociale.
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