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«Linda e il pollo», una ricetta animata contro l’ingiustizia

«Linda e il pollo», una ricetta animata contro l’ingiustiziaUna scena da «Linda e il pollo»

Cannes 76 Intervista con i registi Chiara Malta e Sébastien Laudenbach, autori del film presentato a Cannes nella sezione Acid. Una tragicomica ricerca in una giornata di sciopero generale per riparare a un litigio tra madre e figlia

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 maggio 2023
Chiara Malta

Cosa può nascere da un dispiacere? Linda e il pollo è un’avventura innescata da una riparazione: la giovane protagonista è stata ingiustamente sgridata, la mamma vuole farsi perdonare e prepararle il desideratissimo pollo con i peperoni. Che però sembra introvabile in una giornata in cui tutto è chiuso per lo sciopero generale. Chiara Malta e Sébastien Laudenbach – regista romana di base a Parigi la prima, filmmaker d’animazione francese il secondo – hanno presentato a Cannes, nella sezione Acid, un leggero film molto serio, visivamente originale nelle soluzioni, dove temi importanti come l’ingiustizia, la rivolta,  l’imperfezione, si intrecciano alla tragicomica ricerca del pollo riparatore. Verrà presto distribuito anche nelle sale italiane.

Come avete lavorato insieme?

Chiara Malta: Avevamo questo desiderio, fare un film per bambini che parlasse anche agli adulti. Spesso viene operata una separazione tra i film «veri», per i grandi, e quelli per i piccoli. Volevamo invece fare un lavoro per entrambi mettendo in campo tutto quello che abbiamo da dire come registi, senza abbassare il livello. Ci interessava l’incontro tra la pagina scritta e la realtà, avremmo voluto un set con gli attori, di fatto abbiamo registrato tutta la parte sonora prima proprio per generare movimento e vitalità.

Rivolgersi sia agli adulti che ai bambini vi ha creato delle difficoltà?

Sébastien Laudenbach: No perché in realtà volevamo parlare innanzitutto a noi stessi, a noi adulti così come a noi bambini. L’infanzia non è un paese delle meraviglie, né un momento particolarmente felice o tenero, e il tema dell’ingiustizia ci sembrava molto legato a quell’età.

C.M. Non mi piace quando si parla ai bambini con vocine buffe, semplificando il linguaggio. Il modo migliore per catturare la loro attenzione, ma vale lo stesso per gli adulti, è con il sorriso, soprattutto nella tragedia.

Come intendete voi l’animazione?

C.M. La possibilità che dà il disegno di fare astrazione è molto forte. Io da regista che vengo dal cinema dal vero ne avevo bisogno. Per questo continuo a parlare di tecnica: ci sono film che sono fatti per essere disegnati, altri per essere realizzati in pellicola o in digitale. L’animazione è uno dei tanti strumenti del cinema. Qualunque regista può fare un film di animazione. Li hanno fatti in tanti ultimamente: Wes Anderson, Bonello, Celine Sciamma.

Sébastien Laudenbach

S.L. Non sono d’accordo, per me non è una tecnica ma un modo di pensare o vedere. Il problema è che spesso i lungometraggi di animazione sono un po’ morti, perché fingono di essere dei film dal vero ma disegnati. Invece per noi era fondamentale lavorare col disegno in maniera espressiva.

C.M. Esatto, anche perché se si usa l’animazione come «copia» della realtà sarà sempre inferiore al cinema dal vero: gli attori hanno lo sguardo, che chiaramente ai disegni manca.

Qual è il messaggio del film?

C.M. Volevamo ricordare ai bambini che il pollo non è un oggetto che si trova al supermercato ma che c’è tutto un iter, che chiaramente si può decidere di accettare o meno diventando vegetariani, però con consapevolezza. Volendo poi parlare di ingiustizia anche a «taglia adulta», quella più forte è sicuramente quella sociale e quindi lo sciopero è venuto naturalmente. Alla fine c’è la manifestazione dei bambini, in cui invece dei sanpietrini si tirano peperoni che vanno a fuoco, e il fumo richiama quello dei fumogeni…un modo fantasioso per spiegare lo stato di disordine temuto dalle forze dell’ordine, che a casa quando si è piccoli è la mamma mentre poi diventa la polizia. Ma non è detto che siano infallibili, e qui inizia la presa in giro, per raccontare però che la mancanza sta dappertutto, che non siamo tutti sempre performanti, e questa secondo me è una lezione importante.

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