Politica

L’imbarazzo della premier: «Numeri difficili da spiegare»

Matteo Piantedosi - foto LaPresseMatteo Piantedosi - foto LaPresse

Migranti Sugli sbarchi la premier prova a giustificarsi: «C’è un rallentamento dell’aumento»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 agosto 2023

«E’ difficile spiegare all’opinione pubblica quello a cui assiste e lo capisco bene». E’ passata poco più di mezzora dall’inizio del primo consiglio dei ministri dopo la pausa estiva e le parole di Giorgia Meloni tradiscono l’imbarazzo della premier. Mancano meno di due mesi al giorno in cui il governo compirà il suo primo anno di vita e uno dei temi maggiormente cavalcati dalle destre come l’immigrazione non solo non ha dato i risultati promessi agli elettori, quel «bloccheremo gli sbarchi» che ha contribuito non poco alla vittoria elettorale di Fratelli d’Italia, ma raccontano una verità totalmente diversa come sanno bene gli amministratori locali – leghisti e fratelli d’Italia compresi – che non sanno più come gestire uomini, donne e bambini che governo e prefetture continuano ad assegnarli. Basta guardare il cruscotto del Viminale per rendersene conto: da 1 gennaio al 28 agosto gli arrivi sono stati 113.483, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2022. Solo sabato scorso, 26 agosto, in 24 ore ne sono arrivati 3.042. Numeri ai quali vanno aggiunte le persone arrivate attraverso la rotta balcanica. «L’Italia sta subendo una pressione migratoria come non si vedeva da molti anni a questa parte anche a seguito degli avvenimenti recenti e meno recenti, come nel Sahel, con quantità di arrivi imponenti», dice ai suoi ministri la premier .

Cifre, quelle fornite dal Viminale, che nella loro freddezza matematica dovrebbero certificare il fallimento delle politiche adottate finora dal governo ma nelle quali Meloni trova invece una nota positiva: «I dati – spiega – dicono che c’è un forte aumento rispetto all’anno precedente, anche se, leggendo attentamente questi numeri, si assiste a un rallentamento dell’aumento dei flussi migratori».

Più che un gioco di parole è una capriola, «il rallentamento dell’aumento», e invece per la premier è la linea difensiva sulla quale schiera il governo. E a difenderla chiama, oltre al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano. Che infatti ribadisce: «I numeri vanno letti». «Sono oggettivamente preoccupanti – ammette – non si può però non vedere la dinamica degli arrivi stessi che ha conosciuto un picco nel mese di maggio e poi un abbassamento. In particolare la Tunisia a maggio, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ha registrato +1008%, oggi +386%, in Libia era +167%, ora +13%».

A rendere ancora più complicata una situazione di per sé già difficile, ci si mette anche Matteo Salvini. Per un paio di mesi il ministro delle Infrastrutture ha parlato d’altro: dal ponte sullo Stretto alla castrazione chimica per gli stupratori. Di tutto tranne che di migranti. Poi, un paio di giorni fa, la svolta dovuta probabilmente anche alle elezioni europee ormai sempre più vicine: «Ritengo che sia necessario un nuovo decreto sicurezza, perché l’Italia non può essere punto di arrivo dei migranti di mezzo mondo» ha detto Salvini proprio commentando gli sbarchi a Lampedusa.

Per questo ieri qualcuno si aspettava un nuovo provvedimento da parte del ministro dell’Interno. Che invece non c’è stato anche se i tecnici di Viminale e Giustizia avrebbero messo punto nuove norme non solo per rendere più veloci le espulsioni dei migrati irregolari, in particolare quelli ritenuti socialmente pericolosi, ma anche nuove procedure per accertare l’età dei minori non accompagnati. Insieme alla realizzazione di strutture nei punti di sbarco dove identificare velocemente i migranti, come previsto dal decreto Cutro. Tutto invece è stato rimandato. Uno slittamento dietro il quale potrebbe nascondersi un nuovo motivo di scontro tra Meloni e il leader leghista, con la prima che, al contrario di Salvini, sarebbe molto attenta a non irritare il Quirinale.

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